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<TEI>
<text>
<body><head>GRAMMATICA PERSIANA</head>


       <pb n="VI"/>
       <div><head>PREFAZIONE</head>
            
            <p>Dopo tante grammatiche e antologie della lingua
            persiana, molte delle quali buone sotto ogni rispetto e di grande utilità allo studioso, parrebbe
            superfluo ed inutile il comporre una grammatica di questa
            
            stessa lingua e il mettere insieme un’ antologia corre-
            dandola di un vocabolario, se chi ora manda fuori il pre-
            sente Manuale non avesse avuto nel comporlo un parti-
            colare e speciale scopo. Senza di che, anche per la
            estrema semplicità della grammatica persiana per cui
            ogni libro, più o meno, può servire allo studioso, egli
            non vi si sarebbe provato nemmeno per ombra.
            L’autore del presente libro è partito da un’ idea del
            Prof. Spiegel, per la quale, se egli non s’inganna, ha
            potuto dare al suo Manuale un aspetto e un indirizzo
            differente da quello dei libri fin qui pubblicati. Il dotto
            Professore di Erlangen, tanto benemerito degli studi
            iranici, nelle opere sue ha sempre avuto l'intento, come
            egli stesso dice (Arische Studten, p. 110), di dimostrare
            l'unità delle idee che ispirano e informano tutta quanta
            la Letteratura iranica in tutti i diversi tempi della lunga
            sua vita. Cosicchè per lui dall’ <title>Avesta</title> e dalle Iscrizioni
            
            
            <pb n="VII"/>
            
            degli Achemenidi in parte, alla letteratura pehlevica del
            tempo dei Sassanidi, dal tempo dei Sassanidi all’ epopea
            di Firdusi, da Firdusi alla posteriore letteratura dei Pârsi, è
            un solo cammino di idee, è una sola mitologia e una sola
            religione e una sola leggenda epica, che si vanno svolgendo
            e conservando con una tenacità e un vigore di vita non
            comuni.
            </p><p>
            Seguendo questa idea, si vede ben tosto sotto quale
            punto di vista debba riguardarsi l'epopea di Firdusi ri-
            spetto alla letteratura posteriore, tutta maomettana e infil-
            trata d’arabo, non tanto nella lingua quanto nelle idee
            religiose e morali. Finora il Libro dei Re di Firdusi si
            è voluto considerare come il principio della nuova lette-
            ratura persiana; per me invece esso è l'ultimo portato
            della vera letteratura iranica, chiude per sempre il ciclo
            meraviglioso delle leggende eroiche, per dar posto ad
            un’ altra letteratura ben diversa di idee e di intenti. Ora,
            quasi tutte le Grammatiche e le Antologie della lingua
            persiana che fino ad oggi si sono compilate, non tengono
            conto diquesta profonda differenza e mettono insieme il
            Libro dei Re con le poesie mistiche di Saadi e di Hâfiz, coi
            racconti di Gami e le favole di Husseyn Và'iz, con le
            storie di Mirkhondi e le poesie di Khàkàni, scrittori e
            poeti che hanno veramente il loro pregio, ma nulla però
            hanno a che fare col Libro dei Re, dal quale li separa imme-
            diatamente una rivoluzione religiosa e un mutamento pro-
            fondo di idee. Cosicchè coteste Antologie mi sembrano
            fatte al modo di quell’ Antologia di Scrittori Latini, nella
            quale l’autore avesse messi insieme alcuni brani di Lu-
            crezio, di Virgilio, di Livio e di Cicerone accanto ad
            altri presi dalle opere di Sant’ Agostino e di San Girolamo.</p>
            
            
            <pb n="IX"/>
            
            
            <p>Si badi bene che io non dico già questo per dir
            male di quelle Antologie, alcune delle quali sono utilissime,
            come quella del Dott. M. Schultze (Handbuch der Persischen Sprache, Elbing, 1863), di cui mi sono valso nel
            principio dei miei studi. Ma l’intendimento mio è solo
            quello di mostrare sotto quale aspetto, sopra le orme
            dello Spiegel, io consideri l'epopea di Firdusi, rispetto
            alla letteratura posteriore da una parte e all’ anteriore
            dall’ altra e con qual fine tutto speciale e particolare io
            abbia composto il presente libro. Io ho voluto comporre
            soltanto un Manuale Iranico, se così posso chiamarlo,
            nel più stretto senso, nel senso nel quale lo chiamerebbe
            anche il Professore Spiegel, riguardando il persiano
            moderno e l'epopea di Firdusi come il primo passo per
            conoscere l'antica letteratura iranica, come il punto di
            partenza per salire al pârsi e al pehlevi e per giungere
            finalmente all’ <title>Avesta</title>, come al punto più alto e più
            difficile da raggiungere, tenendo così la via la più natu-
            rale e la più utile negli studi, di salire dal facile al meno
            facile, dal più noto al meno noto. La letteratura per-
            siana posteriore (fatta eccezione degli scritti dei Pârsi) è
            maomettana, di molta importanza, nè io lo nego, ma di
            una importanza ben differente; essa potrà giovare a chi
            vuol conoscere la storia del Maomettanesimo e le vicende
            dei Principati maomettani in Persia, più che a chi voglia
            addentrarsi nei misteri dell’ antica religione iranica e
            intenderne il codice sacro e conoscere lo spirito vitale
            che l'anima e l'informa. Leggete le storie di Mirkhondi,
            e non troverete nulla, quasi nulla, che ricordi l'antica
            religione nazionale e quella meravigliosa leggenda epica
            nella quale sta scolpita l'immagine di quel gran popolo
            
            
            <pb n="X"/>
            
            
            operoso e guerriero; e la storia degli antichi re leggendari
            di Persia, pure di Mirkhondi, ha ben poco valore come
            fonte di notizie rispetto al Libro dei Re. Leggete le
            poesie di Hâfiz o di Saadi e vi troverete una esuberanza
            di idee maomettane, di ricordi di eroi dell’ Islamismo, in
            mezzo ai quali compaiono talvolta gli antichi re leggen-
            dari dell’ Iran, Gemshid o Minôcihr o qualche altro, come
            figure sbiadite e offuscate, che producono in chi legge
            quel disgusto speciale e indefinibile che si sente nel
            leggere uno scrittore moderno che, così per uso, invochi
            la Musa e parli delle Ninfe o dei Satiri, di Giove e di
            Giunone, quantunque egli non vi creda più e con lui non
            vi creda nessuno de’ suoi lettori.
            </p><p>
            Dietro questi principî adunque ho io composto il
            mio Manuale. Il quale differisce da tutti gli altri libri
            del genere per lo scopo e per i materiali adoperati; per
            lo scopo, perchè, e già l'ho detto, esso deve servire
            come punto di partenza per salire allo studio della lette-
            ratura pehlevica e dell’ <title>Avesta</title>, deve porgere, a guisa
            di una piccola enciclopedia persiana, tutte quelle fonda-
            mentali cognizioni di lingua, di religione, di mitologia, di
            costumi, di leggende di eroi, che poi lo studioso incon-
            trerà nuovamente, e sotto lo stesso aspetto, nel Bundehesh
            e nel Mînôkhired e nell’ <title>Avesta</title> in fine, e che vedrà
            ampiamente svolte nelle opere. dello Spiegel, del Win-
            dischmann, del Kossowicz, del Justi e dell’ Harlez. Diffe-
            risce poi per i materiali, perchè, senza disprezzare la
            letteratura posteriore, la lascia da parte siccome tale che
            non conduce al suo scopo. Se poi io sia riuscito nel mio
            intento, non lo so; giudicheranno i dotti, al giudizio dei
            quali con reverenza e trepidazione sottopongo il mio lavoro.
            
            
            <pb n="XI"/>
            
            
            Ed ora veniamo a parlarne più in particolare.</p>
            
            <p>La Grammatica contiene, se non m'inganno, quanto
            è necessario per dare una sufficiente cognizione del per-
            siano, molto semplice, come ognuno sa, e relativamente
            anche molto facile ad apprendere; e nella maggior parte
            ho seguito le altre Grammatiche. La differenza maggiore
            sta nella divisione dei verbi. Ho trattato prima il tema
            di presente, quindi il tema del passato, determinato da
            un <f2>t</f2> (<f2>d</f2>), e in questo ho fatto due classi di verbi, divi-
            dendoli in quelli che uniscono <emph>mediatamente</emph> il t (d) del
            passato al tema del presente (p. e. <f2>purs</f2>, e <f2>purs-î-d-am</f2>),
            e in quelli che lo uniscono <emph>immediatamente</emph> (p. e. <f2>afrûz</f2>,
            e <f2>afrûkh-t-am</f2>); e qui, per i vari mutamenti delle conso-
            nanti, venivano richiamate le regole fonetiche poste in
            principio della Grammatica. Per quanto io mi sappia,
            non conosco che altri abbia tentata una simile divisione,
            per la quale quei verbi che prima erano trattati come
            irregolari, trovano ora la loro spiegazione e la loro regola.
            I dotti giudicheranno se io abbia colto o no nel segno<ref n="1"/>.
            
            <note n="1">Per avere un’ idea del modo con cui si trattavano i verbi così detti
            irregolari, si vegga la Grammatica del WILKEN (Lipsiae, 1809), Egli dice che i
            più dei verbi difettivi (<lat>defectivi</lat>) che escono all’ inf. in <f>ûdan</f>, formano l’imperat.
            da un inf. in <f>âyîdan</f>; così <f2>farmûdan</f2> fa all’ imperat. <f2>farmây</f2>, ma questo non
            viene da <f2>farmûdan</f2>, bensì da un <f2>farmâyîdan</f2> (?!) che non esiste. Egli divide i
            verbi irregolari in 7. classi (pag. 72), secondo le terminazioni dell’ inf., in <f>ûdan</f>,
            <f2>ftan</f2>, <f2>khtan</f2>, <f2>shtan</f2>, <f2>stan</f2>, <f>îdan</f>, <f>âyîdan</f>, e non s’accorge intanto ch’ egli mette nella
            terminazione dell’ inf. una parte che appartiene alla radice. Infatti, secondo il W.,
            il v. <f2>tâftan</f2>, p. e., è della 2a cl. perchè in <f2>ftan</f2>, ma la f di <f2>ftan</f2> appartiene alla
            radice e non alla desinenza, cfr. pres. <f2>tâb-am</f2>, z. e skr. <skr>tap</skr>, lat. <lat>tep-eo</lat>. E basti
            questo saggio. Il Jones (ed. franc. di GARCIN DE TASSY, p. 66) dice che molti
            verbi persiani formano il loro imperat. da infiniti disusati (?!, è la stessa teoria
            del WILKEN), e che per trovar questi antichi infiniti (che non esistono!) non
            bisogna che aggiungere <f2>-îdan</f2> ai detti imperativi. Operazione inutile, perchè
            questi inf. in <f2>-îdan</f2>: non esistono, nè si trovano nel Vocabolario (cfr. il <f2>farmâyîdan</f2>,
            di cui sopra), — Il VULLERS ha rischiarato di assai nella sua Grammatica la
            
            classificazione dei verbi persiani, ma la sua divisione è differente da quella che
            tento in questo mio lavoro.</note></p>
            
            
            <pb n="XII"/>
            
            
            <p>L'Antologia è tutta presa da Firdusi. E qui si dirà
            che essa è troppo esclusiva; ma essa non poteva essere
            che tale in forza delle ragioni dette di sopra. Anche il
            VULLERs, pubblicando la sua Chrestomathia Schahnamiana
            (Bonnae, 1833), mostrava di intendere come il miglior
            libro per gli studi persiani fosse il Libro dei Rei ma dai
            soli quattro brani da lui scelti (l'ultimo poi non è di
            Firdusi) lo studioso non si può fare una idea abbastanza
            giusta di quell’ opera immortale e del suo contenuto.
            Proponendomi invece nella mia Antologia di far conoscere
            tutto l'insieme delle leggende eroiche, tutti i diversi
            momenti di quella gran lotta secolare tra Irani e Turani,
            immagine terrena della lotta tra Ormuzd e Ahrîmane, ho
            seguito passo passo il Libro dei Re, cominciando dai
            primi re e venendo giù fino alla morte di Rustem, col
            quale cessa ancora e tace il meraviglioso racconto della
            leggenda. I brani scelti sono una ventina; ma, oltre alla
            Introduzione generale, ognuno di essi ha una speciale
            introduzione nella quale si fanno conoscere i fatti ante-
            cedenti e si istituiscono raffronti con l’<title>Avesta</title> e coi libri
            tradizionali, laddove cade in acconcio. Cosicchè, quando
            lo studioso abbia percorsa l’Antologia, potrà avere una
            cognizione, se non perfetta, abbastanza giusta almeno,
            dell’ intero Libro dei Re, ciò che per me significa aver
            sufficiente cognizione di tutta quanta la leggenda eroica,
            la quale poi gli servirà di fondamento per intender più
            presto e meglio molte e molte cose, quand’ egli vorrà, dal
            moderno persiano, salire allo studio ditutta quanta la lettera-
            tura religiosa che riguarda l’<title>Avesta</title>, e all’ <title>Avesta</title> stesso.
            </p><p>
            Quanto al testo, ho seguito l'edizione di Calcutta e
            l'edizione che, con tanta utilità degli studiosi, pubblicava
            
            
            <pb n="XII"/>
               
            a Leida il Prof. VhLLERS; ma non senza riempire con la
            Calcuttense le troppo frequenti ommissioni ch’ egli ha
            fatte, siccome già ho avuto occasione di notar più volte
            nel Bollettino italiano degli Studi orientali di Firenze. Non
            si può negare che il dotto Professore abbia portati molti
            e notevoli miglioramenti all’ edizione di Calcutta; ma
            questa è però sempre di grandissimo pregio; mi sono valso
            quindi di tutt’ e due, preferendo la lezione or dell’ una
            or dell’ altra, e talvolta anche seguendo le edizioni di
            Parigi del Monr e quella di Teherân (a. 1247 dell’ Egira)
            citate dal VULLERS a piedi di pagina. Dico ques o non per
            darmi l’aria di aver messo insieme un nuovo testo critico,
            ma solo per render ragione dei punti in cui mi discosto
            da una delle edizioni, per seguir piuttosto questa o quel-
            l’altra. 
            </p><p>
            Ma per facilitare allo studioso la lettura e l’inter-
            pretazione dei canti di Firdusi, lo stile e il modo del
            quale sono molto difficili ed incerti per chi non vi ha
            molta pratica, ho creduto bene di porre dopo l'Antologia
            la traduzione letterale (e mi si faccia grazia del cattivo
            italiano) dei primi otto capi dell’ Antologia. Lo studioso
            così con la scorta di quella traduzione potrà addomesti-
            carsi col costrutto della nuova lingua ch’ egli imprende
            a studiare, e acquistar quella tal pratica che gli servirà
            poi per tradurre i restanti brani. In questa parte ho
            preso per modello i libri del Kossowicz, Decem Senda-
            vestae excerpta (Parisiis, 1865) e Sarathustricae Gâthae
            (Petropoli, 1867—1871), tanto utili a chi, come me, ha
            dovuto studiare lo zendo senza maestri.
            </p><p>
            Il Vocabolario, come già feci in un mio Saggio di
            una Antologia Persiana (Parma, 1877), è redatto in
            
            
            <pb n="XIV"/>
            
            maniera tutta nuova per il persiano; registra cioè i temi
            e le radici, come si fa nei vocabolari sanscriti e zendi,
            e non l'infinito; ciò che renderà più facile il rinvenire i
            vocaboli. Si noti però che io parlo delle radici quali ora
            sono nel persiano, perchè, p. e., nel persiano la radice o
            il tema del verbo <f2>nihâdan</f2> è <f2>nih</f2> (pres. <f2>nih-am</f2>, io pongo),
            mentre propriamente <f2>nihâdan</f2> si riferisce ad un zendo e
            sanscrito <odd>ni</odd> + <odd>dhâ</odd>, in cui la radice primitiva è <odd>dhâ</odd>. Chi
            vide e giudicò quel primo saggio, ne parlò con soddi-
            sfazione; speriamo che anche ora mi siano benigni i giu-
            dizî dei dotti — Il Vocabolario è anche comparativo; e
            ciò non solo in forza del principio posto più sopra, ma
            anche perchè lo studioso di cose iraniche, fin dal comin-
            ciar de’ suoi studi, si renda famigliari i vocaboli zendi,
            persiani antichi (delle Iscrizioni), pehlevici e pârsi, dei quali
            dovrà occuparsi poi. In questa parte mi sono valso dei lavori
            dello SPIEGEL, del JUSTI, dell’ HARLEZ, dell’ ASCOLI; e i
            ravvicinamenti da me riferiti sono sempre dei più sicuri,
            dei più accertati; qualche ravvicinamento col sanscrito
            specialmente, col greco e col latino è stato da me fatto,
            ma con parsimonia; per il gotico invece mi son contentato
            di ben pochi vocaboli, di quelli soltanto cioè che appar-
            tengono a tutta quanta la famiglia indo-europea, come
            fadar, batran, ecc. Molte notizie intorno ad eroi, a
            leggende, a miti si trovano nelle diverse introduzioni
            ai capi dell’ Antologia, ma il Vocabolario supplisce a
            quello che in esse manca; dove cioè cadeva in acconcio
            il dar qualche notizia, ciò è stato da me fatto con ogni
            cura, e si veggano per ciò, tra gli altri, gli articoli:
            <list>
            <item>سام</item>
            <item>ژندواست</item>
            <item>ديو</item>
            <item>دخمه</item>
            <item>پهلوی</item>
            <item>پری</item>
            <item></item>
            <item>آهرمن</item>
            <item>البرز</item>
            <item>هوم</item>
            </list>
            
            
            </p>
            
            <pb n="XV"/>
            
            
            <p>Oso pertanto nutrir speranza, con questo mio lavoro,
            di porgere allo studioso tutte quelle fondamentali cogni-
            zioni che gli possono essere necessarie per proseguire
            gli studi iranici, senza le quali molte cose riescono oscure
            bene spesso e talvolta inintelligibili. Se io sia riuscito
            nell’ intento, non so, lo ripeto; posso però assicurare di
            avervi spesa tutta la cura e posto tutto quanto l'impegno.
            </p><p>
            Qui poi debbo ringraziar pubblicamente il Prof. C.
            DE HARLEZ di Lovanio che tanto contribuì perchè questo
            mio Manuale potesse essere pubblicato. Il Prof. E. Teza
            pure abbia i miei ringraziamenti per i consigli datimi nei
            miei studi, mentre io era suo discepolo a Pisa, e li abbia
            il Prof. F. Lasino, a cui tanto debbo come discepolo per
            i miei studi di arabo e di siriaco, e al quale altresì
            con molta gratitudine e affetto questo libro è dedicato.</p>
            
            <p>Firenze, 1. Marzo 1882.</p>
            
            <p>I. PIZZI</p>
            </div>
            
            <pb n="XVI"/>
           <div> 
            
            <head>AVVERTENZA</head>
            
            <p>Questo libro comparve nel 1883 col titolo di <title>Manuale della Linguae Persiana, Grammatica, Antologia e Vocabolario</title>, intanto che sarebbe
            stato assai meglio col titolo più preciso, sotto il quale ora
            esce mercè le cure del solerte Editore Sig. WOLFGANG
            GERHARD di Lipsia, di: <title>Antologia Firdusiana con un
            Compendio della Grammatica persiana e un Vocabolario</title>.
            Esso infatti non comprende che passi scelti dal Libro dei
            Re di Firdusi, e la grammatica, molto ristretta, vi è come
            parte secondaria, sebbene necessaria per lo studioso. Il
            perchè della scelta e il fine del libro sono detti nella
            Prefazione che abbiam mantenuta qual'è.
            </p><p>
            
            Il Manuale, quando uscì, ebbe lodi benevole e indul-
            genti da persone dotte e competenti; ma, come queste
            persone notarono qualche difetto del Manuale con tutta
            gentilezza e cortesia, così l’autore suo non pretese mai
            che esso fosse uscito dalle sue mani come opera perfetta,
            e anche ora ne lamenta molti difetti ai quali egli rimedie-
            rebbe volentieri se tutto ciò che un autore vorrebbe fare,
            non fosse impedito in gran parte e quasi sempre dalla
            scarsezza dei mezzi e dalla mancanza di aiuto da parte
            
            
            <pb n="XVII"/>
            
            
            di tutti. A quegli errori tuttavia ai quali egli può rime-
            diare (scusabili, forse, in un lavoro giovanile; inescusabili
            tuttavia davanti alla scienza), egli ora mette riparo come
            può, ponendo le correzioni in alcuni fogli aggiunti in fine
            al volume. Chi gli fece conoscere gli errori, tra leggieri
            e gravi, nei quali egli era caduto, fu il Sig. C. J. SEYBOLD
            che in un lungo articolo, in data del Dicembre del 1883
            da Heilbronn, inserito nel Literatur-Blatt für. Orien-
            talische Philologie, Juli-August 1884, I. B. 10. u. 11. Heft,
            esaminò molto accuratamente e molto attentamente il
            Manuale, lodò quel poco che credette di poter lodare, e
            censurò tutto il resto. L'autore gli è grato di questa
            censura che egli riconosce esser giusta (eccetto là dove
            il SEYBOLD gli addebita anche gli errori di stampa), tanto
            grato, che, come può vedere il lettore, egli, nelle pagine
            aggiunte, ha corretto moltissime cose, accettando quasi
            tutti (tutti, in coscienza, non si poteva) gli appunti fatti-
            gli da lui.
            </p><p>
            Ma se lo ringrazia per la giusta censura, non lo rin-
            grazia per il modo aspro, burbero, con cui l’ha fatta.
            L'autore non ha incontrato in lui l'amorevole collega che
            fa avvertito il collega suo degli errori in cui è caduto;
            ma s'è imbattuto in un censore rigido e accigliato che
            sale in cattedra e, tenendo in pugno lo staffile e pestando
            de’ piedi, fa la lezione allo scolaretto ch’ egli vuole ingi-
            nocchiato innanzi a sè<ref n="1"/>. Di questo suo contegno l'autore
            non ringrazia di certo il Sig. SEYBOLD; ma lo prega di
            
            <note n="1">Ricordiamoci che Giacomo Meyerbeer diceva: ,,Das Hauptthema vieler
            Aritiker (in Deutschland) ist, diewirklichen oder vermeinten Schattenseiten recht lang
            und breit zu besprechen und den Autor wie einen Schulknaben heruntersumachen, der
            noch Viel, sehr Viel zu lernen habe (SCHUCHT, Meyerbeers Leben und Bildungsgang.
            Leipzig, 1869, S. 364).</note>
            
            
            <pb n="XIX"/>
            
            
            pensare e di vedere se acquista maggior simpatia presso
            il pubblico lo scolaretto inginocchiato o il censore che
            grida e mena la sferza. Tanto poi aveva voglia il
            Sig. SEYBOLD di menar la sferza nel momento ch’ egli
            scriveva quell’ articolo, che, dimenticatosi per un momento
            del Manuale e del suo autore, se la pigliava con gl’ Italiani
            in generale perchè, secondo lui, non sanno usar bene dei
            risultati della scienza tedesca. O studiosi d’Italia, udite
            cosa vi grida dalla sua cattedra di Heilbronn il mio e
            vostro censore? È ora di far senno! se no, ci toccano le
            sferzate!
            </p><p>
            Auguriamoci intanto che quest’ Anthologia Firdusiana
            possa trovar buona fortuna presso gli studiosi, secondando
            i voti del suo autore e dell’ Editore ancora, che non
            risparmia dispendio e cure per metterla fuori.</p>
            
            <p>Torino, Gennaio 1891.</p>
            
            <p>I. PIZZI.</p>
    </div>
<div><head>I. FONOLOGIA</head>
<pb n="3"/>


<div><head>I. ALFABETO.</head>

<p>1. Dei popoli Ariani o Indo-europei che un giorno,
secondo l'opinione dei più, abitarono uniti negli altipiani
dell’ Asia centrale e che poscia si distesero per sì ampio
tratto di paese, dall’ India all’ Islanda, gli Indiani e gli
Irani soltanto rimasero nell’ Asia, gli altri invece passando
in Europa, ne occuparono tutta la parte meridionale col
nome di Greci, di Itali e di Celti, e con quello di
Slavi e di Germani o Teutoni tutta la parte più al
settentrione. Tra Irani e Indiani trovansi maggiori somi-
glianze che con altri popoli non solo nella lingua, ma
ancora in molte cose di religione e di costumi; e i primi
che abitarono quel vasto paese che dalle montagne che
rasentano l’Indo va fino al Golfo Persico, dall’Armenia
fino al Belucistân, conosciuti più comunemente sotto il
nome di Persiani, quando caddero sotto i loro colpi i
grandi imperi semitici di Ninive e di Babilonia, fondarono
una nuova monarchia che toccò il suo massimo splendore
con Ciro il grande e con Dario figlio di Istaspe, e declinò
poi con Serse e coi suoi successori. Questo gran popolo


<pb n="4"/>


persiano, ora invilito e snervato dalle dottrine di Maometto,
nei tempi di sua maggior potenza e floridezza, ebbe tre
grandi monumenti, le Iscrizioni cioè degli Achemenidi,
dette cuneiformi dalla foggia dei caratteri fatti a cuneo,
il libro sacro detto Zendavesta o meglio <title>Avesta</title>, che
contiene le sacre dottrine di Ormuzd rivelate a Zoroastro,
e il Shâhnameh o Libro dei Re di Firdusi. È ben vero
che la forma nella quale abbiamo ora tanto l’<title>Avesta</title>
quanto il Libro de Re, non è molto antica (Firdusi poi
visse nel decimo secolo dell’ Era volgare); ma la tradi-
zione religiosa conservata nel primo e la leggenda epica
del secondo sono molto più remote, risalgono ai tempi
anteriori alla storia, e contengono le prime idee di quel
popolo intorno alle cose morali e religiose, e le memorie
degli eroi e dei re della sua prima età semplice e quasi
fanciullesca.
</p>
<p>2. Dopo Firdusi, che visse e poetò dal 940 al 1020
dell'Era volgare, la letteratura persiana perde il suo
carattere nazionale. Firdusi stesso era Mussulmano; ma
come con lui si chiude il ciclo dei poeti epici in Persia,
così tutta la letteratura a lui posteriore abbandona i
grandi soggetti nazionali, riguardati con occhio sospettoso
dai fanatici Mussulmani tanto che lo stesso Firdusi corse
grave pericolo di essere condannato come seguace di
Zoroastro, e si volge ad imitare i poeti e i prosatori
degli Arabi, coi quali era altresì entrata nell’ Iràn la
religione di Maometto. Lo stesso Iskendernâmeh o Libro
di Alessandro Magno di Nizâmi è un infelice tentativo di
epopea, nel quale non trovi le antiche e genuine leggende
iraniche del Libro dei Re e dell’ <title>Avesta</title>, nè il vigore
delle poesia di Firdusi; e il poemetto di Gâmi, Yûsuf
u Zuleykhâ, è dovuto alle tradizioni arabe intorno a
Giuseppe figlio di Giacobbe e alla moglie di Putifarre,
quali si trovano riferite nel capo XII del Corano. Eppure
dal secolo XI al XV vissero e poetarono in Persia molti


<pb n="5"/>


e grandi ingegni, quali Nizâmi, Khâkâni, Hâfiz, Saadi,
Gâmi, e Mirkhondi scrisse le sue storie. Me il fare e
lo stile di questi scrittori è foggiato all’ araba in gran
parte, come pure la loro lingua va sempre più accogliendo
parole arabiche, non sempre per necessità di vocaboli,
ma per un vezzo mal inteso degli scrittori.
</p>
<p>3. Le lingue iraniche si solevano già dividere in
due rami, nel ramo cioè orientale e nell’ occidentale.
Al primo appartiene la lingua nella quale è stato scritto
l'<title>Avesta</title> e che chiamasi impropriamente <term>zend</term>, mentre
altri usa chiamarla antico battriano, ritenendola per la
lingua antica della Battriana; in Germania almeno si usa
designarla con quest’ ultimo nome (in ted. <deu>altbaktrisch</deu>).
L'Harlez, all’ uso orientale, la chiama ora avestica o
lingua dell’<title>Avesta</title>. La parte poetica e più antica dell’
Avesta è scritta in una lingua più aspra e ruvida che
lo Spiegel suppose essere la lingua delle valli della Sog-
diana, e conserva però grande somiglianza col zend delle
altre parti dell' <title>Avesta</title>. Il zend poi ha grande affinità
con la lingua sacra degli Indiani che è il sanscrito. Al
ramo occidentale delle lingue iraniche appartiene l'antico
persiano nel quale sono dettate le Iscrizioni degli Ache-
menidi sulla rupe di Behistân, alta mille e settecento
piedi inglesi, sulle rocce di Alvend, a Murghâb ed a
Persepoli. Appartiene pure a questo ramo la lingua in
cui sono scritti il <f>Bundehesh</f> o <f>Libro della Creazione</f> ed
altri libri religiosi unitamente alle versioni dell’ <title>Avesta</title>,
e che si chiama <term>pehlevi</term> o <term>huzvaresh</term>. Dell’ origine,
della patria e del tempo di questa lingua, singolarmente
piena di parole caldaiche e siriache, si sa molto poco e
se ne va ancora trattando e questionando dai cultori di
cose iraniche; ciò soltanto che par fuor di dubbio, si è
che essa fu usata al tempo dei Sassanidi che regnarono
in Persia dal 222 al 650 dell’ Era volgare. Il <term>pârsi</term> pure
appartiene a questo ramo, e in questa lingua è scritto


<pb n="6"/>

il <title>Mînôkhired</title> che tratta della eccellenza della religione
di Zoroastro. Il <term>pârsi</term> differisce di poco dalla lingua di
Firdusi, che è il persiano moderno detto comunemente
<term>derî</term> o <term>lingua dî corte</term> dai Persiani, e che differirebbe di
poco dalla lingua odierna di Persia se non conservasse
molte forme antiquate proprie del <term>pârsi</term> e del <term>pehlevi</term>;
oltre a ciò la lingua di Firdusi è pura, mentre il persiano
moderno è pieno di parole e di espressioni arabe. Di
questa lingua imprendiamo ora a studiar la grammatica.
Alle lingue iraniche appartengono, verso occidente, anche
l'antico ed il moderno armeno coi dialetti degli Osseti,
e, verso oriente, la lingua dell’ Afghânistân che ora però
si stima da molti che appartenga più alle lingue indiane
che alle iraniche.</p>


<p>4. Ora invece, come già fece il Prof. Fr. Spiegel nella
sua grande opera sulle Antichità Iraniche<ref n="1"/>, seguendo il
Westergaard, le lingue iraniche si dividono in ramo setten-
trionale, al quale appartiene il zend, col suo centro a
Ragha o Rai, sede del Zarathustrôtema o gran sacerdote
di Zoroastro, e in un ramo meridionale, col suo centro
a Persepoli, al quale appartiene il persiano antico che è
la lingua dei Re Achemenidi. Appartengono pure a questo
ramo il pehlevi, il pârsi ed il persiano moderno.
</p>

<p>5. La lingua persiana adopera una scrittura di origine
araba e ha trentadue consonanti; esse mutano di forma
secondochè si trovano isolate o in principio o in mezzo
o in fine di parola. Le parole si scrivono e si leggono
da destra a sinistra.

<note n="1"><title>Erânische Alterthumskunde</title>, Ill, p. 741 e segg.</note>


<pb n="7"/>


<list><head>CONSONANTI.</head>
<item><f>ا</f> <f>الف</f> <f2>alif</f2> spirito dolce greco (᾽)</item>
<item><f>ب</f><f>با</f> <f2>bâ</f2> <f2>b</f2></item>
<item><f>پ</f><f>پا</f> <f2>pâ</f2> <f2>p</f2></item>
<item><f>ت</f><f>تا</f> <f2>tâ</f2> <f2>t</f2></item>
<item><f>پ</f><f>پا</f> <f2>thâ</f2> <f2>th</f2> bleso, θ greco moderno</item>
<item><f>ج</f><f>جيم</f> <f2>ǵîm</f2> <f2>ǵ</f2> italiano in gelo, giro</item>
<item><f>چ</f><f>چيم</f> <f2>ćîm</f2> <f2>ć</f2></item>
<item><f>ح</f><f>حا</f> <f2>ḥâ</f2> <f2>ḥ</f2></item>
<item><f>خ</f><f>خا</f> <f2>khâ</f2> <f2>kh</f2></item>
<item><f>د</f><f>دال</f> <f2>dâl</f2> <f2>d</f2></item>
<item><f>ذ</f><f>ذال</f> <f2>dhâl</f2> <f2>dh</f2> bleso, δ greco moderno></item>
<item><f>ر</f><f>را</f> <f2>râ</f2> <f2>r</f2></item>
<item><f>ز</f><f>زا</f> <f2>zâ</f2> <f2>z</f2></item>
<item><f>ژ</f><f>ژا</f> <f2>zhâ</f2> <f2>j</f2> francese in <foreign xml:lang="fra">jouer</foreign></item>
<item><f>س</f><f>سين</f> <f2>sîn</f2> <f2>s</f2></item>
<item><f>ش</f><f>شين</f> <f2>shîn</f2> <f2>sch</f2> tedesco in <foreign xml:lang="deu">Schaf</foreign>, <foreign xml:lang="deu">ch</foreign></item>
<item><f>ص</f><f>صاد</f> <f2>çâd</f2> <f2>ç</f2></item>
<item><f>ض</f><f>ضاد</f> <f2>ḍhâd</f2> <f2>ḍh, z.</f2></item>
<item><f>ط</f><f>طا</f> <f2>ṭâ</f2> <f2>ṭ</f2> forte</item>
<item><f>ظ</f><f>ظا</f> <f2>żâ</f2> <f2>z</f2></item>
<item><f>ع</f><f>عين</f> <f2>'ayn</f2> spirito gutturale</item>
<item><f>غ</f><f>غين</f> <f2>ghayn</f2> <f2>gh</f2> duro</item>
<item><f>ف</f><f>فا</f> <f2>fâ</f2> <f2>f</f2></item>
<item><f>ق</f><f>قاف</f> <f2>ḳâf</f2> <f2>k</f2> duro, <f2>q</f2></item>
<item><f>ک</f><f>کاف</f> <f2>kâf</f2> <f2>k</f2></item>
<item><f>گ</f><f>گاف</f> <f2>gâf</f2> <f2>g</f2> tedesco in , <foreign xml:lang="deu">gib</foreign></item>
<item><f>ل</f><f>لام</f> <f2>lâm</f2> <f2>l</f2></item>
<item><f>م</f><f>ميم</f> <f2>mîm</f2> <f2>m</f2></item>
<item><f>ن</f><f>نون</f> <f2>nûn</f2> <f2>n</f2></item>
<item><f>و</f><f>واو</f> <f2>vâv</f2> <f2>v</f2></item>
<item><f>ه</f><f>ها</f> <f2>hâ</f2> <f2>h</f2></item>
<item><f>ی</f><f>يا</f> <f2>yâ</f2> <f2>y, j</f2> tedesco in <foreign xml:lang="deu">ja</foreign>.</item>

</list>

<pb n="8"/></p>


<p>6. La lettera <f>ل</f> <f2>l</f2> seguita da <f>ا</f> forma il nesso <f>لا</f>, <f2>lâ</f2>.</p>


<p>7. I segni dei numeri, che si leggono da sinistra a
destra, sono:
<list>
<item>1 <f2>۱</f2></item>
<item>2 <f2>۲</f2></item>
<item>3 <f2>۳</f2></item>
<item>4 <f2>۴</f2></item>
<item>5 <f2>۵</f2></item>
<item>6 <f2>۶</f2></item>
<item>7 <f2>۷</f2></item>
<item>8 <f2>۸</f2></item>
<item>9 <f2>۹</f2></item>
<item>0 <f2>۰</f2></item>
</list></p>


<p>8. Le vocali sono sei, tre brevi e tre lunghe, e si
determinano in iscritto per mezzo di lineette o virgole
poste sopra o sotto alle lettere. Le brevi sono le
seguenti:
<list>
<item><f2>a</f2>, <f>حهفت</f>, <f2>fatḥah</f2>, <f>بَ</f> <f2>ba</f2></item>
<item><f2>i</f2>, <f>کسره</f>, <f2>kasrah</f2>, <f>بِ</f> <f2>bi</f2></item>
<item><f2>u</f2>, <f>ضمّه</f>, <f2>ḍhammah</f2>, <f>بُ</f> <f2>bu</f2></item>

</list></p>


<p>9. La fatḥah si pronuncia ora a ora e. Noi la trascriveremo sempre per a per maggiore uniformità.</p>


<p>10. La lettera ا non ha alcun valore, ma prende il
suono della vocale che le si appone, come: 
<list>
<item> <f>آست</f> <f2>asp</f2></item>
<item><f>ارم</f> <f2>iram</f2></item>
<item><f>ُاشتر</f> <f2>ushtur</f2></item>

</list></p>


<p>11. Se poi alla fatḥah () si faccia seguire un ا, alla
kasrah una ی, alla ḍhammah una و, le vocali diventano
lunghe, come:


<pb n="9"/>
<list>
<item><f>آ</f> <f2>â</f2> <f>حهفت</f> <f2>fatḥah</f2>  <f>باَ</f> <f2>bâ</f2></item>
<item><f>یِ</f> <f2>î</f2> <f>کسره</f> <f2>kasrah</f2> <f>بیِ</f> <f2>bî</f2></item>
<item><f>وُ</f> <f2>û</f2> <f>ضمّه</f> <f2>ḍhammah</f2> <f>بوُ</f> <f2>bû</f2></item>
</list></p>


<p>12. Il più delle volte la kasrah lunga ha il valore
di <f2>î</f2> e la dhammah quello di <f2>û</f2>, come 
<f>گير</f>, <f2>gîr</f2>, 
<f>بوُدن</f>, <f2>bûdan</f2>; ma spesso anche la kasrah vale ê, e la dhammah
vale <f2>ô</f2>, come: 
<f>کيش</f>, <f2>kêsh</f2>, 
<f>گوُش</f>, <f2>gôsh</f2> 
(cfr. il skr. <skr>ghôsha</skr>,
z. <zen>gaosha</zen>; z. <zend>ṭkaêsha</zend>). Questa differenza sarà notata fra
parentesi, dietro ciascuna parola, nel vocabolario, mentre,
per maggiore uniformità, noi trascriveremo sempre ê e û
nell’ uno e nell’ altro caso.</p>


<p>13. Le lettere <f>ا</f>, 
<f>و</f>, 
<f>ی</f> delle vocali lunghe non hanno
alcun valore, e però non si pronunciano.</p>


<p>14. Si noti che il gruppo 
<f>جوَ</f> <f2>khva</f2>
si deve leggere
khô, e il gruppo 
<f>جوَا</f> <f2>khvâ</f2>
si deve pronunciare £4é, come
in 
<f>جوَردن</f> <f2>khvardan</f2>,
<f>جوَاهر</f> <f2>khvâhar</f2>,
che devonsi leggere
<f2>khôrdan</f2>, <f2>khâhar</f2>. Nella trascrizione tuttavia, per maggior
chiarezza, scriveremo sempre <f2>khva</f2> e <f2>khvâ</f2>.</p>


<p>15. Le vocali generalmente non si trovano mai
notate nelle stampe e nelle scritture più comuni, ma
solo vi si scrivono le consonanti, lasciando alla pratica
del lettore il supplire a tale mancanza. In questo libro
perciò, non solo perchè l'imparare a leggere un testo
persiano senza vocali è relativamente assai più facile
che il leggere un testo arabo che abbia le sole conso-
nanti, ma anche perchè generalmente i testi persiani non
portano vocali, abbiam tralasciato di notarle, non man-
cando però di porre la pronuncia in caratteri corsivi
dietro ogni parola, tanto nella grammatica quanto nel
vocabolario, e di notare lo stesso segno della vocale
laddove s’incontrava qualche caso dubbio.</p>


<p>16. Altri segni per la lettura sono i seguenti:

</p>
<pb n="10"/>
<p>
A, la <f2>ǵazmah</f2>, <f>جزمه</f> ( ْ), che si pone sulle consonanti
che si devono pronunciare senza vocali, come 
<f>کُن</f> <f2>kun</f2>,
<f>بَر</f> <f2>bar</f2>; le lettere infatti <f>د</f> e <f>ر</f> non hanno vocali.
</p>

<p>B, il <f2>tashdîd</f2>, <f>تشديد</f> ( ٌ), che serve a raddoppiare la
consonante su cui si pone, come in È khurram, p narr.</p>

<p>C, la <f2>hamzah</f2>, <f>همزه</f> (ء) che si pone in persiano dopo
i nomi che terminano in <f>ه</f> <f2>-ah</f2>, <f2>-eh</f2>, quando a questi si
voglia far seguire la <f2>i</f2> del genitivo, come <f>نامهٔ</f> che si
legge <f2>nâmah-i</f2>. Serve anche a notare una <f>ی</f> <f2>y</f2> seguita
da un’ altra, come in <f>گویٔی</f> <f2>gûyî</f2> per <f>گويی</f> la prima <f2>y</f2> in

tal caso si scrive senza i due punti, come si vede nello
esempio addotto.</p>

<p>D, la maddah, <f>مدّه</f> (<f> ّ</f>), che si pone sulla <f>آهن</f> iniziale
che, in tal caso, diventa lunga, come in <f>آهن</f> <f2>âhan</f2>, 
<f>آءردن</f> <f2>âvardan</f2>, <f>آیٔين</f> <f2>âyin</f2>, <f>آموختن</f> <f2>âmûkhtan</f2>.</p>
</div>
<div><head>II. CAMBIAMENTI DI VOCALI E DI CONSONANTI.</head>


<p>17. Tratteremo dei cambiamenti delle consonanti e
delle vocali che avvengono nell’ incontro dei temi coi
suffissi grammaticali soltanto, lasciando quelli che avven-
nero già nella formazione originaria della parola persiana,
in uno stadio più antico della lingua, e che perciò
appartengono alla grammatica comparata delle lingue
iraniche.</p>
<div><head>A. Cambiamenti di vocali.</head>


<p>18. Se due <f2>a</f2>, qualunque sia la loro quantità, s'incontrano, si pone fra loro una <f2>y</f2>, come: <f2>numâ-am</f2> = <f2>numâ-y-am</f2>, <f>نمايم</f>.</p>


<p>19. <f2>â</f2> + <f2>î</f2> diventa <f2>âyî</f2>, frapponendo una <f2>y</f2>, come in
<f2>numâ-î</f2> = <f2>numâ-y-î</f2>, <f>نمایٔی</f> (16, c).</p>


<p>20. <f2>î</f2> seguito da <f2>a</f2> diventa <f2>iy</f2>, come in <f2>giri-am</f2> =

<f2>giriy-am</f2>, <f>گريم</f>.


<pb n="11"/></p>


<p>21. <f2>û</f2> seguito da <f2>a</f2> prende prima di questo <f2>a</f2> una
<f2>y</f2>, come <f2>gû-ad</f2> = <f2>gû-y-ad</f2>, <f>گويد</f> talvolta anche si risolve

in <f2>uv</f2>, come in <f2>bû-am</f2> = <f2>buv-am</f2>, <f>بُوَد</f> raramente diventa


<f2>av</f2>, come in <f2>durû-am</f2> = <f2>durav-am</f2>, <f>دُرَوَم</f>.</p>


<p>22. Quando <f2>û</f2> sia seguito da <f2>î</f2>, fra queste due vocali
si pone una <f2>y</f2>, come in <f2>gû-îd</f2> = <f2>gû-y-id</f2>, <f>غويد</f>.

Nota.</p>

<p>Questa y che viene a inserirsi fra le due vocali, -
corrisponde, non rare volte, ad una antica <f2>dh</f2> che per via di <f2>h</f2> diventa
<f2>y</f2> nel persiano moderno. Così il np. (neo-persiano) <f2>rû-y-am</f2> corrisponde al zendo <zend>rudh</zend> in <zend>raodheñti</zend>, np. <f2>â-râ-y-am</f2> a un zendo <f2>â-râdh</f2>,
np. <f2>giriy-am</f2> a un zendo <zend>garedh</zend>.</p>

<p>Vedremo più innanzi come
l'antica dentale <f2>dh</f2> si sia conservata anche nel persiano nella figura
di <f2>s</f2> dinanzi a <f2>t</f2>, come in â-râs-ftan, z. <zend>â-râdh</zend>, <f2>shus-tan</f2>, z. <zend>khshudh</zend>. —
Alle volte però questa <f2>y</f2> è inserita soltanto per togliere l’iato delle
due vocali, come in <f2>nu-mâ-y-am</f2>, skr.  <skr>mâ</skr>. e z. <zend>mâ</zend>.
</p>
</div>

<div><head>B. Cambiamenti di consonanti.</head>


<p>23. Quando qualcuno dei suffissi grammaticali che
cominciano per <f2>t</f2>, cioè <f2>-tam</f2>, <f2>-tî</f2>, <f2>-tîm</f2>, <f2>-tîd</f2>, <f2>-tand</f2>, <f2>-tan</f2>, <f2>-tah</f2>,
si unisce a qualche tema, questo <f2>t</f2> si muta in <f2>d</f2>, purchè
il tema termini in vocale o in qualsiasi altra consonante,
eccetto <f2>d</f2>, <f2>v</f2>, <f2>s</f2>, <f2>sh</f2>, <f2>z</f2>, <f2>h</f2>, e la sillaba <f2>âr</f2>. Quindi avremo:

<list>

<item><f2>gâ-tam</f2> = <f2>gâ-dam</f2>, <f>گادم</f>.</item>

<item><f2>âzmû-tah</f2> = <f2>âzmû-dah</f2>, <f>آزموده</f>.</item>

<item><f2>pursî-tan</f2> = <f2>pursî-da</f2>n, <f>پرسيدن</f>.</item>

<item><f2>kar-tand</f2> = <f2>kar-dand</f2>, <f>کردند</f>.</item>

<item><f2>mân-tî</f2> = <f2>mân-dî</f2>, <f>ماندی</f>.</item>
</list></p>


<p>24. Quando invece il suffisso che comincia per <f2>t</f2>,
sia preceduto da una delle consonanti <f2>b</f2>, <f2>v</f2>, <f2>s</f2>, <f2>sh</f2>, <f2>z</f2>, <f2>h</f2>  o
dalla sillaba <f2>âr</f2>, allora questo <f2>t</f2> rimane inalterato e le
consonanti si mutano secondo le regole seguenti.</p>


<p>25. Il <f2>b</f2> dinanzi al <f2>t</f2> del suffisso mutasi in <f2>f</f2> come
in <f2>kûb-tah</f2> = <f2>kûf-tah</f2>, <f>کوفته</f>.

<note n="1">ASCOLI, Studi Irani, art. 1o, Sfaldature dell antica aspirata, p. 5 e segg.</note>


<pb n="12"/></p>


<p>26. Il <f2>v</f2> davanti al <f2>t</f2> si cambia in <f2>t</f2>, come: <f2>kâv-tam</f2> =
<f2>kâf-tam</f2>, <f>کافتن</f>; <f2>rav-tan</f2> = <f2>raf-tan</f2>, <f>رفتن</f>. Il tema <f2>gû</f2>
risolve <f2>û</f2> in <f2>uv</f2> e muta <f2>v</f2> in <f2>f</f2> cioè: <f2>guv-tam,</f2>. <f2>guf-tam</f2>, <f>گفتم</f>; ciò si spiega col suono primitivo della radice
<f2>gû</f2>, <gloss>dire</gloss>, che era <f2>guv</f2> o <f2>gub</f2>, come si vede nel <f2>gaubataiy</f2>
e nell’ <f2>agaubatâ</f2> del persiano antico delle Iscrizioni, pro-
venienti dalla radice <f2>gub</f2>, <gloss>dire<ref n="1"/></gloss>; <f2>guv</f2> quindi unito al
suffisso ha obbedito alla regola comune, <f2>guv-tam</f2> = <f2>guftam</f2>,
<gloss>io dissi</gloss>.</p>


<p>27. La <f2>s</f2> dinanzi al <f2>t</f2> mutasi in <f2>sh</f2>, come in <f2>rîs-tan</f2> =
<f2>rish-tan</f2> e <f2>rish-tan</f2>, <f>ريشتن</f> e <f>رشتن</f></p>


<p>28. La <f2>s</f2> dinanzi a <f2>t</f2> mutasi anche in <f2>kh</f2>, come in
<f2>shinâs-tam</f2> = <f2>shinâkh-tam</f2>, <f>شناختم</f>.</p>


<p>29. La <f2>z</f2> (che rappresenta un’ antica palatale, np.
<f2>afrûz</f2> = z. <zend>aiwi-ruć</zend>) innanzi a <f2>t</f2> mutasi in <f2>kh</f2>, come:
<f2>angîz-tan</f2> = <f2>angîkh-tan</f2>, <f>انگيختن</f>.</p>


<p>30. La <f2>h</f2> dinanzi a <f2>t</f2> mutasi in <f2>s</f2>; <f2>angâr-tam</f2> — <f2>angâsh-tan</f2>, <f>کاستم</f>.</p>


<p>31. La sillaba <f2>âr</f2> colla quale terminano molti temi
verbali, innanzi al <f2>t</f2> mutasi in <f2>âsh</f2>, come: <f2>angâr-tan</f2> =
<f2>angâsh-tan</f2> <f>انگاشتن</f>.</p>


<p>32. La <f2>h</f2> finale innanzi al suffisso plurale <f2>ân</f2> si muta
in <f2>g</f2>, come: <f2>murdah-ân</f2> = <f2>murdag-ân</f2>, <f>مردگان</f>. A tutto
rigore si dovrebbe dire che la <f2>h</f2> finale in questo caso è
un affievolimento del primitivo <f2>g</f2> e questo di <f2>k</f2> che trovasi
nel pehlevico, p. e. phi. <pahl>ǵâmak</pahl> e np. <f>ǵâmal</f>, <f>جامه</f>, <gloss>veste</gloss>.
Innanzi al suffisso <f2>ât</f2> quest’ <f2>h</f2>  si muta in <f2>ǵ</f2> , come in
<f2>nuvishtah-ât</f2> = <f2>nuvishtaǵ-ât</f2>, <f>نوشتخات</f>. Questo suffisso
s'incontra solo nel persiano dell’ epoca più tarda e sembra
esser stato preso in prestito dall’ arabo, come vedremo
più innanzi.</p>


<p>33. Il pronome <f>اين</f> <f2>în</f2> <gloss>questo</gloss>, nella forma di <f>ان</f>
<f2>in</f2>, dinanzi alle parole <f>روز</f> <f2>rûz</f2> (<f2>ô</f2>), <f>شب</f> <f2>shab</f2>, <f>سال</f> <f2>sâl</f2>,

<note n="1"> SPIEGEL, Altpersische Keilinschriften, p. 196.</note>


<pb n="13"/>


muta la <f2>n</f2> in <f2>m</f2>, come: <f>امروز</f> <f2>im-rûz</f2> (<f2>ô</f2>), <gloss>questo giorno, oggi</gloss>; <f>امشب</f> <f2>im-shab</f2>, <gloss>in questa notte</gloss>; <f>امسال</f> <f2>im-sâl</f2>, <gloss>in quest’ anno</gloss>.
</p>
</div>

</div>
</div>

<div><head>II. TEORICA DELLE FLESSIONI.</head>

<div><head>A. VERBO.</head>

<div><head>I. TEMI DEL VERBO.</head>

<p>34. Il verbo persiano si può ridurre a due temi, dei
quali chiameremo l'uno <term>tema di presente</term>, l'altro tema di
passato; così di <f>بخشيدن</f> <f2>bakhshîdan</f2> (infin.), <gloss>donare</gloss>,
<f>بخش</f> <f2>bakhsh</f2> è il tema di presente, <f>بخشيد</f> <f2>bakhshîd</f2> 
quello del passato.</p>

<p>Il <term>tema del presente</term> si potrebbe
anche chiamare <term>radice del verbo</term>.</p>

<p>35. Al tema del presente appartengono il <term>presente</term>, il
<term>futuro</term>, <term>l'imperativo</term> e il <term>participio presente</term>; appartengono
al tema del passato il <term>passato</term>, <term>l'infinito</term> e il <term>participio passato</term>.</p>

<p>Il passivo e gli altri tempi si determinano coi
verbi ausiliari, come vedremo.</p>
</div>
<div><head>II. TEMA DEL PRESENTE.</head>

<p>36. Il tema del presente si può definire quella parte
essenziale del verbo priva di ogni suffisso. A questo
tema si aggiungono immediatamente le terminazioni, se
esso termina in consonante; così dal tema <f>بخش</f> <f2>baksh</f2>,
<gloss>donare</gloss>, abbiamo <f>بخشم</f> <f2>bakhsh-am</f2>, <gloss>io dono</gloss>. Se poi il
tema termina in vocale, nell’aggiungere le desinenze del
presente si osservano le regole dei paragrafi 18, 19, 20,
21 e 22. </p>

<p>37. Le terminazioni del presente sono <f2>-am</f2>, <f2>-î</f2>, <f2>-ad</f2>
per il singolare; <f2>-îm</f2>, <f2>-îd</f2>, <f2>-and</f2> per il plurale.</p>

<p>38. Tema in consonante,
<f2>baksh</f2>, <gloss>donare</gloss>:


<pb n="14"/>

<p><f>بخشم</f>, <f2>baksh-am</f2>, <gloss>io dono.</gloss></p>
<p><f>بخشي</f>, <f2>bakhsh-î</f2>, <gloss>tu doni.</gloss></p>
<p><f>بخشد</f>, <f2>bakhsh-ad</f2>, <gloss>egli, ella dona.</gloss></p>
<p><f>بخشيم</f>, <f2>bakhsh-îm</f2>, <gloss>noi doniamo.</gloss></p>
<p><f>بخشيد</f>, <f2>bakhsh-îd</f2>, <gloss>voi donate.</gloss></p>
<p><f>بخشند</f>, <f2>bakhsh-and</f2>, <gloss>essi, esse donano.</gloss></p></p>

<p>39. Temi in vocale, <f2>pâlâ</f2>, <gloss>purgare</gloss>, <f2>girî</f2>, <gloss>piangere</gloss>, <f2>gû</f2>, <gloss>dire</gloss>.
<f2>gû</f2>, <gloss>dire</gloss>:
<p><f>پالايم</f>, <f2>pâlâ-y-am</f2>, <gloss>io purgo.</gloss></p>
<p><f>پالائ</f>, <f2>pâlâ-y-î</f2>, <gloss>tu purghi.</gloss></p>
<p><f>گريد</f>, <f2>girî-y-ad</f2>, <gloss>egli, ella piange.</gloss></p>
<p><f>گرئيم</f>, <f2>girî-y-îm</f2>, <gloss>noi piangiamo.</gloss></p>
<p><f>گرئيد</f>, <f2>gû-y-îd</f2>, <gloss>voi dite.</gloss></p>
<p><f>گريند</f>, <f2>gû-y-and</f2>, <gloss>eglino, elleno dicono.</gloss></p></p>

<p>40. Il futuro ha le stesse terminazioni del presente
e si forma da questo premettendo la particella <f>به</f>, <f2>bih</f2>,
come <f>به بخشم</f>, <f2>bih bakhsham</f2>, <gloss>io donerò</gloss>; per lo più
questa particella si prepone al verbo perdendo l’ultima
lettera <f2>h</f2>, cioè <f>ببخشم</f>, <f2>bi-bakhsham</f2>. I temi terminanti
in vocale hanno, per le terminazioni, le stesse regole del
presente. Avremo quindi:

<list>
<item><f>ببخشم</f> <f2>bi-bakhsh-am</f2>, <gloss>io donerò.</gloss></item>
<item><f>ببخشي</f> <f2>bi-bakhsh-î</f2>, <gloss>tu donerai.</gloss></item>
<item><f>بپلايد</f> <f2>bi-pâla-y-ad</f2>, <gloss>egli purgherà.</gloss></item>
<item><f>بپلائيم</f> <f2>bi-pâla-y-im</f2>, <gloss>noi purgheremo.</gloss></item>
<item><f>بگرئيد</f> <f2>bi-giriy-îd</f2>, <gloss>voi piangerete.</gloss></item>
<item><f>بگويند</f> <f2>di-gûy-and</f2>, <gloss>essi, esse diranno.</gloss></item>
</list></p>

<p>41. I temi che cominciano per vocale, tra la vocale
della particella <f2>bi-</f2> del futuro e la vocale iniziale del tema

pongono una <f2>y</f2>, come <f2>bi-y-âǵ-am</f2>, <f>بيآجم</f>, <gloss>io pianterò</gloss>, dal
tema <f>آج</f> <f2>aǵ</f2>; talvolta però il <f2>y</f2> si tralascia come: <f>بآجد</f>, <f2>bi-âǵ-ad</f2>, <gloss>egli pianterà</gloss>. Trovasi anche, specialmente nel

verso, soppressa la <f2>i</f2> della particella <f2>bi-</f2>, come: <f>باجد</f>, <f2>b'-aǵ-ad</f2>, <gloss>egli pianterà</gloss>. Se poi il tema comincia per vocale


<pb n="15"/> 
breve (per <f>ا</f> cioè senza la maddah <f>آ</f>), la <f>ا</f> sparisce e si
conserva soltanto la vocale che essa aveva; così il tema
<f>افت</f> <f2>uft</f2> <gloss>cadere</gloss>, fa al futuro  <f>به افتم</f>  <f2>bih uft-am</f2>, e <f>بئفتم</f>, <f2>bi-y-uft-am</f2>, <gloss>io cadrò</gloss>. Avremo quindi dai temi <f>آج</f>, <f2>aǵ</f2> e
<f>افت</f>, <f2>uft</f2>: 
<list>
<item><f>بيآجم</f> <f2>bi-y-âǵ-am</f2>, <gloss>io pianterò.</gloss></item>

<item><f>بيآجی</f> <f2>bi-y-âǵ-î</f2>, <gloss>tu pianterai.</gloss></item>

<item><f>بيآجد</f> <f2>bi-y-âǵ-ad</f2>, <gloss>egli, ella pianterà.</gloss></item>

<item><f>بيفتيم</f> <f2>bi-y-uft-îm</f2>, <gloss>noi cadremo.</gloss></item>

<item><f>بيفتيد</f> <f2>bi-y-uft-îd</f2>, <gloss>voi cadrete.</gloss></item>

<item><f>بيفتند</f> <f2>bi-y-uft-and</f2>, <gloss>eglino, elleno cadranno.</gloss></item>
</list></p>

<p>42. L'imperativo non ha che la 2a persona singolare,
valendo per le altre persone quelle del futuro. Il solo
tema del presente preceduto dalla particella <f2>bi-</f2> costituisce
questa 2a persona. Avremo quindi:
<list>
<item><f>ببخشي</f> <f2>bi-bakhsh</f2>, <gloss>dona tu.</gloss></item>
<item><f>بنما</f> <f2>bi-numâ</f2>, <gloss>mostra tu.</gloss></item>
<item><f>بغو</f> <f2>bi-gû</f2>, <gloss>di’ tu.</gloss></item>
<p><f>بآج، بيآج</f>, <f2>bi-âǵ, bi-y-âǵ</f2>, <gloss>pianta tu</gloss></p>

<item><f>بيفت</f> <f2>bi-y-uft</f2>, <gloss>cadi tu.</gloss></item>
<item><f>بگری</f> <f2>bi-girî</f2>, <gloss>piangi tu.</gloss></item>
</list></p>

<p>43. Il participio presente ha tre terminazioni, cioè
<f2>-â</f2>, <f2>-în</f2>, <f2>-andah</f2>. Quì pure per le vocali si richiamano le
regole dei paragrafi 18, 19, 20, 21, 22. Avremo quindi
dai temi <f2>baksh</f2>, <f2>numâ</f2>, <f2>girî</f2>, <f2>gû</f2> i participii presenti:

<list>
<item><f>بخشا بخشان بخشنده</f>, <f2>bakhsh-â, bakhsh-ân, bakhsh-andah</f2>, <gloss>donante</gloss>.</item>
<item><f>نمايا نمايان نماينده</f>, <f2>numâ-y-â, numâ-y-ân, numâ-y-andah</f2>, <gloss>mostrante</gloss>.</item>
<item><f>گريا گريان گرينده</f>, <f2>giriy-â, giriy-ân, giriy-andah</f2>, <gloss>piangente</gloss>.</item>
<item><f>گوياگويان گوينده</f>, <f2>gû-y-â, gû-y-ân, gû-y-andah</f2>, <gloss>dicente</gloss>.</item>
</list>
</p></div>

<pb n="16"/>


<div><head>III. TEMA DEL PASSATO.</head>

<p>44. Il tema del passato si forma da quello del pre-
sente coll’ aggiunta di un <f2>t</f2> al quale tengono dietro le
desinenze. Così dal tema di presente <f>مان</f> <f2>mân</f2> si fa
<f2>mân-t</f2>, poi <f>ماند</f> <f2>mân-d</f2>  (23), e <f2>mând</f2> è tema di passato
di <f2>mân</f2>.</p>

<p>45. Senonchè alcuni verbi aggiungono <term>mediatamente</term>,
altri <term>immediatamente</term> il <f2>t</f2> al tema di presente. Di questi
ultimi parleremo più innanzi. I primi invece uniscono
questo <f2>t</f2> al tema del presente per mezzo di una delle
vocali <f2>â</f2>, <f2>î</f2>, <f2>û</f2> o per mezzo della lettera <f2>s</f2>.</p>

<p>46. Nel caso delle vocali <f2>â</f2>, <f2>î</f2>, al tema di presente
si fa seguire una di queste vocali, alla quale tien dietro
il <f2>t</f2> che mutasi in <f2>d</f2> (23). Così dal tema di presente <f>نه</f> <f2>nih</f2> avremo <f2>nih-â-t</f2> = <f2>nihâd</f2> <f>نهان</f> che è tema di passato;
parimente dal tema <f>بخش</f> <f2>bakhsh</f2> avremo <f2>bakhksh-î-t</f2> =
<f2>bakhshîd</f2> <f>بخشيذ</f>.

NOTA 1a.</p>

<p>Che il <f2>t</f2> fosse primitivo in questi verbi e che poi
esso si sia affievolito in <f2>d</f2>, si conosce dal pehlevico in cui abbiamo
<f2>bakhshîtan</f2> = np. <f2>bakhshîdan</f2>, e <f2>dâtan</f2> = np. <f2>dâdan</f2> (infiniti).

NOTA 2a.</p>

<p>Nel trattar di questi verbi abbiam dovuto partire
dal punto di vista del neo-persiano e trattar come vocale d’unione
questa <f2>â</f2>, perchè in questa lingua <f2>nih</f2> va considerato come tema di
presente e radice del verbo (pres. <f2>nih-am</f2>) che ha per tema di passato
<f2>nihâd</f2>; ma <f2>nihâd</f2>, secondo la grammatica comparata, va scomposto
in <f2>ni-hâ-d</f2> (<f2>ni</f2> è un' antica preposizione) che ci riconduce a un <f2>z</f2>. e
skr. <skr>ni-dhâ</skr>, in cui la radice è <skr>dhâ</skr> = gr. <g>θε</g> in <g>τίθημι</g>. Parimente
il np. <f2>firist</f2> ha per tema di passato <f2>firistâd</f2>, ma questo ci riconduce
a un z. <zend>fra-çtâ</zend>, skr. <skr>pra-sthâ</skr>, nei quali la radice è <skr>sthâ</skr>, <zend>çtâ</zend>, gr.
<g>στα</g> in <g>ἵστημι</g>, lat. <lat>sto</lat>, <lat>sisto</lat>.</p>

<p>47. I verbi che prendono invece per intermedia la
vocale <f2>û</f2>, al tema di presente terminano in <f2>â</f2>, il quale <f2>â</f2>
dinanzi all’ <f2>û</f2> si elide. A questo <f2>û</f2> poi segue il <f2>t</f2> che
diventa <f2>d</f2> (23). Così dal tema di presente <f>آزما</f> <f2>âzmâ</f2>

avremo nel tema di passato  <f2>âzm[â]-û-t</f2>, poi <f2>âzmûd</f2> <f>آزمود</f>.


<pb n="17"/></p>

<p>48. La <f2>s</f2> intermedia si pone fra il tema del presente
ed il <f2>t</f2> che allora si conserva tal quale (24). Quindi
dal tema <f>آرا</f> <f2>ârâ</f2> si farà <f>آراست</f> <f2>ârâ-s-t</f2>, che è tema
di passato. Se poi il tema di presente termina in con-
sonante, alla s si prepone una 7, così <f>نگر</f> <f2>nigar</f2> avremo
<f>نگررست</f> <f2>nigar-i-s-t</f2>.
</p><p>
Nota.</p>

<p>Anche qui, partendo dal punto di vista del neo-
persiano, abbiam dovuto trattar come epentetica questa s che appare
davanti al <f2>t</f2> suffisso; ma, come abbiam già fatto osservare (22 nota),
la <f2>s</f2> è qui rappresentante di una antica <f2>dh</f2> che si trova nello zendo;
np. <f2>â-râs-t</f2> = z. <zend>â-râdh</zend>, np. <f2>shus-t</f2> = z. <zend>khshudh</zend>. Questa <f2>dh</f2> poi,
come vedemmo, appare nel neo-persiano nella figura di y davanti a
vocale, np. <f2>â-rây-am</f2>, shûy-am, rûy-am = z. <zend>â-râdh</zend>, <zend>khshudh</zend>, <zend>rudh</zend>.
</p>

<p>49. Formato il tema del passato, gli si uniscono le
desinenze che per il <term>tempo passato</term> sono <f2>-am</f2>, <f2>î</f2> (la 3° persona non ha terminazione, ma lascia tal quale il tema),
<f2>îm</f2>, <f2>îd</f2>, <f2>and</f2>. Eccone gli esempi:</p>

<p>50. Temi che prendono é; tema di presente <f2>nih</f2>, <gloss>porre</gloss>.
<list>
<item><f>نهادم</f> <f2>nih-â-d-am</f2>, <gloss>io posi.</gloss></item>
<item><f>نهادی</f> <f2>nih-â-d-î</f2>, <gloss>tu ponesti. </gloss></item>
<item><f>نهاد</f> <f2>nih-â-d</f2>, <gloss>egli, ella pose (49).</gloss></item>
<item><f>نهاديم</f> <f2>nih-â-d-îm</f2>, <gloss>noi ponemmo.</gloss></item>
<item><f>نهاديد</f> <f2>nih-â-d-îd</f2>, <gloss>voi poneste.</gloss></item>
<item><f>نهادند</f> <f2>nih-â-d-and</f2>, <gloss>eglino, elleno posero. </gloss></item>
</list>

</p>

<p>51. Temi che prendono <f2>î</f2>; tema di presente <f2>bakhsh</f2>,
<gloss>donare</gloss>. 

<list>
<item><f>بخشيدم</f> <f2>bakksh-î-d-am</f2>, <gloss>io donai.</gloss></item>

<item><f>بخشيدی</f> <f2>bakksh-î-d-î</f2>, <gloss>tu donasti.</gloss></item>

<item><f>بخذيد</f> <f2>bakksh-î-d</f2>, <gloss>egli, ella, donò.</gloss></item>

<item><f>بخشيديم</f> <f2>bakksh-î-d-îm</f2>, <gloss>noi donammo.</gloss></item>

<item><f>بخشيديد</f> <f2>bakksh-î-d-îd</f2>, <gloss>voi donaste.</gloss></item>

<item><f>بخذيدند</f> <f2>bakksh-î-d-and</f2>, <gloss>eglino, elleno donarono.</gloss></item>
</list>
</p>

<p>52. Temi che prendono <f2>û</f2>; tema di presente <f2>âzmâ</f2>,

provare.


<pb n="18"/>
<list>

<item><f>آزمودم</f> <f2>azm[â|-û-d-am</f2>, <gloss>âzm-û-d-am (47), io provai.</gloss></item>
<item><f>آزمودی</f> <f2>âzm-û-d-î</f2>, <gloss>tu provasti.</gloss></item>
<item><f>آجمود</f> <f2>dam-i-d</f2>, <gloss>egli, ella provò.</gloss></item>
<item><f>آزموديم</f> <f2>âzm-û-d-îm</f2>, <gloss>noi provammo.</gloss></item>
<item><f>آزموديد</f> <f2>âzm-û-d-îd</f2>, <gloss>voi provaste.</gloss></item>
<item><f>آزمودند</f> <f2>âzm-û-d-and</f2>, <gloss>eglino, elleno provarono.</gloss></item>
</list>

</p>

<p>53. Temi che prendono <f2>s</f2>; temi di presente: <f2>ârâ</f2>,
ornare, <f2>nigar</f2>, osservare.
<list>
<item><f>آراستم</f> <f2>ârâ-s-t-am</f2>, <gloss>io adornai.</gloss></item>
<item><f>آراستی</f> <f2>ârâ-s-t-î</f2>, <gloss>tu adornasti.</gloss></item>
<item><f>آراست</f> <f2>ârâ-s-t</f2>, <gloss>egli, ella adornò.</gloss></item>
<item><f>نگرستيم</f> <f2>nigar-î-s-t-îm (48)</f2>, <gloss>noi osservammo.</gloss></item>
<item><f>نگرستيد</f> <f2>nigar-î-s-t-îd</f2>, <gloss>voi osservaste.</gloss></item>
<item><f>نگرستند</f> <f2>nigar-î-s-t-and</f2>, <gloss>eglino, elleno osservarono.</gloss></item>
</list></p>
<p>54. L'infinito termina in <f2>-an</f2>; quindi dai sopraddetti
temi avremo:
<list>
<item><f>نهادن</f> <f2>nih-â-d-an</f2>, <gloss>porre.</gloss></item>
<item><f>بخشيدن</f> <f2>bakhsh-î-d-an</f2>, <gloss>donare.</gloss></item>
<item><f>آزمودن</f> <f2>âzm-û-d-an</f2>, <gloss>provare.</gloss></item>
<item><f>آراستن</f> <f2>ârâ-s-t-an</f2>, <gloss>ornare. </gloss></item>
<item><f>نگرستن</f> <f2>nigar-i-s-t-an</f2>, <gloss>osservare.</gloss></item>
</list>
</p>

<p>55. Il participio passato termina in <f2>-ah</f2>; quindi dai
detti temi avremo:
<list>
<item><f>نهاده</f> <f2>nih-â-d-ah</f2>, <gloss>che ha posto.</gloss></item>
<item><f>بخشيده</f> <f2>bakhsh-î-d-ah</f2>, <gloss>che ha donato.</gloss></item>
<item><f>آزموده</f> <f2>âzm-û-d-ah</f2>, <gloss>che ha provato.</gloss></item>
<item><f>آراسته</f> <f2>ârâ-s-t-ah</f2>, <gloss>che ha ornato.</gloss></item>
<item><f>نگرسته</f> <f2>nigar-i-s-t-ah</f2>, <gloss>che ha osservato.</gloss></item>
</list>
Si noti che spesso il participio passato esprime una pro-
posizione incidente, come: 


<pb n="19"/>

<f>خجسته بسيار زر و زيور پوشيده نزدِ طقطی رفت</f>, <f2>khuǵistah bisyar zar u zîvar pûshîdah nazd i ṭûṭ raft</f2>, <gloss>Khogisteh molto oro e ornamenti essendosi vestita (<f2>pûsh-î-d-ah</f2> part. passato del tema <f2>pûsh</f2>,
<gloss>vestire</gloss>), presso al pappagallo andò.</gloss>
</p>

<p>56. Tratteremo ora dei verbi che uniscono 
<term>immediatamente</term> il <f2>t</f2> del passato al tema del presente.</p>

<p>57. Quando il tema del presente non termini con
una delle lettere <f2>b</f2>, <f2>v</f2>, <f2>s</f2>, <f2>sh</f2>, <f2>z</f2>, <f2>h</f2>, nè con la sillaba <f2>âr</f2>,
il <f2>t</f2> caratteristico del tema del passato si unisce 
<term>immediatamente</term> al tema di presente e diventa <f2>d</f2> (23); così
dal tema <f2>kan</f2> <gloss>avremo</gloss> <f2>kan-t</f2> = <f2>kand</f2>, <f>لند</f>, che è tema
di passato. Eccone gli esempi:</p>

<p>58. Temi di presente: <f2>kan</f2>, <gloss>scavare</gloss>, <f2>avâr</f2>. <gloss>portare</gloss>.

<list>
<item><f>کندم</f> <f2>kan-d-am</f2>, <gloss>io scavai.</gloss></item>
<item><f>کندی</f> <f2>kan-d-î</f2>, <gloss>tu scavasti.</gloss></item>
<item><f>کند</f> <f2>kan-d</f2>, <gloss>egli, ella scavò.</gloss></item>
<item><f>آورديم</f> <f2>âvar-d-îm</f2>, <gloss>noi portammo.</gloss></item>
<item><f>آورديد</f> <f2>âvar-d-îd</f2>, <gloss>voi portaste.</gloss></item>
<item><f>آوردند</f> <f2>âvar-d-and</f2>, <gloss>eglino, elleno portarono.</gloss></item>
</list>

Infinito: <f>کندن</f> <f2>kan-d-an</f2>, <f>آوردن</f> <f2>âvar-d-an</f2>.
Participio passato: <f>کنده</f> <f2>kan-d-ah</f2>, <f>آورده</f> <f2>âvar-d-ah</f2>.</p>

<p>59. Se invece il tema di presente termina in una
delle lettere <f2>b</f2>, <f2>v</f2>, <f2>s</f2>, <f2>sh</f2>, <f2>z</f2>, <f2>h</f2> o nella sillaba èr, il <f2>t</f2> del
passato gli va unito pure immediatamente e rimane inalte-
rato, ma le consonanti finali dei temi, dinanzi a questo <f2>t</f2>,
subiscono <f2>i</f2> mutamenti fonetici dei paragrafi 24, 25, 26,
27, 28, 29, 30, 31.
</p>

<p>60. I verbi che nel tema del presente escono in <f2>b</f2>,
dinanzi al <f2>t</f2> del passato mutano questo <f2>b</f2> in <f2>f</f2>. Temi di
presente: <f2>kûb</f2>, <gloss>battere</gloss>, <f2>yâb</f2>,  <gloss>trovare</gloss>.

<list>
<item><f>کوفتم</f> <f2>kûf-t-am</f2>, <gloss>io battei.</gloss></item>
<item><f>کوفتی</f> <f2>kûf-tî</f2>, <gloss>tu battesti.</gloss></item>
<item><f>کوفت</f> <f2>kûf-t</f2>, <gloss>egli, ella battè.</gloss></item>


<pb n="20"/>


<item><f>یافتيم</f> <f2>yâf-t-îm</f2>, <gloss>noi trovammo.</gloss></item>

<item><f>يافتيد</f> <f2>yâf-t-îd</f2>, <gloss>voi trovaste. </gloss></item>

<item><f>يافتند</f> <f2>yâf-t-and</f2>, <gloss>eglino, elleno trovarono.</gloss></item>
</list>
Infinito: <f>کوفتن</f>, <f2>kûf-t-an</f2>, <f>يافتن</f>, <f2>yâftan</f2>.
Participio passato: <f>کوفته</f>, <f2>kûf-t-ah</f2>, <f>کوفته</f>, <f2>yâf-t-ah</f2>.</p>

<p>61. I verbi che al tema di presente escono in <f2>v</f2>,
cambiano questo <f2>v</f2>, dinanzi al <f2>t</f2> del tema del passato, in
<f2>f</f2>. Temi di presente: <f2>kâv</f2>, <gloss>scavare</gloss>, <f2>râv</f2>, <gloss>andare</gloss>.

<list>
<item><f>کافتم</f> <f2>kâf-t-am</f2>, <gloss>io scavai.</gloss></item>

<item><f>کفتی</f> <f2>kâf-t-î</f2>, <gloss>tu scavasti.</gloss></item>

<item><f>کافت</f> <f2>kâf-t</f2>, <gloss>egli, ella scavò.</gloss></item>

<item><f>رفتيم</f> <f2>raf-t-îm</f2>, <gloss>noi andammo.</gloss></item>

<item><f>رفتيد</f> <f2>raf-t-îd</f2>, <gloss>voi andaste.</gloss></item>

<item><f>رفتند</f> <f2>raf-t-and</f2>, <gloss>eglino, elleno andarono.</gloss></item>
</list>

Infinito: <f>کافتن</f>, <f2>kâf-t-an</f2>, <f>رفتن</f>, <f2>raf-t-an</f2>.
Participio passato: <f>کافته</f>, <f2>kâf-t-ah</f2>, <f>رفته</f> <f2>raf-t-ah</f2>.</p>

<p>62. I verbi che al tema di presente escono in <f2>s</f2>,
mutano questa <f2>s</f2>, innanzi al <f2>t</f2> in <f2>sh</f2>. Essi, innanzi a
questa <f2>s</f2> del tema di presente, hanno una <f2>î</f2> che nel tema
del passato mutasi in <f2>i</f2>. Temi di presente: <f2>rîs</f2>, <gloss>filare</gloss>,
<f2>nuvîs</f2>, <gloss>scrivere</gloss>.

<list>
<item><f>رشتم</f> <f2>rish-t-am</f2>, <gloss>io filai.</gloss></item>
<item><f>رشتي</f> <f2>rish-t-î</f2>, <gloss>tu filasti.</gloss></item>
<item><f>رشتم</f> <f2>rish-t</f2>, <gloss>egli, ella filò.</gloss></item>
<item><f>نوشتيم</f> <f2>nuvish-t-îm</f2>, <gloss>noi scrivemmo.</gloss></item>
<item><f>نوشتيد</f> <f2>nuvish-t-îd</f2>, <gloss>voi scriveste.</gloss></item>
<item><f>نوشتند</f> <f2>nuvish-t-and</f2>, <gloss>eglino, elleno scrissero.</gloss></item>
</list>

Infinito: <f>رشتن</f>, <f2>rish-t-an</f2>, <f>نوشتن</f> <f2>nuvish-t-an</f2>.
Participio passato: <f>رشته</f>, <f2>rish-t-ah</f2>, <f>نوشته</f> <f2>nuvish-t-ah</f2>.</p>

<p>63. I verbi che al tema di presente escono in <f2>s</f2> o
<f2>sh</f2>, mutano in <f2>kh</f2> questa <f2>s</f2> o <f2>sh</f2> dinanzi al <f2>t</f2> del passato.
Temi: <f2>shinâs</f2>, <gloss>conoscere</gloss>, <f2>furûsh</f2>,  <gloss>vendere</gloss>.


<pb n="21"/>

<list>
<item><f>شناختم</f> <f2>shinâkh-t-am</f2>, <gloss>io conobbi.</gloss></item>

<item><f>شناختئ</f> <f2>shinâkh-t-î</f2>, <gloss>tu conoscesti.</gloss></item>

<item><f>شناخت</f> <f2>shinâkh-t</f2>, <gloss>egli, ella conobbe.</gloss></item>

<item><f>فروختيم</f> <f2>furûkh-t-îm</f2>, <gloss>noi vendemmo.</gloss></item>

<item><f>فروختيد</f> <f2>furûkh-t-îd</f2>, <gloss>voi vendeste.</gloss></item>

<item><f>فروختند</f> <f2>furûkh-t-and</f2>, <gloss>eglino, elleno vendettero.</gloss></item>
</list>

Infinito: <f>شناختن</f> <f2>shinâki-tan</f2>, <f>فروختن</f> <f2>furûkh-t-an</f2>.
Participio passato: <f>شناخته</f> <f2>shinâkh-t-ah</f2>, <f>فروخته</f> <f2>furûkh-t-ah</f2>.</p>

<p>64. I verbi che al tema di presente escono in <f2>z</f2>,
innanzi al <f2>t</f2> mutano tal <f2>z</f2> in <f2>kh</f2>. Temi di presente: <f2>sâz</f2>, <gloss>fare</gloss>, <f2>parhîz</f2>, <gloss>evitare</gloss>.

<list>
<item><f>ساختم</f> <f2>sâkth-t-am</f2>, <gloss>io feci.</gloss></item>
<item><f>ساختي</f> <f2>sâkth-t-î</f2>, <gloss>tu facesti.</gloss></item>
<item><f>ساخت</f> <f2>sâkth-t</f2>, <gloss>egli, ella fece.</gloss></item>

<item><f>پرهيختيم</f> <f2>parhîkh-t-îm</f2>, <gloss>noi evitammo.</gloss></item>

<item><f>پرهيختيم</f> <f2>parhîkh-t-îd</f2>, <gloss>voi evitaste.</gloss></item>

<item><f>پريختند</f> <f2>parhîkh-t-and</f2>, <gloss>eglino, elleno evitarono.</gloss></item>
</list>

Infinito: <f>ساختن</f> <f2>sâkh-t-an</f2>, <f>پرهيختن</f> parhîkh-t-an.
Participio passato: <f>ساخته</f> <f2>sâkh-t-ah</f2>, <f>پرهيخته</f>  <f2>parhîkh-t-ah</f2>.</p>

<p>65. I verbi che al tema del presente escono in <f2>h</f2>,
mutano dinanzi al <f2>t</f2> quest' <f2>h</f2> in <f2>s</f2>. Temi di presente:
<f2>rah</f2>, <gloss>sfuggire</gloss>, <f2>ǵah</f2>, <gloss>saltare</gloss>.
<list>
<item><f>رستم</f> <f2>ras-tam</f2>, <gloss>io sfuggii.</gloss></item>

<item><f>رستي</f> <f2>ras-t-î</f2>, <gloss>tu sfuggisti.</gloss></item>
<item><f>رست</f> <f2>ras-t</f2>, <gloss>egli, ella sfuggì.</gloss></item>
<item><f>جستيم</f> <f2>ǵas-t-îm</f2>, <gloss>noi saltammo.</gloss></item>
<item><f>جستئد</f> <f2>ǵas-t-îd</f2>, <gloss>voi saltaste.</gloss></item>
<item><f>جستند</f> <f2>ǵas-t-and</f2>, <gloss>eglino, elleno saltarono.</gloss></item>
</list>

Infinito: <f>رستن</f> <f2>ras-t-an</f2>, <f>جستن</f> <f2>ǵas-t-an</f2>.
Participio passato: <f>رسته</f> <f2>ras-t-ah</f2>, <f>جسته</f> <f2>ǵas-t-ah</f2>.</p>

<p>66. La sillaba <f2>âr</f2> dei verbi che al tema di presente
terminano per essa, innanzi al <f2>t</f2> mutasi in <f2>âsh</f2>. Temi:
<f2>dâr</f2>, <gloss>avere</gloss>, <f2>angâr</f2>, <gloss>pensare</gloss>, <gloss>stimare</gloss>.


<pb n="22"/>

<list>
<item><f>داشتم</f> <f2>dâsh-t-am</f2>, <gloss>io ehbi.</gloss></item>
<item><f>داشتي</f> <f2>dâsh-t-î</f2>, <gloss>tu avesti.</gloss></item>
<item><f>داشت</f> <f2>dâsh-t</f2>, <gloss>egli, ella ebbe.</gloss></item>
<item><f>أنگاشتيم</f> <f2>angâsh-t-îm</f2>, <gloss>noi pensammo.</gloss></item>
<item><f>أنگاشتيد</f> <f2>angâsh-t-îd</f2>, <gloss>voi pensaste.</gloss></item>
<item><f>أنگاشتند</f> <f2>angàsh-t-and</f2>, <gloss>eglino, elleno pensarono.</gloss></item>
</list>
Infinito: <f>داشتن</f> <f2>dâsh-tan</f2>, <f>أنگاشتن</f> a<f2>ngâsh-t-an</f2>.
Participio passato: <f>داشته</f> <f2>dâsh-tah</f2>, <f>أنگاشته</f> <f2>angâsh-t-ah</f2>.

Nora.</p>

<p>Qualche rara volta questi verbi lasciano inalterata,
<emph>anche nel tema del passato</emph>, la sillaba <f2>âr</f2> del tema di presente, e il <f2>t</f2>
suffisso allora si muta in <f2>d</f2>. Così accanto ad <f>أنگاشتن</f> <f2>angâsh-t-an</f2>
abbiamo anche <f>أنگاردن</f> <f2>angâr-d-an</f2>.</p>

<p>67. Vi sono alcuni verbi che al tema di presente
escono in <f2>-în</f2>. Questi, che sono veramente pochi, nel
formare il tema del passato elidono la <f2>n</f2> di <f2>-în</f2> e aggiungono
immediatamente il <f2>t</f2> che in tal caso diventa <f2>d</f2> (23). Quindi
dai temi di presente <f2>âfarin</f2>, <f2>ćîn</f2>, <f2>guzîn</f2> avremo i temi di
passato: <f2>âfarî-d</f2>, <f2>ćî-d</f2>, <f2>guzî-d</f2>. Questa <f2>n</f2> del tema di pre-
sente che non comparisce nel tema del passato, corrisponde
al sanscrito e zendo <skr>n</skr> della 5a classe dei verbi;
abbiamo infatti dal skr. <skr>ći</skr> il presente <skr>ći-no-mi</skr>, np. <f2>ćî-n-am</f2>, <gloss>io raccolgo</gloss>, e dal z. <zend>ći</zend> il partic. (<zend>ćinvañṭ</zend>, <gloss>raccogliente</gloss>,
il ponte Cinvant sul quale passano le anime dei morti.
Cfr. anche il z. <zend>kerenaomi</zend> (pres.) da <zend>kar</zend>, <gloss>fare</gloss>; z. <zend>çurunaoiti</zend>
(pres. 3a pers.) da <zend>çru</zend>, <gloss>udire</gloss>; gr. <grc>δείκ-νυ-μι</grc>, tema <grc>δεικ</grc>.
Eccone ora gli esempi. Temi di presente: <f2>âfarîn</f2>, <gloss>creare</gloss>,
<f2>ćin</f2>, <gloss>raccogliere</gloss>, <f2>guzîn</f2>, <gloss>scegliere</gloss>.

<list>
<item><f>آفريدم</f> <f2>âfarî-d-am</f2>, <gloss>io creai.</gloss></item>
<item><f>آفريدي</f> <f2>âfarî-d-î</f2>, <gloss>tu creasti.</gloss></item>
<item><f>چيد</f> <f2>ćî-d</f2>, <gloss>egli, ella raccolse.</gloss></item>
<item><f>چيديم</f> <f2>ćî-d-îm</f2>, <gloss>noi raccogliemmo.</gloss></item>
<item><f>گزيديد</f> <f2>guzî-d-îd</f2>, <gloss>voi sceglieste.</gloss></item>
<item><f>گزيدند</f> <f2>guzî-d-and</f2>, <gloss>eglino, elleno scelsero.</gloss></item>
</list>

<pb n="23"/>


Infinito: <f>آفريدن</f> <f2>âfarî-d-an</f2>, <f>چيدن</f> <f2>ćî-d-an</f2>, <f>گزيدن</f> <f2>guzî-d-an</f2>.
Participio passato: <f>آفريده</f> <f2>âfarî-d-ah</f2>, <f>چيده</f> <f2>ćî-d-ah</f2>, <f>گزيده</f>
<f2>guzî-d-ah</f2>.</p>

<p>68. Vi sono alcuni verbi che non entrano nelle
categorie sovrascritte. Tra l’uno e l’altro dei loro temi
corre spesso una gran differenza, e conviene per essi
consultare il vocabolario. Ne daremo qui qualche esempio.

Tema di presente. Tema di passato.

<f>آ، آی</f> <f2>â, ây</f2> <f>آمد</f> <f2>âmad</f2> <gloss>venire</gloss>.

<list>
<item><f>بين</f> <f2>bîn</f2> <f>ديد</f> <f2>dîd</f2> <gloss>vedere</gloss>.</item>
<item><f>بند</f> <f2>band</f2> <f>بست</f> <f2>bast</f2> <gloss>legare</gloss>.</item>
<item><f>ده</f> <f2>dih</f2> <f>داد</f> <f2>dâd</f2> <gloss>dare</gloss>.</item>
<item><f>گرد</f> <f2>gard</f2> <f>گشت</f> <f2>gasht</f2> <gloss>diventare</gloss>.</item>
<item><f>گير</f> <f2>gîr</f2> <f>گرفت</f> <f2>girifit</f2> <gloss>prendere</gloss>.</item>
<item><f>گسل</f> <f2>gusil</f2> <f>گسست</f> <f2>gusist</f2> <gloss>danneggiare</gloss>.</item>
<item><f>کن</f> <f2>kun</f2> <f>کرد</f> <f2>kard</f2> <gloss>fare</gloss>.</item>
<item><f>پذير</f> <f2>padhîr</f2> <f>پديرفت</f> <f2>padhîraft</f2> <gloss>ricevere</gloss>.</item>
<item><f>سپار</f> <f2>sipâr</f2> <f>سپرد</f> <f2>sipurd</f2> <gloss>consegnare</gloss>.</item>
<item><f>مير</f> <f2>mîr</f2> <f>مرد</f> <f2>Murd</f2> <gloss>morire</gloss>.</item>
<item><f>خيز</f> <f2>khîz</f2> <f>خاست</f> <f2>khâst</f2> <gloss>levarsi</gloss>.</item>
<item><f>خواب</f> <f2>khvâb</f2> <f>خفت</f> <f2>khuft</f2> <gloss>dormire</gloss>.</item>
<item><f>شمار</f> <f2>shumâr</f2> <f>شمرد</f> <f2>shumurd</f2> <gloss>numerare</gloss>, ecc.</item>
</list></p>

<p>69. V'è in persiano una forma di congiuntivo per
la 3a pers. sing. soltanto; essa si forma colla desinenza
<f2>-âd</f2> unita immediatamente al tema di presente. Quindi
dal tema <f2>kun</f2> <gloss>fare</gloss>, si farà <f2>kun-âd</f2> <f>کناد</f> <gloss>egli faccia! o
possa fare!</gloss>, e dai temi: <f2>â</f2> <gloss>venire</gloss>, <f2>girî</f2> <gloss>piangere</gloss>, <f2>gû</f2> <gloss>dire</gloss>,
avremo <f2>â-y-âd</f2> <f>آياد</f> <gloss>egli venga!</gloss> <f2>giriy-âd</f2> <f>گريد</f> <gloss>egli pianga!</gloss>
<f2>gû-y-âd</f2> <f>گوياد</f> <gloss>egli dica!</gloss></p>

<p>70. La 1a, la 2a persona del singolare e la 3a del plurale 
del tempo passato possono, dopo la desinenza, prendere
talvolta un <f2>-î</f2> che dà al verbo il significato di condizionale


<pb n="24"/>


oppure il valore d’<term>imperfetto</term> o di <term>tempo indeterminato</term>,
come:
<list>
<item><f>پرسيدمی</f> <f2>pursîdam-î</f2>, <gloss>io domanderei, o domandava (tema di pres. <f2>purs</f2>).</gloss></item>
<item><f>پرسيدی</f> <f2>pursîd-î</f2>, <gloss>egli domanderebbe, o domandava.</gloss></item>

<item><f>پرسيدندی</f> <f2>pursîdand-î</f2>, <gloss>essi domanderebbero, o domandavano.</gloss></item>
</list></p></div>

<div><head>IV. VERBI AUSILIARI.</head>

<p>71. I verbi ausiliari persiani sono cinque: 
<list>
<item><f>ام</f> <f2>am</f2>, <gloss>io sono</gloss>; </item>
<item><f>بودن</f> <f2>bûd-an</f2>, <gloss>essere</gloss>;</item> 
<item><f>هستن</f> <f2>has-t-an</f2>, <gloss>essere, esistere</gloss>;</item> 
<item><f>شدن</f> <f2>shu-d-an</f2>, <gloss>essere</gloss>;</item> 
<item><f>خواستن</f> <f2>khvâs-t-an</f2>, <gloss>volere, desiderare</gloss>.</item> 
</list>
Questi verbi servono a formare il passivo
e i tempi che mancano nella flessione semplice.</p>

<p>72. Il verbo <f2>am</f2> (skr. <skr>asmi</skr>, z. <zend>ahmi</zend>, antp. <oldp>amiy</oldp>)
non ha che il presente:

<list>
<item><f>ام</f> <f2>am</f2> <gloss>io sono</gloss></item>
<item><f>أی</f> <f2>î</f2> <gloss>tu sei</gloss></item>
<item><f>است</f> <f2>ast</f2> <gloss>egli, ella è</gloss></item>
<item><f>ايم</f> <f2>îm</f2> <gloss>noi siamo</gloss></item>
<item><f>ايد</f> <f2>îd</f2> <gloss>voi siete</gloss></item>
<item><f>اند</f> <f2>and</f2> <gloss>eglino, elleno sono</gloss></item>
</list></p>

<p>73. Questo verbo spesse volte si incorpora con la
parola che lo precede, perdendo la <f>ا</f> iniziale e ritenendo
la vocale di questa, purchè la parola antecedente termini
in consonante, come 
<list>
<item><f>مرد ام</f> <f2>mard am</f2> e <f>مردم</f> <f2>mard-am</f2>, <gloss>sono un uomo</gloss>;</item>
<item><f>پسر ای</f> <f2>pusar î</f2> e <f>پسری</f> <f2>pusar-î</f2>, <gloss>tu sei fanciullo</gloss>;</item> 
<item><f>بد است</f> <f2>bad ast</f2> e <f>بدست</f> <f2>bad-ast</f2>, <gloss>è cattivo</gloss>.</item>
</list>
Quando poi la parola antecedente termina in vocale (che
è sempre lunga), la <f>ا</f> iniziale del verbo e la sua vocale
si elidono, come in <f>داناند</f> <f2>dânâ-nd</f2>, <gloss>sono sapienti</gloss>, per
<f2>dânâ and</f2> (<f2>dânâ</f2>, <f>دانا</f>, <gloss>sapiente</gloss>); <f>اوست</f> <f2>ust</f2>, <gloss>egli è</gloss>, per
<f>او است</f></p>

<p>74. Questo verbo, unito al participio del presente,
forma un altro presente; il participio allora resta invariabile
tanto nel singolare quanto nel plurale.


<pb n="25"/>

<list>
<item><f>پرسنده ام</f> <f2>pursandah am</f2>, <gloss>io domando</gloss>.</item>
<item><f>ایپرسنده ای</f> <f2>pursandah î</f2>, <gloss>tu domandi</gloss>.</item>
<item><f>پرسنده است</f> <f2>pursandah ast</f2>, <gloss>egli, ella domanda</gloss>.</item>
<item><f>پرسنده يم</f> <f2>pursandah îm</f2>, <gloss>noi domandiamo</gloss>.</item>
<item><f>پرسنده يد</f> <f2>pursandah îd</f2>, <gloss>voi domandate</gloss>.</item>
<item><f>پرسنده اند</f> <f2>pursandah and</f2>, <gloss>eglino, elleno domandano</gloss>.</item>
</list>

Si noti che il participio precede sempre il verbo ausiliare:
pi sciita dakhshandah am, io sono donante, io dono. —
Questo verbo unito invece col participio passato forma
un trapassato attivo, cioè:

<list>
<item><f>پرسيده ام</f> <f2>pursîdah am</f2> <gloss>io ho domandato</gloss>.</item>
<item><f>پرسيده ای</f> <f2>pursîdah î</f2> <gloss>tu hai domandato</gloss>.</item>
<item><f>پرسيده است</f> <f2>pursîdah ast</f2> <gloss>egli, ella ha domandato</gloss>.</item>
<item><f>پرسيده يم</f> <f2>pursîdah îm</f2> <gloss>noi abbiam domandato</gloss>.</item>
<item><f>پرسيده يد</f> <f2>pursîdah îd</f2> <gloss>voi avete domandato</gloss>.</item>
<item><f>پرسيده اند</f> <f2>pursîdah and</f2> <gloss>eglino, elleno hanno domandato</gloss>.</item>
</list>

Anche quì il participio precede il verbo: <f>بخشيده ام</f>
<f2>bakhshîdah am</f2>, <gloss>io sono avente donato, ho donato</gloss>.
Nota.</p>

<p>Si noti che la 2a persona <f>ای</f> <f2>-î</f2>, <gloss>tu sei</gloss>, quando segue
uno di questi participi, non va scritta integralmente, ma si abbrevia
in <f2>i</f2> rappresentato nella scrittura da una hamzah <f> ً </f> (16, C) posta
dopo la <f2>h</f2> con la quale termina il participio, come: <f>پرسندهء</f> <f2>pursandah-i</f2>, <gloss>tu domandi</gloss>, <f>پرسيدهء</f> <f2>pursîdah-i</f2>, <gloss>tu hai domandato</gloss>, invece

di <f>پرسنده ای</f>, <f>پرسيده ای</f>.</p>

<p>75. Il verbo <f>بودن</f> <f2>bû-d-an</f2>, <gloss>essere</gloss>, ha due temi di
presente: <f>بوم</f> <f2>buv-am</f2> (21) e <f>باشم</f> <f2>bâsh-am</f2> (quest ultimo
è il resto di un antico futuro, cfr. il skr. <skr>bhavishyâmi</skr>, <gloss>io
sarò</gloss>, dalla rad. <skr>bhû</skr>). Il presente <f2>buv-am</f2> o <f2>bâsh-am</f2>, unito
al participio passato, forma un futuro anteriore, cioè:

<list>
<item><f>پرسيده بوم / باشم</f> <f2>pursîdah buv-am, bâsh-am</f2>, <gloss>io avrò domandato</gloss>.</item>
<item><f>پرسيده بوي / بشي</f> <f2>pursîdah buv-î, bâsh-î</f2>, <gloss>tu avrai domandato</gloss>.</item>
<item><f>پرسيده بود / باشد</f> <f2>pursîdah buv-ad, bâsh-ad,</f2>, <gloss>egli, ella avrà domandato</gloss>.</item>
<item><f>پرسيده بويم / باشيم</f>  <f2>pursîdah buv-îm, bâsh-îm, pursidah</f2>, <gloss>noi avremo domandato</gloss>.</item>
<item><f>پرسيده بويد / باشيد</f> <f2>pursîdah buv-îd, bâsh-îd</f2>, <gloss>voi avrete domandato</gloss>.</item>
<item><f>پرسيده بوند / باشند</f> <f2>pursîdah buv-and, bâsh-and</f2>, <gloss>essi avranno domandato</gloss>.</item>
</list>

<pb n="26"/></p>

<p>76. Il passato <f2>bû-d-am</f2>, unito al participio passato,
forma un piuccheperfetto, come:

<list>
<item><f>پرسيده بودم</f> <f2>pursîdah bû-d-am</f2> <gloss>io aveva domandato</gloss>.</item>
<item><f>پرسيده بودی</f> <f2>pursîdah bû-d-î</f2> <gloss>tu avevi domandato</gloss>.</item>
<item><f>پرسيده بود</f> <f2>pursîdah bû-d</f2> <gloss>egli, ella aveva domandato</gloss>.</item>
<item><f>پرسيده بوديم</f> <f2>pursîdah bû-d-îm</f2> <gloss>noi avevamo domandato</gloss>.</item>
<item><f>پرسيده بوديد</f> <f2>pursîdah bû-d-îd</f2> <gloss>voi avevate domandato</gloss>.</item>
<item><f>پرسيده بودند</f> <f2>pursîdah bû-d-and</f2> <gloss>eglino, elleno avevano domandato</gloss>.</item>
</list>

Infinito: <f>پرسيده بودن</f> <f2>pursîdah bû-d-an</f2>,  <gloss>aver domandato </gloss>.
Participio passato: <f>پرسيده بوده</f> <f2>pursîdah bû-d-ah</f2>,  <gloss>che
aveva domandato</gloss>.</p>

<p>77. L'imperativo ottativo o congiuntivo di 3a pers.
sing. di <f2>bû-d-an</f2> è <f>بواد</f> <f2>buv-âd</f2> (69), che si contrae anche
in <f>باد</f> <f2>bâd</f2> e <f>بادا</f> <f2>bâdâ</f2>, <gloss>fosse pure!</gloss> <lat>utinam!</lat>.</p>

<p>78. Il verbo <f>هستن</f> <f2>has-t-an</f2>, essere, esistere, ha il
solo tema di passato, <f2>has-t</f2>, ma con significato di presente,
come:

<list>
<item><f>هستم</f> <f2>has-t-am</f2>, <gloss>io sono</gloss>.</item>

<item><f>هستی</f> <f2>has-t-î</f2>, <gloss>tu sei</gloss>.</item>

<item><f>هس</f> <f2>has-t</f2>, <gloss>egli, ella è</gloss>.</item>

<item><f>هسيم</f> <f2>has-t-îm</f2>, <gloss>noi siamo</gloss>.</item>
<item><f>هستيد</f> <f2>has-t-îd</f2>, <gloss>voi siete</gloss>.</item>
<item><f>هستند</f> <f2>has-tand</f2>, <gloss>essi sono</gloss>.</item>
</list>
Questo verbo <f2>hastan</f2> con gli interrogativi  <f>که</f> <f2>khi</f2>, <gloss>chi?</gloss>
e <f>چه</f>, <gloss>che? che cosa?</gloss> perde la <f2>h</f2> iniziale, e le due
vocali si contraggono in <f2>î</f2>, come: <f>کيستی</f> <f2>kîstî</f2>, <gloss>chi sei?</gloss>
<f>کيستين</f>, <gloss>chi siete?</gloss> <f>چيست</f> <f2>ćist</f2>, <gloss>che è? cosa è?</gloss></p>

<p>79. Il verbo <f>شدن</f> <f2>shudan</f2> (temi: <f2>shav</f2> (21) di pres.
<f2>shu-d</f2> di pass.), <gloss>essere</gloss>, serve a formare i passivi.</p>

<p>Col
presente <f2>shav-am</f2>, <gloss>io sono</gloss>, preceduto da un participio
passato, si forma un presente passivo. Il participio passato
resta in tal caso invariabile.

<item><f>کشته شوم</f> <f2>kushtah shav-am</f2>, <gloss>io sono ucciso</gloss>.</item>
<item><f>کشته شوی</f> <f2>kushtah shav-î</f2>, <gloss>tu sei ucciso</gloss>.</item>

<item><f>کشته شود</f> <f2>kushtah shav-ad</f2>, <gloss>egli, ella è ucciso</gloss>.</item>

<item><f>کشته شويم</f> <f2>kushtah shav-îm</f2>, <gloss>siamo ucciso</gloss>.</item>
<item><f>کشته شويد</f> <f2>kushtah shav-îd</f2>, <gloss>voi siete ucciso</gloss>.</item>
<item><f>کشته شوند</f> <f2>kushtah shav-and</f2>, <gloss>eglino, elleno sono ucciso</gloss>.</item>


<pb n="27"/></p>

<p>80. Passato passivo.</p>

<p>Si forma col passato di
<f2>shudan</f2>.

<list>
<item><f>کشته شدم</f> <f2>shu-d-ant</f2>, <gloss>io fui ucciso</gloss>.</item>
<item><f>کشته شدی</f> <f2>shu-d-î</f2>, <gloss>tu fosti  ucciso</gloss>.</item>

<item><f>کشته شد</f> <f2>shu-d</f2>, <gloss>egli, ella fu ucciso</gloss>.</item>
<item><f>کشته شديم</f> <f2>shu-d-im</f2>, <gloss>noi fummo  ucciso</gloss>.</item>
<item><f>کشته شديد</f> <f2>shu-d-îd</f2>, <gloss>voi foste  ucciso</gloss>.</item>
<item><f>کشته شدند</f> <f2>shu-d-and</f2>, <gloss>essi, esse furono ucciso</gloss>.</item>
</list></p>

<p>81. Passato composto passivo:
<list>
<item><f>کشته شده بودم</f> <f2>kushtah shu-d-ah am</f2>, <gloss>io sono stato ucciso</gloss>.</item>
<item><f>کشته شده بودی</f> <f2>kushtah shu-d-ah-t (74, nota)</f2>, <gloss>tu sei stato ucciso</gloss>, ecc.</item>
</list></p>

<p>82. Piuccheperfetto passivo:

<list>
<item><f>کشته بشوم</f> <f2>kushtah shu-d-ah bûdam</f2>, <gloss>io era stato ucciso</gloss>.</item>
<item><f>کشته بشودی</f> <f2>kushtah shu-d-ah bûdî</f2>, <gloss>tu eri stato ucciso</gloss>, ecc.</item>
</list></p>

<p>83. Futuro passivo:
<list>
<item><f>کشته نشوم</f> <f2>kushtah bi-shav-am</f2>, <gloss>io sarò ucciso</gloss>.</item>
<item><f>کشته نسوی</f> <f2>kushtah bi-shav-î</f2>, <gloss>tu sarai ucciso</gloss>, ecc.</item>
</list></p>

<p>84. Futuro anteriore passivo:

<list>
<item><f>کشته بشوم</f> <f2>kushtah shudah basham</f2>, <gloss>io sarò stato ucciso</gloss>.</item>
<item><f>کشته بشوی </f> <f2>kushtah shudah béshi</f2>, <gloss>tu sarai stato ucciso</gloss>, ecc.</item>
</list></p>

<p>85. Infinito passivo:

<list>
<item><f>کشته شدن</f> <f2>kushtah shudan</f2>, <gloss>essere ucciso</gloss>.</item>
<item><f>کشته شده بودن</f> <f2>kushtah shudah bûdan</f2>, <gloss>essere stato ucciso</gloss>.</item>
</list></p>

<p>86. Imperativo passivo:

<list>
<item><f>کشته بشو</f> <f2>kushtah bi-shav</f2>, <gloss>sii ucciso</gloss>.</item>
</list></p>

<p>87. Participio passivo:
<list>
<item><f>کشته شءا</f> <f2>kushtah shavâ</f2>, <gloss>che è ucciso</gloss>.</item>
<item><f>کشته شءان</f> <f2>kushtah shavân</f2>, <gloss>che è ucciso</gloss>.</item>
<item><f>کشته شونده</f> <f2>kushtah shavandah</f2>, <gloss>che è ucciso</gloss>.</item>
<item><f>کشته شده</f> <f2>kushtah shudah</f2>, <gloss>che è stato ucciso</gloss>.</item>
</list>

<pb n="28"/></p>

<p>88. Il verbo <f>خواستن</f> <f2>khvâstan</f2>, <gloss>desiderare</gloss> (temi:
<f2>khvâh</f2> di pres. (65), <f2>khvâs-t</f2> di pass.), col tempo presente
(<f2>khvâh-am</f2>, <gloss>io desidero</gloss>), seguìto da un tema di passato
di un verbo, forma un futuro, come:

<list>
<item><f>خواهم کرد</f> <f2>khvâh-am kard</f2>, <gloss>io desidero fare, io farò</gloss>.</item>

<item><f>خواهی کرد</f> <f2>khvâh-î kard</f2>, <gloss>tu farai</gloss>.</item>
<item><f>خواهد مرد</f> <f2>khvâh-ad murd</f2>, <gloss>egli, ella morirà</gloss>.</item>
<item><f>خواهيم مرد</f> <f2>khvâh-îm murd</f2>, <gloss>noi moriremo</gloss>.</item>
<item><f>خواهيد رفت</f> <f2>khvâh-îd raft</f2>, <gloss>voi andrete</gloss>.</item>
<item><f>خواهيد رفت</f> <f2>khvâh-and raft</f2>, <gloss>eglino, elleno andranno</gloss>.</item>
</list>

Questo verbo <f2>khvâstan</f2>, al tempo passato, con un tema
di passato di qualunque verbo, forma una specie di
condizionale:

<list>
<item><f>خواستم برد</f> <f2>khvas-tam burd</f2>, <gloss>io porterei</gloss>.</item>
<item><f>خواستی برد</f> <f2>khvas-t-î burd</f2>, <gloss>tu porteresti</gloss>.</item>
<item><f>خواست برد</f> <f2>khvàs-t burd</f2>, <gloss>egli porterebbe</gloss>, ecc.</item> 
</list></p>

<p>89. Questo verbo forma ancora due futuri passivi:

<list>
<item><f>برده خواهم شد</f> <f2>burdah khvâham shud</f2>, <gloss>io sarò portato</gloss>, ecc.</item>
<item><f>برده خواستم شد</f> <f2>burdah khvâstam shud</f2>, <gloss>io sarò stato
portatoporterebbe</gloss>, ecc.</item>
</list>

Quest’ ultima forma è pochissimo usata, e da alcune
Grammatiche non si ricorda.</p></div>

<div><head>V.  VERBI DERIVATI.</head>
<p>90. Alcuni verbi <term>intransitivi</term> diventano <term>transitivi</term>
aggiungendo al tema di presente la sillaba <f2>-ân</f2>; da <f2>-ras</f2>,
<gloss>giungere</gloss>, avremo quindi <f2>ras-ân</f2>, e<gloss>far giungere, condurre,
restituire, portaree</gloss>, ecc.- A questo tema <f2>rasân</f2>, che è
tema di presente, si aggiungono le desinenze del presente.
Avremo quindi:


<pb n="29"/>


Intransitivo: Transitivo derivato:
<list>
<item><f>رسم</f> <f2>ras-am</f2> <gloss>io giungo</gloss>, ecc.</item> 
<item><f>رسانم</f> <f2>ras-ân-am</f2> <gloss>io conduco</gloss>, ecc.</item> 

<item><f>تسی</f> <f2>ras-î</f2> <gloss>tu giungi</gloss></item> 
<item><f>رسانی</f> <f2>ras-ân-î</f2> <gloss>tu conduci</gloss></item>


<item><f>رسد</f> <f2>ras-ad</f2> <gloss>egli, ella giunge</gloss></item>
<item><f>رساند</f> <f2>ras-ân-ad</f2> <gloss>egli, ella conduce</gloss></item>

<item><f>رسيم</f> <f2>ras-îm</f2> <gloss>noi giungiamo</gloss></item> 
<item><f>رسانيم</f> <f2>ras-ân-îm</f2> <gloss>noi conduciamo</gloss></item>

<item><f>رسيد</f> <f2>ras-îd</f2> <gloss>voi giungete</gloss></item> 
<item><f>رسسانيد</f> <f2>ras-ân-id</f2> <gloss>voi conducete</gloss></item>


<item><f>رسند</f> <f2>ras-and</f2> <gloss>eglino, elleno giungono</gloss></item> 
<item><f>رساند</f> <f2>ras-ân-and</f2> <gloss>eglino, elleno conducono</gloss></item>
</list>

Con lo stesso metodo si forma il futuro <f>برسانم</f> <f2>bi-ras-ân-am</f2>, ecc.; l'imperativo <f>برسان</f> <f2>bi-ras-ân</f2>, il partic. pres.
<f>رساننده</f>, <f2>ras-ân-andah</f2>.</p>

<p>91. Per formare il tema di passato di questi verbi,
al tema di presente si unisce il suffisso <f2>t</f2> per mezzo di
un <f2>î</f2> (46), e il <f2>t</f2> allora si muta in <f2>d</f2> (23); dal tema
quindi <f2>rasân</f2> avremo il tema di passato <f2>rasân-î-d</f2>:

Intransitivo : Transitivo derivato:
<list>
<item><f>رسيدم</f> <f2>ras-î-d-am</f2> <gloss>io giunsi</gloss>, ecc. </item>
<item><f>رسانيدم</f> <f2>ras-ân-î-d-am</f2> <gloss>io condussi</gloss>, ecc.</item>


<item><f>راسيدی</f> <f2>ras-î-d-î</f2>.</item> 
<item><f>رسانيدی</f> <f2>ras-ân-î-d-î</f2>.</item> 

<item><f>رسيد</f> <f2>ras-î-d</f2>.</item> 
<item><f>رسانيد</f> <f2>ras-ân-î-d</f2>.</item> 


<item><f>رسيديم</f> <f2>ras-î-d-îm</f2>.</item> 
<item><f>رسانيديم</f> <f2>ras-ân-î-d-îm</f2>.</item> 

<item><f>رسيديد</f> <f2>ras-î-d-îd</f2>.</item>  
<item><f>رسانيديد</f> <f2>ras-ân-î-d-îd</f2>.</item> 

<item><f>رسيدند</f> <f2>ras-î-d-and</f2>.</item> 
<item><f>رسيانيدند</f> <f2>ras-ân-î-d-and</f2>.</item> 
</list>

Infinito <f>رسانيدن</f> <f2>ras-ân-î-d-an</f2>; partic. passato <f>رسانيده</f> <f2>ras-ân-î-d-ah</f2>.</p>

<p>92. Le preposizioni preposte ai verbi, come in san-
scrito, zendo, greco e latino, ne modificano il significato.
Nel vocabolario però questi verbi derivati vanno tutti
cercati sotto il semplice verbo, non preceduto da alcuna
preposizione, come si usa nei vocabolarii zendi e sanscriti.
Eccone alcuni esempi: 
Tema di pres. <f2>â</f2>, <gloss>venire</gloss>, pres. 
<f2>â-y-am</f2>, pass. <f2>âmadam</f2> (68):
<list>
<item><f>اندرآ</f> <f2>andar</f2> (<gloss>dentro</gloss>) <f2>â</f2>, <gloss>entrare</gloss>, <f2>andar âyam</f2>, <gloss>io entro</gloss>.</item>

<item><f>بازآ</f> <f2>bâz</f2> (<gloss>indietro</gloss>) <f2>â</f2>, <gloss>ritornare</gloss>, <f2>bâz âyam</f2>, <gloss>io ritorno</gloss>.</item>

<item><f>برآ</f> <f2>bar</f2> (<gloss>sopra</gloss>) <f2>â</f2>, <gloss>sopravvenire</gloss>, <f2>bar âyam</f2>, <gloss>io sopravvengo</gloss>.</item>


<pb n="30"/>


<item><f>بيرون آ</f> <f2>bîrûn</f2> (<gloss>fuori</gloss>) <f2>â</f2>, <gloss>uscire</gloss>, <f2>bîrûn âyam</f2>, <gloss>io esco</gloss>.</item>
<item><f>پيش آ</f> <f2>pîsh</f2> (<gloss>innanzi</gloss>) <f2>â</f2>, <gloss>accostarsi</gloss>, <f2>pîsh âyam</f2>, <gloss>io mi accosto</gloss>.</item>
<item><f>در آ</f> <f2>dar</f2> (<gloss>dentro</gloss>) <f2>â</f2>, <gloss>entrare</gloss>, <f2>dar âyam</f2>, <gloss>io entro</gloss>.</item>

<item><f>فرود آ</f> <f2>furûd</f2> (<gloss>giù</gloss>) <f2>â</f2>, <gloss>discendere</gloss>, <f2>furûd âyam</f2>, <gloss>io discendo</gloss>.</item>
</list>

Tema di pres. <f2>dâr</f2>, <f2>avere</f2>, pres. <f2>dâr-am</f2>, pass. <f2>dâsh-t-am</f2> (66):
<list>
<item><f>باز دار</f> <f2>bâz</f2> (<gloss>indietro</gloss>) <f2>dâr</f2>, <gloss>ritenere, ritirare</gloss>, <f2>bâz daram</f2>, <gloss>io ritengo</gloss>.</item>

<item><f>بر دار</f> <f2>bar</f2> (<gloss>sopra</gloss>) <f2>dâr</f2>, <gloss>levare, portar via</gloss>, <f2>bar dâram</f2>, <gloss>io porto via</gloss>.</item>

<item><f>فرو دار</f> <f2>furû</f2> (<gloss>giù</gloss>) <f2>dâr</f2>, <gloss>calare, mandar giù</gloss>, <f2>furû dâram</f2>, <gloss>io mando giù</gloss>, ecc.</item>
</list>

Nora.</p>

<p>Vi sono inoltre molti verbi composti di preposizioni
le quali, nel neo-persiano, non hanno più alcun significato, perchè
esse si sono tanto incorporate col verbo che verbo e preposizione
sembrano essere una sola parola. Tali preposizioni si riconoscono
soltanto dal confronto col zendo e col sanscrito e col persiano
antico dei Cuneiformi, nelle quali lingue tali preposizioni sono ancora
vive. Eccone alcuni esempi in alcuni temi di presente:

<list>
<item><f>آور</f> <f2>âvar</f2>, <gloss>portare</gloss>, cioè <f2>â-var</f2>, z. <zend>â-bar</zend>, skr. <skr>â-bhri</skr>.</item>
<item><f>فرما</f> <f2>farmâ</f2>, <gloss>comandare</gloss>, z. <zend>fra-mâ</zend>, skr. <skr>pra-mâ</skr>.</item>
<item><f>نويس</f> <f2>nuvîs</f2>, <gloss>scrivere</gloss>, antp. <oldp>ni-pis</oldp> (polacco pis-mo, scrittura).</item>
<item><f>پيما</f> <f2>paymâ</f2>, <gloss>misurare</gloss>, pehlev. <pehl>pat-mâ</pehl>, z. <zend>paiti-mâ</zend> (non usato), skr. <skr>prati-mâ</skr>.</item>
<item><f>آمرز</f> <f2>âmurz</f2>, <gloss>cancellare, perdonare</gloss>, z. <zend>â-marez</zend>, skr. <skr>â-mriǵ</skr>.</item>
<item><f>نشست</f> <f2>nishast</f2> (tema di pass.) <gloss>sedere</gloss>, z. <zend>zis-had</zend>, skr. <skr>mis-sad</skr>, ecc.</item>
</list></p></div>

<div><head>VI. IMPERSONALI.</head>

<p>93. I verbi impersonali sono due: <f>با</f>, <f2>bâ</f2> (tema di
pres.), <f>بايست</f>, <f2>bâ-y-i-s-t</f2> (tema di pass.), <gloss>esser necessario</gloss>,

e <f>شا</f>, <f2>shâ</f2> (tema di pres), <f>شايست</f>, <f2>shâ-y-i-s-t</f2> (tema di
pass.), <gloss>esser possibile</gloss> (48, 53). Essi si costruiscono con


<pb n="31"/>


altri verbi al tema del passato che resta invariabile,
come: <f>بايد مرد</f>, <f2>bâyad murd</f2>, <gloss>convien morire</gloss>; <f>شايد آمد</f>, <f2>shâyad âmad</f2>, <gloss>è possibile che venga</gloss>. Si possono anche
costruire coi nomi, e allora il verbo che dipende da essi,
va posto nel tempo e nella persona voluti dal senso,
come in <f>شايد مرد من آيد</f>, <f2>shâyad mard mî</f2>  (particella, 96)
<f2>âyad</f2>, <gloss>è possibile che l'uomo venga</gloss>; <f>بايد مرد مي رود</f>
<f2>bâyad mard mî ravad</f2>, è necessario che quell’ uomo vada.</p></div>

<div><head>VII. PARTICELLE PREPOSTE AL VERBO.</head>

<p>94. Le particelle <f2>bi-</f2>, <f2>mî</f2>, <f2>hamî</f2>, <f2>nah</f2>, <f2>na-</f2>, <f2>mah</f2>, <f2>ma-</f2>
si prepongono al verbo.</p>

<p>95. La particella <f2>bi-</f2> si premette al futuro (40) e
all’ imperativo (42). Preposta invece al passato, indica
un’ azione che accadeva in un tempo passato, come in
<f>بگفتم</f> <f2>bi-guftam</f2> (tema di pres. <f>گو</f> <f2>gû</f2>), <gloss>io dissi, io dissi
allora, io diceva allora</gloss>.</p>

<p>96. Le particelle <f2>mî</f2> e <f2>hamî</f2>, la prima delle quali è
un abbreviamento della seconda, danno al verbo un
significato di continuità; <f>می پرسم</f> <f2>mî pursam</f2> e <f>همی پرسم</f>
<f2>hamî pursam</f2>, <gloss>io domando, io sto domandando</gloss>; <f>می پرسيدم</f>
<f2>mi pursîdam</f2> e <f>همی پرسيدم</f> <f2>hamî pursîdam</f2>, <gloss>io domandava,
io stava domandando</gloss>.</p>

<p>97. La particella <f2>nah</f2> o <f2>na-</f2> esprime la negazione
<f2>non</f2>. Nella seconda forma (<f2>na-</f2>) si incorpora col verbo,
trovandosi por è <f>نه کردم</f> <f2>nah kardam</f2>, e anche <f>نکردم</f> <f2>na-kardam</f2>,
<gloss>io non ho fatto</gloss>. Col verbo <f>هستن</f> <f2>hastan</f2>, <gloss>essere</gloss> (78),
essa perde la <f2>h</f2> finale e il verbo la <f2>h</f2> iniziale, contraendosi le vocali in <f2>î</f2>, come: <f>نيست</f> <f2>nîst</f2>, per <f>نه هست</f>
<f2>nah hast</f2>, <gloss>egli non è</gloss>; <f>نيستيم</f> <f2>nîstîm</f2>, per <f>نه هستيم</f> <f2>nah hastîm</f2>, <gloss>non siamo</gloss>.


<pb n="32"/></p>

<p>98. La particella <f2>mah</f2> o <f2>ma-</f2> si prepone soltanto
agli imperativi che prendono così un significato <term>proibitivo</term>
(z.  <zend>mâ</zend> antp.  <oldp>mâ</oldp> skr. <skr>mâ</skr>, gr. <grc>μὴ</grc>), come: <f>مه پرس</f> <f2>mah purs</f2>, e
<f>مپرس</f> <f2>ma-purs</f2>, <gloss>non domandare</gloss>.</p>
<p>L’imperativo-ottativo
di <f2>bûdan</f2>, <f>بودن</f>, che è <f>باد</f> <f2>bâd</f2> e <f>بادا</f> <f2>bâdâ</f2> (77), con
questa particella <f2>ma-</f2> esprime: <gloss>non avvenga che</gloss>, nella
forma di <f>مباد</f> <f2>ma-bâd</f2>, o <f>مبادا</f> <f2>ma-bâdâ</f2>. Segue sempre
in tal caso la particella <f>که</f> <f2>kih</f2>, <gloss>che, come</gloss>: 
<f>
برو مبادا که شوی تء برسد
</f>
<f2>bi-rav ma-bâdâ kih shûy i</f2> (segno del
genitivo, 109) <f2>tû bi-rasad</f2>; <gloss>va, non avvenga che giunga
il tuo sposo</gloss>.</p>
</div>

</div>
<div><head>B. DEL NOME.</head>

<div><head>VIII. DEL GENERE.</head>
<p>99. La lingua persiana non ha distinzione di genere,
ma per lo più esprime il maschile e il femminile con
parole diverse: <f>فرزند</f> <f2>farzand</f2>, <gloss>figlio</gloss>; <f>دختر</f> <f2>dukhtar</f2>, <gloss>figlia</gloss>;

<f>پسر</f> <f2>pusar</f2>, <gloss>fanciullo</gloss>; <f>کنيز</f> <f2>kanîz</f2>, <gloss>fanciulla</gloss>; <f>اسپ</f> <f2>asp</f2>,
<gloss>cavallo</gloss>; <f>ماديان</f> <f2>mâdiyân</f2>, <f2>cavalla</f2>.</p>


<p>100. Talvolta, per denotare il sesso, dopo il nome

comune si suol porre l’altro nome <f>نر</f> <f2>nar</f2>, o <f>نرّ</f> <f2>narr</f2>,
<gloss>maschio</gloss>, o <f>ماده</f> <f2>mâdah</f2>, <gloss>femmina</gloss>, come in <f>شير نر</f> <f2>shir i
(114) nar</f2>, <gloss>leone</gloss>, e <f>شير ماده</f> <f2>shîr i (114) mâdah</f2>, <gloss>leone femmina, leonessa</gloss>.</p>

<p>Nota.</p>

<p>Si noti che talvolta alcuni participii passivi arabi
uniti a nomi femminili prendono la terminazione araba del femminile
<f>ه</f> <f2>ah</f2> (propriam. in arabo <foreign xml:lang="ara">ة</foreign> <foreign xml:lang="arax">at</foreign>), come: <f>مذکور</f> <f2>madhkûr</f2> ar. <gloss>ricordato</gloss>, masc., donde <f>مذکوره</f> <f2>madhkûrah</f2>, ar. <gloss>ricordata</gloss>, femm.</p>

<p>Questa
maniera però è dei libri della tarda età della Letteratura persiana.</p>
</div>

<pb n="33"/>
<div><head>IX. DEL NUMERO.</head>

<p>101. I numeri sono due, <term>singolare</term> e <term>plurale</term>. Il primo
non ha terminazione propria, il secondo ne ha due, una
per gli <term>esseri animati</term>, l'altra per gli <term>esseri inanimati</term>.</p>


<p>102. Per gli esseri animati la desinenza plurale è
<f2>-ân</f2>, avremo quindi: 
<list>
<item>sg. <f>پادشاه</f> <f2>pâdishâh</f2>, <gloss>re</gloss></item>
<item>pl. <f>پادشاهان</f> <f2>padishâh-ân</f2>, <gloss>i re</gloss>.</item>
<item>pl. <f>گرگ</f> <f2>gurg</f2> <gloss>lupo</gloss>.</item>
<item>pl. <f>گرگان</f> <f2>gurg-ân</f2> <gloss>i lupi</gloss></item>
<item>sg. <f>مرغ</f> <f2>murgh</f2> <gloss>uccello</gloss>.</item>
<item>pl. <f>مرغان</f> <f2>murgh-ân</f2> <gloss>uccelli</gloss>.</item>

</list>

Se il nome termina in <f2>-â</f2> o in <f2>-û</f2>, tra queste vocali e la
desinenza <f2>-ân</f2> si suol porre una <f2>y</f2> (21), come: 

<list>
<item><f>دنا</f> <f2>dânâ</f2>, <gloss>sg. sapiente</gloss>.</item>
<item><f>دانايان</f> <f2>dânâ-y-ân</f2>, <gloss>pl. sapienti</gloss>.</item>
<item><f>آهو</f> <f2>âhû</f2>, <gloss>sg. gazella</gloss>.</item>
<item><f>آهويان</f> <f2>âhû-y-ân</f2>, <gloss>pl. gazelle</gloss> (raramente <f>آهوان</f> <f2>âhuv-ân</f2>, 21).</item>
</list>

Si eccettua il nome <f>نيا</f> <f2>niyâ</f2>, <gloss>avo</gloss>, che al plur. <f>نياگان</f> <f2>niyâg-ân</f2>, conservando l’antico <f2>g</f2> col quale terminava il
nome al singolare, cfr. z. <zend>nyâka</zend>  e antp. <oldp>nyâka</oldp> e pehlev. <pehl>nyâk</pehl>, <gloss>avo</gloss>.</p>

<p>I nomi che terminano in <f2>-î</f2>, dinanzi alla desinenza
<f2>-ân</f2> risolvono questo <f2>-î</f2> in <f2>-iy</f2> (20), come <f>پارسي</f>
<f2>pârsi</f2>, <gloss>sg. persiano</gloss>, 
<f>پارسيان</f> <f2>pârsiy-ân</f2>, <gloss>pl. persiani</gloss>.</p>

<p>Se il nome termina

in <f2>-ah</f2>, l'<f2>h</f2> finale mutasi in <f2>g</f2> (32); sing. <f>مرده</f> <f2>murdah</f2>, <gloss>morto</gloss>,  
<f>مردگان</f> <f2>murdag-ân</f2>, <gloss>pl. i morti</gloss>.</p>

<p>Il nome 
<f>سال</f> <f2>sâl</f2>, <gloss>anno</gloss>, ha un pl. irreg. <f>ساليان</f> <f2>saliy-ân</f2>.</p>


<p>103. Per gli esseri inanimati la desinenza del plurale
è <f2>hâ</f2>, donde avremo <f>شهر</f> <f2>shahr</f2>, <gloss>città</gloss>, plur. <f>شهرها</f> <f2>shahr-hâ</f2>.</p>

<p>I nomi che al singolare terminano in <f2>ah</f2>, contraggono l'<f2>h</f2> di questa terminazione con l’<f2>h</f2> iniziale di <f2>hâ</f2>, o
meglio la prima <f2>h</f2> sparisce dinanzi alla seconda;
<f>جامه</f>, <gloss>veste</gloss>, pl. <f>جامها</f> <f2>ǵâm-hâ</f2>, benchè si trovi anche
<f>جامها</f> <f2>ǵâmah-hâ</f2>.</p>


<p>104. Si noti che queste terminazioni <f2>-ân</f2> ed <f2>-hâ</f2> non
si usano sempre regolarmente, trovandosi da <f>اسپ</f> <f2>asp</f2>,
<gloss>cavallo</gloss>, i plurali <f>اسپان</f> <f2>asp-ân</f2>, e <f>اسپها</f> <f2>asp-hâ</f2>; da 
<f>درخت</f> <f2>dirakht</f2>, <gloss>albero</gloss>, i  plurali <f>درختها</f> <f2>dirakht-hâ</f2>, e <f>درختان</f> <f2>dirakht-ân</f2>.


<pb n="34"/></p>


<p>105. Nei libri di assai tarda età si trova anche
una desinenza per i nomi collettivi che è <f2>-ât</f2>, come in
<f>زيور</f> <f2>zîvar</f2>, <gloss>ornamento</gloss>, coll. <f>زيورات</f> <f2>zivar-ât</f2>. Se il nome
termina in <f2>ah</f2>, l'<f2>h</f2> di questa terminazione innanzi alla
desinenza <f2>ât</f2> mutasi in <f2>ǵ</f2> (32), come in <f>نامه</f> <f2>nâmah</f2>, <gloss>libro</gloss>,
coll. <f>نامخات</f> <f2>nâmaǵ-ât</f2>, e <f>قلعه</f> <f2>ḳal'ah</f2> (arabo), <gloss>rocca</gloss>, coll.
<f>قلعجات</f> <f2>ḳal'aǵ-ât</f2>.</p>

<p>Questa desinenza <f2>-ât</f2> è di origine
semitica; cfr. le desinenze femminili plurali semitiche
ebr. <heb>ôth</heb>, cald. <cald>âth</cald>, sir. <syr>oth</syr>, ar. <arab>-ât</arab>, e GARCIN DE TASSY, Grammaire Persane, p. 25.</p>


<p>106. Talvolta i nomi plurali prendono il verbo al
singolare, come p. e. in <f>سالهاست</f> <f2>sâl-hâ-st</f2>, sono anni
(alla lettera: anni è, <f2>sâl</f2>, <gloss>anno</gloss>). I nomi al singolare, ma
con significato collettivo, prendono talvolta il verbo al

plurale, come: <f>لشکر آمدند</f> <f2>lashkar âmadand</f2>, <gloss>l'esercito
venne</gloss> (alla lettera: <gloss>vennero</gloss>).
</p>
</div> 
<div><head>X. DEI CASI</head>


<p>107. Il nominativo non ha terminazione.</p>


<p>108. Il vocativo ha la desinenza <f2>-â</f2>; <f>شاها</f> <f2>shâh-â</f2>,
<gloss>o re!</gloss>, da <f>شاه</f> <f2>shâh</f2>, <gloss>re</gloss>. Più spesso si esprime con la particella <f>ای</f> <f2>ay</f2>, <gloss>o</gloss>; <f>ای پدر</f> <f2>ay padar</f2>, <gloss>padre!</gloss></p>


<p>109. Il genitivo si esprime con la vocale <f2>i</f2> fra i due
sostantivi (reggente e retto), come in <f>شاهِ جهان</f> <f2>shâh i ǵihân</f2>,
<gloss>re del mondo</gloss>. Se il nome termina in <f2>â</f2> o <f2>û</f2>, tra
queste vocali e la <f2>i</f2> si frappone un <f2>y</f2>, come 
<f>دانایِ چين</f> <f2>dânây i ćin</f2>, <gloss>un sapiente di Cina</gloss>, da <f>دانا</f> <f2>dânâ</f2>, <gloss>sapiente</gloss>;
<f>باجوی پهلوان</f> <f2>bâzûy i pahlavân</f2>, <gloss>braccio di un eroe</gloss>, da 
<f>بازو</f> <f2>bâzû</f2>, <gloss>braccio</gloss>. Se il nome termina in <f2>-ah</f2>, questa <f2>i</f2> del
genitivo è segnata dalla hamzah <f>ء</f> (16, c), come 
<f>نامهء خدا</f> <f2>nâmah i khudâ</f2>, <gloss>libro di Dio</gloss>, da <f>نامه</f> <f2>nâmah</f2>, <gloss>libro</gloss>. —

Nei testi persiani che non hanno, come è generalmente,
le vocali, questa <f2>i</f2> del genitivo non si nota mai, eccetto


<pb n="35"/>


nei casi dubbi, lasciando alla pratica del lettore l’indovinarla.</p>

<p>NOTA.</p>

<p>Sull’origine di questa <f2>i</f2> che lo Spiegel dice essere un
resto del pronome relativo <zend>ya</zend> zendo (come in <zend>mithrô yô vourugaoyaoitis</zend>,
<gloss>Mithra che ha ampi pascoli</gloss>, <zend>yasht</zend> X, 1), vedi: SPIEGEL, Grammatik
der Parsisprache, p. 52. i</p>


<p>110. Il dativo si indica con la particella <f2>bih</f2>, <f2>bi-</f2> preposta al nome, come in<f>بمرد</f> <f2>bi-mard</f2>, all’ uomo, da 
<f>مرد</f> <f2>mard</f2>, <gloss>uomo</gloss>. Talvolta esso prende la desinenza <f2>ra</f2>, come:
<f>مردرا</f> <f2>mard râ</f2>, <gloss>all’ uomo</gloss>.</p>


<p>111. L’accusativo prende la particella <f2>râ</f2>, come:
<f>پادشاه را ديدم</f> <f2>pâdishâh râ dîdam</f2>, <gloss>io vidi il re</gloss>. Talvolta
al nome si prepone la particella <f2>mar</f2>, come 
<f>مر شاه</f> <f2>mar shah</f2>, <lat>regem</lat>. Se vanno in accusativo più nomi dipendenti
dallo stesso verbo, il <f2>râ</f2> si mette dopo l’ultimo nome,
come: <f>اسپ وخر و گاو را ربودند</f> <f2>asp u khar u gâv râ rubûdand</f2>, <gloss>rubarono un cavallo e un asino e un bue</gloss>.
Se il nome in acc. è seguito da un altro in genitivo, il
<f2>râ</f2> si mette dopo quest’ ultimo, come: 
<f>فرزندانِ پادشاه را ديدم</f> <f2>farzandân i pâdishâh râ dîdam</f2>, <gloss>ho visti i figli del re</gloss>.</p>


<p>112. L’ablativo si esprime colla preposizione <f>از</f> <f2>az</f2>
o <f>زِ</f> <f2>zi-</f2>, <gloss>da</gloss>, come p. e. <f>شهر</f> <f2>shahr</f2>, <gloss>città</gloss>, abl. <f>از شهر</f> <f2>az 

shahr</f2>, <f>زشهر</f> <f2>zi-shahr</f2>, <gloss>dalla città</gloss>.</p></div>

<div><head>XI. DELL'ARTICOLO.</head>


<p>113. La lingua persiana non ha che l'articolo
indeterminato <f2>î</f2> che si pospone ai nomi, come <f>مرد</f> <f2>mard</f2>,
<gloss>uomo</gloss>, <f>مردی</f> <gloss>mard-î</gloss>, <gloss>un uomo</gloss>.</p>
<p>I nomi <f>روز</f> <f2>rûz</f2>, <gloss>giorno</gloss>,
<f>شب</f> <f2>shab</f2>, <gloss>notte</gloss>, con l'articolo indeterminato hanno un
significato avverbiale, <f>روزي</f> <f2>rûz-î</f2> un giorno, in un giorno,
<lat>die quadam</lat>; <f>شبی</f> <f2>shab-î</f2>, <gloss>una notte, in una notte</gloss>, <lat>quadam nocte</lat>.

</p></div>

<pb n="36"/>

<div>        
<head>XII. DELL’ AGGETTIVO.</head>

<p>114. Gli aggettivi si considerano come nomi e si
uniscono ai sostantivi che essi qualificano, con un <f2>i</f2>, come
si fa dei nomi in genitivo (109), come p. e. 

<f>پادشاهِ بزرگ</f> <f2>pâdishâh i buzurg</f2>, <gloss>re grande</gloss>; <f>پهلوانِ دلير</f> <f2>pahlavân i dilîr</f2>, <gloss>eroe coraggioso</gloss>. </p>
<p>Gli aggettivi si usano al plurale
solo quando abbiano significato di nomi, come p. e:
<f>دانايان</f> <f2>dânâ-y-ân</f2> (102), <gloss>i sapienti, gli uomini sapienti</gloss>.
dal sing. <f2>dânâ</f2>.</p>

<p>Quando invece essi fanno veramente
da aggettivi e il nome, che essi qualificano, è in plurale,
restano sempre invariabili, come in 
<f>جوانانِ خردمند</f> <f2>ǵuvânân i (plur. di <f2>ǵuvân</f2>, <gloss>giovane</gloss>) khiradmand</f2>, <gloss>i giovani prudenti</gloss>.</p>


<p>115. Il comparativo si forma col suffisso <f2>-tar</f2> (z. <zend>tara</zend>
antp. <oldp>tara</oldp> skr. <skr>tara</skr>, gr. <grc>τερο-</grc>), come: <f>جوب</f> <f2>khûb</f2>, <gloss>bello</gloss>, comp.
<f>خوبتر</f> <f2>khûb-tar</f2>, <gloss>più bello</gloss>. L'aggettivo <f>بد</f> <f2>bad</f2>, <gloss>cattivo</gloss>; al

comp. per assimilazione delle due dentali, fa <f>بتّر</f> <f2>battar</f2>
e talvolta anche <f>بتر</f> <f2>batar</f2> (VULLERS, lex. pers. s. v.) invece
del regolare <f>بدتر</f> <f2>bad-tar</f2>.</p>


<p>Il superlativo termina in
<f2>-tarîn</f2>, <f>خوبترين</f> <f2>khûb-tarîn</f2>, <gloss>bellissimo</gloss>.</p>


<p>116. Nelle comparazioni il comparativo prende

dopo di sè la preposizione <f>از</f> <f2>az</f2>, come: 
<f>بزرگتر از دارا</f> <f2>buzurg-tar az Dârâ</f2>, <gloss>più grande di Dario</gloss>. Talvolta

invece di <f>از</f> <f2>az</f2> si pone <f>که</f> <f2>kih</f2>, <gloss>che</gloss>.</p>


<p>117. Il superlativo relativo prende dopo di sè o la
preposizione <f>از</f> <f2>az</f2> o la vocale <f2>i</f2> del genitivo (109),
come: <f>بزرگترين از مردان</f> <f2>buzurg-tarîn az mardân</f2>, <gloss>il più
grande degli uomini</gloss>; <f>توانگرترينِ شاهان</f> <f2>tuvângar-tarîn i shâhân</f2>, <gloss>il più potente dei re</gloss>.</p>
</div>


<pb n="37"/>


<div><head>XIII. DEL PRONOME PERSONALE.</head>

<p>118. Pronomi personali sono i seguenti:

<list>
<item><f>من</f> <f2>man</f2>, <gloss>io</gloss>.</item>
<item><f>تو</f> <f2>tû</f2>, <gloss>tu</gloss>.</item>


<item><f>او، اوی، ءی</f> <f2>û, ûy, vay</f2> <gloss>egli, ella</gloss></item>
<item><f>ما مايان </f> <f2>mâ, mâyân</f2>, <gloss>noi</gloss>.</item>
<item><f>شما شمايان</f> <f2>shumâ, shumâyân</f2>, <gloss>voi</gloss>.</item>
<item><f>ايشان</f> <f2>îshan</f2>, <gloss>eglino, elleno</gloss>.</item>

</list>
Di questi pronomi le forme <f>مايان</f> <f2>mâyân</f2>, <gloss>noi</gloss>, e 
<f>شمايان</f> <f2>shumâyân</f2>, <gloss>voi</gloss>, sono usate assai raramente. </p>


<p>119. Il dativo si esprime con la particella <f2>bih</f2>, <f2>bi-</f2>
cioè: <f>بمن</f> <f2>bi-man</f2>, a me; <f>بتو</f> <f2>bi-tu</f2>, <gloss>a te</gloss>. I pronomi di
3a pers. sing. e pl. <f2>û</f2> ed <f2>îshân</f2> prendono dopo la particella
<f2>bi-</f2> un <f2>d</f2>, cioè <f>بدو</f> <f2>bi-d-û</f2>, <gloss>a lui</gloss>; <f>بديشان</f> <f2>bi-d-îshân</f2>, <gloss>a loro</gloss>.</p>


<p>120. L’ablativo si fa con <f2>az</f2> o <f2>zi-</f2>, <gloss>da</gloss>, come: 
    <list>

        <item><f>از من</f> <f2>az man</f2>, <f>زمن</f> <f2>zi-man</f2>, <gloss>da me</gloss>;</item>
        <item> <f>از ما</f> <f2>az mâ</f2>, <f>زما</f> <f2>zi-mâ</f2>, <gloss>da noi</gloss>.</item>
    </list>
</p>


<p>121. L’accusativo prende la particella <f2>râ</f2>, cioè 
    <list>
        <item><f>او را</f> <f2>û râ</f2>, <gloss>lui, lei</gloss>, <lat>eum, eam</lat>; </item>
        <item><f>ايشان را</f> <f2>îshân-râ</f2>, <lat>eos, eas</lat>;</item>
        <item><f>شمارا</f> <f2>shumâ râ</f2>, <gloss>voi</gloss>.</item>
        <item></item>
    </list>
 
I pronomi <f2>man</f2> e <f2>tû</f2> dinanzi al <f2>râ</f2> si
abbreviano in <f2>ma-</f2>, 
<list>
    <item><f2>tu-</f2>, <f>مرا</f> <f2>ma-râ</f2>, <gloss>me</gloss>;</item>
    <item><f>ترا</f> <f2>tu-râ</f2>, <gloss>te</gloss>.</item>
</list>
  Questo
<f2>râ</f2> serve anche per il dativo.</p>


<p>122. Quando questi pronomi sono in genitivo, essi
vanno aggiunti al nome, da cui dipendono, con la vocale
<f2>i</f2>, come: 
<list>
    <item><f>سگِ من</f> <f2>sag i man</f2>, <gloss>il cane di me, il mio cane</gloss></item>
</list>


(vedi: <term>Pronomi possessivi</term>).</p></div>

<div><head>XIV. DEI PRONOMI POSSESSIVI.</head>


<p>123. I pronomi possessivi si esprimono ponendo in
genitivo il pronome personale per mezzo della vocale <f2>i</f2>
(109) immediatamente dietro al nome reggente, come:

<list>
    <item><f>پدرِ من</f> <f2>padar i man</f2>, <gloss>padre di me, padre mio</gloss>;</item>
    <item><f>خانهءِ شما</f> <f2>khânah i shumâ</f2>, <gloss>casa di voi, casa vostra</gloss>;</item>
    <item><f>فرزندانِ من</f>
        <f2>farzandân i mâ</f2>, <gloss>i figli nostri</gloss>;</item>
    <item><f>بندگانِ ايشان</f> <f2>bandagân (plur. di <f2>bandah</f2>, 102) i îshân</f2>, <gloss>servi di loro, loro servi</gloss>;</item>
    <item><f>درختهای ما</f> <f2>dirakhthây i (109) mâ</f2>, <gloss>i nostri alberi</gloss>.</item>
</list>
 
  
<pb n="38"/>
 Si
possono anche aggiungere al nome i seguenti suffissi:

<list>
<item><f>م</f> <f2>-am</f2>, <gloss>mio</gloss>. <f>پدرم</f> <f2>padar-am</f2>, <gloss>padre mio</gloss>.</item>
<item><f>ت</f> <f2>-at</f2>, <gloss>tuo</gloss>.  <f>مادرت</f> <f2>mâdar-at</f2> , <gloss>madre tua</gloss>.</item>
<item><f>ش</f> <f2>-ash</f2>, <gloss>suo</gloss>. <f>برادرش</f> <f2>birâdar-ash</f2>, <gloss>fratello suo</gloss>.</item>

<item><f>مان</f> <f2>-imân</f2>, <gloss>nostro</gloss>. <f>خواهرمان</f> <f2>khvâhar-imân</f2>, <gloss>sorella nostra</gloss>.</item>
<item><f>تان</f> <f2>-itân</f2>, <gloss>vostro</gloss>, <f>سگتان</f> <f2>sag-itân</f2>, <gloss>cane vostro</gloss>.</item>

<item><f>شان</f> <f2>-ishân</f2>, <gloss>loro</gloss>, <f>گاوشان</f> <f2>gâv-ishân</f2>, <gloss>bue loro</gloss>.</item>
</list>

Come si vede dagli esempi addotti, non si fa alcuna
distinzione fra il genere dei nomi; i suffissi suddetti servono
per l'uno e per l'altro genere.</p>


<p>124. Per i nomi al plurale valgono sempre gli stessi
suffissi: 
<list>
<item><f>برادرانت</f> <f2>birâdarân-at</f2>, <gloss>i tuoi fratelli</gloss></item>
<item><f>فرزندانش</f> <f2>farzandân-ash</f2>, <gloss>i suoi figli</gloss></item>
<item><f>سگانشان</f> <f2>sagân-ishân</f2>, <gloss>i loro cani</gloss></item>


</list></p>


<p>125. Questi pronomi-suffissi si trovano anche attaccati
ai verbi, ma con significato di accusativo o di dativo,
non di possesso, come in 
<list>

    <item><f>گفتمت</f> <f2>guftam-at</f2>, <gloss>io ti dissi</gloss>;</item>
    <item><f>پرسيدش</f> <f2>pursîd-ash</f2>, <gloss>gli domandò</gloss>;</item>
    <item><f>گُشتِیَم</f> <f2>kushtiy-am</f2> (20), <gloss>tu mi hai ucciso</gloss>;</item>
    <item><f>پرسيدم</f> <f2>pursîd-am</f2>, <gloss>egli mi domandò</gloss>.</item>
</list>

 
(Non si confonda questo <f2>fursîd-am</f2>, 3a pers. sing. pass.
col suffisso <f2>-am</f2>, con <f2>fursîdam</f2> 1a pers. sing. pass., <gloss>io domandai</gloss>).</p>

<p>NOTA.</p>

<p>Il suffisso <f2>-ash</f2> talvolta è soggetto, come: 
    <list>
        <item><f>گرفتش</f> <f2>girift-ash</f2>, <gloss>egli prese</gloss>;</item>
        <item><f>ببستش</f> <f2>bi-bast-ash</f2>, <gloss>egli legò</gloss>.</item>
    </list>
 
 
Quest'uso è un arcaismo
nel persiano, essendo frequente e di regola nel pehlevico: 
<zend>gûft-as</zend>, <gloss>egli disse</gloss> (Vend. I. 1).</p>


<p>126. Se il nome termina in <f2>â</f2> o in <f2>û</f2>, tra queste
vocali e il pronome suffisso si pone una <f2>y</f2> (18, 21), come:

<list>
    <item><f>پا</f> <f2>pâ</f2>, <gloss>piede</gloss>,</item>
    <item><f>پايم</f> <f2>pâ-y-am</f2>, <gloss>piede mio</gloss>;</item>
    <item><f>زانو</f> <f2>zânû</f2>, <gloss>ginocchio</gloss>,</item>
    <item><f>زانويش</f> <f2>zânû-y-ash</f2>, <gloss>ginocchio suo</gloss>.</item>
</list>
 
 
Se il nome termina
in <f2>î</f2>, questo <f2>î</f2> dinanzi al suffisso si scioglie in <f2>iy</f2> (20),
come in 
<list>
    <item><f>زندگانی</f> <f2>zindagânî</f2>, <gloss>vita</gloss>, </item>
    <item><f>زندگانيت</f> <f2>zindagâniy-at</f2>, <gloss>la tua vita</gloss>. </item>
</list>


Se il nome termina in <f2>-ah</f2>, al pronome


<pb n="39"/>


suffisso si prepone una  <f>ا</f> come 

<list>
    <item><f>نامه</f> <f2>nâmah</f2>, <gloss>libro</gloss>,</item>
    <list><f>نامه اش</f> <f2>nâmah-ash</f2>, <gloss>il suo libro</gloss>.</list>
</list>


</p>
</div>
<div><head>XV. PRONOMI RIFLESSI.</head>

<p>127. Pronomi riflessi sono: <f>خود</f> <f2>khvad</f2> e 
<f>خويش</f> <f2>khvîsh</f2>, <gloss>se stesso</gloss> che si usano in tutte le persone, casi
e numeri; 
<list>
    <item><f>خودم</f> <f2>khvad-am</f2>, <gloss>io stesso</gloss>,</item>
    <item><f>خودت</f> <f2>khvad-at</f2>, <gloss>tu stesso</gloss>,</item>
    <item><f>خودش</f> <f2>khvad-ash</f2>, <gloss>egli stesso</gloss>, ecc.</item>
</list>

 
</p>
<p>Unito al
verbo, si usa senza pronome suffisso; 
<list>
    <item><f>خود آمدم</f> <f2>khvad âmadam</f2>, <gloss>io stesso venni</gloss>;</item>
    <item><f>خود آمدی</f> <f2>khvad âmadî</f2>, <gloss>tu stesso sei venuto</gloss>, ecc.</item>
</list></p>
 
<p>Posti questi due pronomi dopo
i nomi, indicano proprietà, come 
<list>
    <item><f>پدرِ خود</f> <f2>padr i  khvad</f2>, <gloss>il proprio padre</gloss>;</item>
    <item><f>مادرِ خويش</f> <f2>mâdar i khvish</f2> o
        <f>مادرِ خود</f> <f2>mâdar i khvad</f2>, <gloss>la propria madre</gloss>.</item>

</list>
 
 Il pronome 
<f>خود</f> <f2>khvad</f2>
esprime anche un’ azione che ritorna su chi la fa, come:
<list>
    <item><f>خود را زد</f> <f2>khvad râ zad</f2>, <gloss>battè se stesso</gloss>.</item>
</list>
</p>


<p>128. In alcuni libri di tarda età trovasi anche il
plurale <f>خودها</f> <f2>khvad-hâ</f2>, come: 
<list>
    <item><f>خودها را برهمن سازيم</f> <f2>khvad-hâ râ barahman sâzîm</f2>, <gloss>facciamoci Brahmani</gloss> <bibl>(Libro del Pappagallo, fav. III)</bibl>; </item>
</list>

<f>نزديكُ شهرُ خودها رسيدند</f> <f2>nazdîk i shahr i khvad-hâ rasîdand</f2>, <gloss>giunsero vicino alla loro città</gloss> (74. fav. III).</p>


<p>129. Il pronome <f>خويش</f> <f2>khvîsh</f2> (e con esso il composto 
<f>خويشتن</f> <f2>khvîshtan</f2>; <f2>tan</f2>, <gloss>corpo, persona</gloss>) servono a indicar, più generalmente, proprietà: <f>فرزند خويش</f> <f2>farzand i khvîsh</f2>, <gloss>il proprio figlio</gloss>.</p>
</div>

<div><head>XVI. PRONOMI DIMOSTRATIVI.</head>

<p>130. Pronomi dimostrativi sono: 

    <list>
        <item><f>آن</f> <f2>ân</f2>, <gloss>quello, quella, quelli, quelle</gloss>, ecc.:</item>
        <item><f>آن مرد</f> <f2>ân mard</f2>, <gloss>quell’ uomo</gloss>;</item>
        <item><f>آن زن</f> <f2>ân zan</f2>, <gloss>quella donna</gloss>;</item>
        <item><f>آن مردان</f> <f2>ân mardân</f2>, <gloss>quegli uomini</gloss>;</item>
    
 
<pb n="40"/>
<item><f>آن زنان</f> <f2>ân zanân</f2>, <gloss>quelle donne</gloss>,</item>
    </list>
    — e 
    <list>
<item><f>اين</f> <f2>în</f2>, <gloss>questo, questa, questi, queste</gloss>, ecc.:</item>
<item><f>اين مرد</f> <f2>în mard</f2>, <gloss>quest’ uomo</gloss>, ecc.,</item>
</list>

 
 come 
<f>آن</f> <f2>ân</f2>.</p>


<p>131. Si trovano questi pronomi anche al plurale,
purchè non siano seguiti da nomi, cioè: 
<list>
    <item><f>آنان</f> <f2>ânân</f2>,</item>
    <item><f>آنها</f> <f2>ânhâ</f2>;</item>
    <item><f>اينان</f> <f2>înân</f2>,</item>
    <item><f>اينها</f> <f2>înhâ</f2>.</item>
</list>
 
 
</p>


<p>132. Questi pronomi <f2>ân</f2> ed <f2>în</f2>, in dativo e preceduti dalla particella <f2>bi-</f2> (110), assumono una <f2>d</f2>, come in
    <list>
        <item><f>بدان</f> <f2>bi-d-ân</f2>, <gloss>a quello</gloss>,</item>
        <item><f>بدين</f> <f2>bi-d-în</f2>, <gloss>a questo</gloss>.</item>
    </list>
 </p>


<p>133. Il pronome <f>اين</f> <f2>în</f2>, dopo le preposizioni, perde

la <f>ا</f> iniziale, come in 
<list>
    <item><f>برين</f> <f2>bar-în</f2>, <gloss>sopra questo</gloss>;</item>
    <item><f>درين</f> <f2>dar-în</f2>, <gloss>in questo</gloss>.</item>
</list>
 
</p>

</div>

<div><head>XVII. PRONOMI RELATIVI E INTERROGATIVI.</head>

<p>134. I pronomi relativi sono: 

<list>
    <item><f>که</f> <f2>kih</f2>, <gloss>che, il quale, la quale, i quali, le quali</gloss>, ecc. per le persone e per le cose,</item>
    <f>چه</f> <f2>ćih</f2>, <f2>che</f2>, <gloss>che, il quale, la quale, i quali, le quali</gloss>, per le cose.
</list>

Esempio: 
<f>خدا که جهان را آفريد</f> <f2>khudâ kih gihân râ âfarîd</f2>, <gloss>Iddio che creò il
mondo</gloss>. Nei casi obliqui il <f2>kih</f2> prende dopo di se anche
il pronome personale nel caso voluto dal costrutto, come:
<f>مرد که اروا ديدم</f> <f2>mard kih û-râ dîdam</f2>, <gloss>l’uomo che (che lui) ho veduto</gloss>.</p>

<p>Questa—costruzione sembra presa inprestito. dalle lingue semitiche:</p>


<p>135. Pronomi interrogativi sono: 
<f>که</f> <f2>kih</f2>, <gloss>chi? (per le persone)</gloss>
<f>کی</f> <f2>kî</f2>, <gloss>chi? (per le persone)</gloss>
<f>کدام</f> <f2>kudâm</f2>, <gloss>chi? (per le persone)</gloss>, e 
<f>چه</f> <f2>ćih</f2>, <gloss>che? (per le cose).</gloss> —
Il pronome <f2>ćih</f2> unito alla particella <f2>râ</f2> perde la <f2>h</f2> finale

e significa <gloss>perchè?</gloss> come: 

<f>چرا رفتی و بردی آرام من</f> <f2>ći-rà raftî u burdî ârâm i man?</f2> <gloss>perchè ti sei partito, e hai portato via il mio riposo?</gloss> (Firdusi) — Col verbo 
<f>هستن</f> <f2>hastan</f2>, <gloss>essere</gloss> (78), alla 3a pers. sing. si suol congiungere

questo pronome nel modo seguente: 
<f>چيست</f> <f2>ćîst</f2>, <gloss>che cosa è?</gloss> — 
Così anche con <f>که</f>: 
<f>کيست</f> <f2>kîst</f2>, <gloss>chi è?</gloss>;
<f>کيستن</f> <f2>kîstand</f2>, <gloss>chi sono?</gloss></p>
</div>
<pb n="41"/>
<div><head>XVIII. NUMERALI.</head>

<p>136. I numeri cardinali sono:
<list>  
<item><f>يک</f> <f2>yak</f2>, <gloss>1 </gloss></item>


<item><f>دو</f> <f2>dû</f2>, <gloss>2</gloss></item>
<item><f>سه</f> <f2>sih</f2>, <gloss>3  </gloss></item>
<item><f>چهار، چار</f> <f2>ćahâr</f2>, <gloss>ćâr, 4 </gloss></item>
<item><f>پنج</f> <f2>panǵ</f2>, <gloss>5    </gloss></item>
<item><f>شش</f> <f2>shash</f2>, <gloss>6 </gloss></item>
<item><f>هفت</f> <f2>haft</f2>, <gloss>7</gloss></item>
<item><f>هشت</f> <f2>hasht</f2>, <gloss>8</gloss></item>
<item><f>نه</f> <f2>nuh</f2>, <gloss>9</gloss></item>
<item><f>ده</f> <f2>dah</f2>, <gloss>10</gloss></item>
<item><f>يازده</f> <f2>yâzdah</f2>, <gloss>11</gloss></item>
<item><f>دوازده</f> <f2>duvâzdah</f2>, <gloss>12</gloss></item>
<item><f>سيزده</f> <f2>sîzdah</f2>, <gloss>13</gloss></item>
<item><f>چهارده</f> <f2>ćahârdah</f2>, <gloss>14</gloss></item>
<item><f>پانزده</f> <f2>pânzdah</f2>, <gloss>15</gloss></item>
<item><f>شانزده</f> <f2>shânzdah</f2>, <gloss>16</gloss></item>


<item><f>هفده</f> <f2>hafdah</f2>, <gloss>17</gloss></item>
<item><f>هژده</f> <f2>hazhdah</f2>, <gloss>18</gloss></item>


<item><f>نوزده</f> <f2>nûzdah</f2>, <gloss>19</gloss></item>
<item><f>بيست</f> <f2>bîst</f2>, <gloss>20</gloss></item>
<item><f>سی</f> <f2>sî</f2>, <gloss>30</gloss></item>
<item><f>چهل، چل</f> <f2>ćihil</f2>, <gloss>ćil, 40</gloss></item>
<item><f>پنخاه</f> <f2>panǵâh</f2>, <gloss>50</gloss></item>
<item><f>صد</f> <f2>çad</f2>, <gloss>100</gloss></item>
<item><f>دويست</f> <f2>duvîst</f2>, <gloss>200</gloss></item>
<item><f>هزار</f> <f2>hazâr</f2>, <gloss>1000</gloss></item>
<item><f>ده هزار</f> <f2>dah hazâr</f2>, <gloss>10000</gloss></item>
<item><f>صد هزار</f> <f2>çad hazâr</f2>, <gloss>100000</gloss></item>
</list></p>


<p>137. Con questi numerali i nomi ed i verbi si usano
al singolare, come in 
<f>ده گرد آمد</f> <f2>dah gurd âmad</f2>, <gloss>dieci eroi vennero</gloss>.</p>


<p>138. Gli ordinali si formano dai cardinali aggiungendo
a questi la desinenza <f2>-um</f2>, cioè:
<list>    
<item><f>يکم</f> <f2>yakum</f2>, <gloss>1o </gloss></item>
<item><f>نخست</f> <f2>nskhust</f2>, <gloss>1o  </gloss></item>
<item><f>دوم</f> <f2>duvum</f2>, <gloss>2o </gloss></item>
<item><f>سوم</f> <f2>sivum</f2>, <gloss>3o.</gloss></item>
<item><f>چهارم</f> <f2>ćahârum</f2>, <gloss>4o. </gloss></item>
<item><f>چهارم</f> <f2>panǵum</f2>, <gloss>5o.</gloss></item>
<item><f>ششم</f> <f2>shashum</f2>, <gloss>6o.</gloss></item>
<item><f>هفتم</f> <f2>haftum</f2>, <gloss>7o.</gloss></item>
<item><f>هشتم</f> <f2>hashtum</f2>, <gloss>8o.</gloss></item>
<item><f>نهم</f> <f2>nuhum</f2>, <gloss>9o.</gloss></item>
<item><f>دهم</f> <f2>dahum</f2>, <gloss>10o.</gloss></item>
<item><f>يازدهم</f> <f2>yâzdahum</f2>, <gloss>11o.</gloss></item>
<item><f>دوازدهم</f> <f2>duvâzdahum</f2>, <gloss>12o.</gloss></item>
<item><f>سيزدهم</f> <f2>sîzdahum</f2>, <gloss>13o.</gloss></item>
<item><f>چهاردهم</f> <f2>ćahârdahum</f2>, <gloss>14o.</gloss></item>
<item><f>بيستم</f> <f2>bîstum</f2>, <gloss>20o.</gloss></item>
<item><f>پنجاهم</f> <f2>panǵâhum</f2>, <gloss>50o.</gloss></item>
<item><f>صدم</f> <f2>çadum</f2>, <gloss>100o.</gloss></item>
</list>
</p></div>

<pb n="42"/>


<div><head>XIX. PARTICELLE.</head>

<p>139. Intorno alle particelle, nelle quali comprendiamo
gli avverbi, le preposizioni, le congiunzioni e le interiezioni, piuttosto che darne qui una lista, diremo che sarà
meglio consultar per esse il vocabolario. Noteremo
soltanto, riguardo alle preposizioni, che esse, in generale.
si costruiscono col genitivo, come: 
<list>
    <item><f>پيش او</f> <f2>pîsh i û</f2>, <gloss>dinanzi a lui</gloss>;</item>
    <item><f>از بر اسپ</f> <f2>az bar i asp</f2>, <gloss>dal di sopra del cavallo</gloss>.</item>
</list>

</p></div>


</div>
</div>
<div><head>III. FORMAZIONE E COMPOSIZIONE DELLE PAROLE.</head>


<div><head>I. FORMAZIONE.</head>

<p>140. La lingua persiana ha i seguenti suffissi:</p>

<p>a) Indicano <term>gli astratti</term> i suffissi:
<list>
<item><f2>-î</f2> <f>دوستی</f> <f2>dûstî</f2>, <gloss>amicizia</gloss>, <f2>dûst</f2>, <gloss>amico</gloss>.</item>

<item><f2>-â</f2> <f>گرما</f> <f2>garmâ</f2>, <gloss>calore</gloss>, <f2>garm</f2>, <gloss>caldo</gloss>.</item>

<item><f2>-nâ</f2> <f>تنگنا</f> <f2>tangnâ</f2>, <gloss>angustia</gloss>, <f2>tang</f2>, <gloss>angusto</gloss>.</item>

<item><f2>-ish</f2> <f>دانش</f> <f2>dânish</f2>, <gloss>sapienza</gloss>, <f2>dân</f2> in <f2>dânistan</f2>, inf., sapere.</item>
</list></p>
<p>b) Indicano <term>luogo</term> i seguenti suffissi:

<list>
<item><f2>-stân</f2> <l></l> <f2>gûristân</f2>, <gloss>cimitero</gloss>, <f2>gûr</f2>, <gloss>sepolcro</gloss> (con <f2>i</f2> epentetica per l’incontro delle consonanti; cfr. invece <l></l>, <gloss>giardino</gloss>, <f2>bû</f2>, <gloss>per</gloss> <f2>bûy</f2>, <gloss>odore</gloss>).</item>

<item><f2>-dân</f2> <f>قلمدان</f> <f2>ḳalamdân</f2>, <gloss>calamaio</gloss>, <f2>ḳalam</f2>, (arabo) <gloss>calamo</gloss>.</item>

<item><f2>-zâr</f2> <f>گلزار</f> <f2>gulzâr</f2>, <gloss>roseto</gloss>, <f2>gul</f2>, <gloss>rosa</gloss>.</item>

<item><f2>-shan</f2> <f>گلشن</f> <f2>gulshan</f2>, <gloss>roseto</gloss>, <f2>gul</f2>, <gloss>rosa</gloss>.</item>

<item><f2>-sâr</f2> <f>کوهشار</f> <f2>kûhsâr</f2>, <gloss>luogo montuoso</gloss>, <f2>kûh</f2>, <gloss>monte</gloss>.</item>

<item><f2>-kadah</f2> <f>بتکده</f> <f2>butkadah</f2>, <gloss>tempio d’idoli</gloss>, <f2>but</f2>, <gloss>idolo</gloss>.</item>


<pb n="43"/>


<item><f2>-lâkh</f2> <f>بتکده</f> <f2>sanglâkh</f2>, <gloss>petraia</gloss>, <f2>sang</f2>, pietra.</item>
<item><f2>-gâh</f2> <f>بزمگاه</f> <f2>bazmgâh</f2>, <gloss>cenacolo</gloss>, <f2>bazm</f2>, <gloss>cena, banchetto</gloss>.</item>


<item><f2>-ǵâ</f2> <f>خوابجا</f> <f2>khvâbǵâ</f2>, <gloss>luogo da dormire</gloss>, <f2>khvâb</f2>, <gloss>sonno</gloss>.</item>
</list>
</p>
<p>c) Indicano qualità, ufficio i seguenti suffissi:
<list>
<item><f2>-bar</f2> <f>پيغمبر</f> <f2>payghambar</f2>,  <gloss>nunzio, profeta</gloss>, paygham,</item>
notizia, novella.
<item><f2>-gâr</f2> <f>خدمتگار</f> <f2>khidmatgâr</f2>, <gloss>servo</gloss>, <f2>kkhidmat</f2> (arabo) <gloss>servigio</gloss>.</item>

<item><f2>-gar</f2> <f>آهنگر</f> <f2>âhangar</f2>, <gloss>fabbro</gloss>, <f2>âhan</f2>, <gloss>ferro</gloss>.</item>
<item><f2>-bân</f2> <f>باغبان</f> <f2>baghbân</f2>, <gloss>giardiniere</gloss>, <f2>bâgh</f2>, <gloss>giardino</gloss>.</item>
<item><f2>-dâr</f2> <f>نامدار</f> <f2>nâmdâr</f2>, <gloss>famoso</gloss>, <f2>nâm</f2>, <gloss>nome</gloss>.</item>
</list></p>
<p>d) Sono suffissi di provenienza, qualità, somiglianza i seguenti:
<list>
<item><f2>-î</f2> <f>پارسی</f> <f2>pârsi</f2>, <gloss>Persiano</gloss>, <f2>pârs</f2>, <gloss>Persia</gloss>.</item>
<item><f2>-înah</f2> <f>پادشاهانه</f> <f2>pâdishâhânah</f2>, <gloss>reale</gloss>, <f2>pâdishâh</f2>, <gloss>re</gloss>.</item>
<item><f2>-în</f2> <f>سيمين</f> <f2>sîmîn</f2>, <gloss>argenteo</gloss>, <f2>sîm</f2>, <gloss>argento</gloss>.</item>
<item><f2>-înah</f2> <f>زرينه</f> <f2>zarînah</f2>, <gloss>aureo</gloss>, <f2>zar</f2>, <gloss>oro</gloss>.</item>

<item><f2>-gîn</f2> <f>دردگين</f> <f2>dardgîn</f2>, <gloss>addolorato</gloss>, <f2>dard</f2>, <gloss>dolore</gloss>.</item>
<item><f2>-âgîn</f2> <f>شرماگين</f> <f2>sharmâgîn</f2>, <gloss>vergognoso</gloss>, <f2>sharm</f2>, <gloss>vergogna</gloss>.</item>
<item><f2>-vâr</f2> <f>اميدوار</f> <f2>umîdvâr</f2>, <gloss>pieno di speranza</gloss>, <f2>umîd</f2>, <gloss>speranza</gloss>.</item>

<item><f2>-var</f2> <f>دانشور</f> <f2>dânishvar</f2>, <gloss>sapiente</gloss>, <f2>dânish</f2>, <gloss>sapienza</gloss>.</item>
<item><f2>-bâr</f2> <f>مسکبار</f> <f2>mushkbâr</f2>, <gloss>simile al muschio</gloss>, <f2>muskh</f2>, <gloss>muschio</gloss>.</item>
<item><f2>-mand</f2> <f>هنرمدند</f> <f2>hunarmand</f2>, <gloss>virtuoso</gloss>, <f2>hunar</f2>, <gloss>virtù</gloss>.</item>
<item><f2>-nâk</f2><f>خشمناک</f> <f2>khashmnâk</f2>, <gloss>iroso</gloss>, <f2>khashm</f2>, <gloss>ira</gloss>.</item>
<item><f2>-sâr</f2> <f>شرمسار</f> <f2>sharmsâr</f2>, <gloss>verecondo</gloss>, <f2>sharm</f2>, <gloss>pudore</gloss> (cfr. b).</item>

<item><f2>-fâm</f2> <f>آتشفام</f> <f2>âtashfâm</f2>, <gloss>del color del fuoco</gloss>, <f2>âtash</f2>, <gloss>fuoco</gloss>.</item>
<item><f2>-gûn</f2> <f>آبگون</f> <f2>âbgûn</f2>, <gloss>del color dell’ acqua</gloss>, <f2>âb</f2>, <gloss>acqua</gloss>.</item>
<item><f2>-sâ</f2> <f>پيلسا</f> <f2>pîlsa</f2>, <gloss>simile ad elefante</gloss>, <f2>pîl</f2>, <gloss>elefante</gloss>.</item>


<pb n="44"/>


<item><f2>-âsâ</f2> <f>عنبرآسا</f> <f2>'anbar-âsâ</f2>, <gloss>di color d’ambra</gloss>, <f2>‘anbar (arabo)</f2>, <gloss>ambra</gloss>.</item>

<item><f2>-sân</f2> <f>ديوسان</f> <f2>dîvsân</f2>, <gloss>diabolico</gloss>, <f2>dîv</f2>, <gloss>demone</gloss>.</item>

<item><f2>-fash</f2> <f>شاهفش</f> <f2>shâhfash</f2>, <gloss>simile a un re</gloss>, <f2>shâh</f2>, <gloss>re</gloss>.</item>

<item><f2>-vash</f2> <f>ماهوش</f> <f2>mâhvash</f2>, <gloss>simile alla luna</gloss>, <f2>mâh</f2>, <gloss>luna</gloss>.</item>

<item><f2>-dîs</f2> <f>خورديس</f> <f2>khvardîs</f2>, <gloss>simile al sole</gloss>, <f2>khvar</f2>, <gloss>sole</gloss>.</item>

<item><f2>-îr</f2> <f>دلير</f> <f2>dilîr</f2>, <gloss>coraggioso</gloss>, <f2>dil</f2>, <gloss>cuore</gloss>.</item>

</list></p>


<p>141. Si noti che alcuni di. questi suffissi sono veri
nomi, come <f>گاه</f> <f2>gâh</f2>, luogo, in <f>بزمگاه</f> <f2>bazm-gâh</f2>, <gloss>cenacolo</gloss>;
<f>گون</f> <f2>gûn</f2>, <gloss>colore</gloss>, in <f>آبگوم</f> <f2>âb-gûn</f2>, <gloss>del color dell’acqua</gloss>. —
Altri sono radici di verbi (temi di presente), come in
<f>نامدار</f> <f2>nâm-dâr</f2>, <gloss>famoso</gloss>, da <f2>nâm</f2>, <gloss>nome</gloss>, e <f2>dâr</f2> tema di
pres. di <f2>dâsht</f2> (66), <gloss>avere</gloss>, <f2>dâram</f2>, <gloss>io ho</gloss>, <f2>dâshtam</f2>, <gloss>io ebbi</gloss>.</p>

<p>Altri invece si trovano tali e quali anche nel
zendo e nell’ antico persiano dei Cuneiformi, come <f2>în</f2> ed
<f2>înah</f2> in <f>سيمين</f> <f2>sîm-în</f2>, <gloss>argenteo</gloss>, e <f>زرينه</f> <f2>zar-înah</f2>, <gloss>aureo</gloss>;
cfr. i suffissi <zend>-aêna</zend> z. in <zend>zaranaêna</zend>, <gloss>aureo</gloss>, e antp. <oldp>aina</oldp>
in <oldp>âthangaina</oldp>, <gloss>petroso</gloss>.</p>

<p>Di altri invece non si vede
finora alcuna plausibile spiegazione.</p>
</div> 
<div><head>II. COMPOSIZIONE.</head>

<p>142. Si formano nomi composti da temi di passato
di verbi uniti a temi di presente o immediatamente o
per l’interposizione di un <f2>û</f2>, come <f>گفتگو</f> <f2>guft-gû</f2> e
<f>گفتوگو</f> <f2>guft-û-gû</f2>, ciò che si dice, bisbiglio, racconto,
notizia (cfr. <f2>gûyam</f2>, <gloss>io dico</gloss>, <f2>guftam</f2>, <gloss>io dissi</gloss>) Questa <f2>û</f2>
inserta che graficamente qui si nota come lunga, nel verso
è sempre breve, non essendo altro che la congiunzione
<f>وُ</f> <f2>û</f2> (ŭ), e.</p>


<p>143. Un nome qualunque, seguito da una radice
verbale (tema di presente), forma un aggettivo denotante
una data qualità: <f>تاجبخش</f> <f2>tâǵbaksh</f2>, <gloss>donator di corone</gloss>
(<f2>bakhsh</f2> tema di pres. <gloss>donare</gloss>; <f2>tâǵ</f2>, <gloss>corona</gloss>).


<pb n="45"/></p>


<p>144. Una radice verbale (tema di presente) ripetuta
due volte indica moltiplicità, ripetizione di azione, come:
<f>ريزريز</f> <f2>rîz-rîz</f2>, a pezzetti, <f2>minutatim</f2> (<f2>rîz</f2> tema di pres.
<gloss>spargere, versare, rompere in pezzi</gloss>).</p>


<p>145. Aggettivi composti si formano con un aggettivo
ed un nome, come in <f>سياه چشم</f> <f2>siyâh-ćashm</f2>, che ha gli
occhi neri, (<f2>siyâh</f2>, <gloss>nero</gloss>, <f2>ćashm</f2>, <gloss>occhio</gloss>); <f>گلرخ</f> <f2>gul-rukh</f2>, <gloss>che ha guancie color di rosa</gloss> (<f2>gul</f2>, <gloss>rosa</gloss>, <f2>rukh</f2>, <gloss>guancia</gloss>).</p>


<p>146. Si formano anche aggettivi composti con due
sostantivi, come <f>شيردل</f> <f2>shîr-dil</f2>, che ha cuor di leone,
<foreign xml:lang="grc">θυμολέων</foreign> (<f2>shîr</f2>, <gloss>leone</gloss>, <f2>dil</f2>, <gloss>cuore</gloss>).</p>


<p>147. Un nome può risultare anche da una particella
e da un altro nome, come: <f>پيشگاه</f> <f2>pîshgâh</f2>, prefetto, da

<f>پيش</f> <f2>pîsh</f2>, prep. avanti, e <f>گاه</f> <f2>gâh</f2>, <gloss>luogo</gloss>.</p>


<p>148. Un sostantivo ripetuto, frapponendo una é, signi-
fica varietà, pienezza, come: <f>لبالب</f> <f2>lab-â-lab</f2>, <glos>fino all’ orlo, fino al labbro</glos>, da <f>لب</f> <f2>lab</f2>, <gloss>labbro, orlo</gloss>; 
<f>گیناگون</f> <f2>gûn-â-gûn</f2>, <gloss>variamente colorato</gloss>, da <f>گون</f> <f2>gûn</f2>, <gloss>colore</gloss>.
</p></div>
</div>

<div>

    <pb n="51"/>
    <head>Il <title>Shahnameh</title> o <title>Libro dei Re</title> di Firdusi: Introduzione.</head>
    

    <p>Già nel principio della Grammatica Persiana abbiamo
    visto come i tre più importanti monumenti della civiltà
    iranica siano l’<title>Avesta</title>, le <title>Iscrizioni Cuneiformi</title> e il <title>Libro
    dei Re</title>. Di questi monumenti però quello che’ meglio ci
    fa conoscere l'ingegno e il cuore del popolo persiano, si
    è il <title>Libro dei Re</title>, senza alcun dubbio; poichè le iscrizioni
    degli Achemenidi altro non sono che opera di re che
    volevano eternar la memoria del loro nome e delle loro
    imprese, e l’<title>Avesta</title> non è che in gran parte lavoro di
    filosofi e di sacerdoti, mentre il <title>Libro dei Re</title>, raccon-
    tando con primitiva ingenuità le imprese degli eroi e
    dei re dell’ età mitica e favolosa, ci fa intendere quale
    stima quel popolo facesse di sè, quale idea egli avesse
    del proprio passato e dell’ avvenire che l'attendeva, a
    quali fini si credesse destinato, quali affetti più potente-
    mente lo agitassero e quali inclinazioni fossero innate
    nell’ animo suo. La leggenda epica infatti del <title>Libro dei Re</title> è di invenzione popolare, e, conservata per tradizione,
    
    
    <pb n="50"/>
    
    
    fu poi raccolta e vestita di forma poetica da Firdusi.<ref n="1"/>
    In essa pertanto, più che negli altri due monumenti,
    abbiamo una fedele immagine dell’ animo e del cuore
    del popolo persiano.</p>
    
    <p>L’idea fondamentale dell'antica religione iranica,
    quale si desume dall’<title>Avesta</title> e da altri libri posteriori,
    come il <title>Bundehesh</title> e il <title>Minokhired</title>, è un eterno contrasto fra due esseri essenzialmente opposti tra loro, tra
    Ahura Mazdâo cioè ed Anra Mainyu, il primo dei quali
    è il genio del bene, il secondo è il genio del male;
    questi due spiriti o geni nella lingua persiana più recente
    portano i nomi, di poco da quelli differenti, di Ormuzd
    
    e di Ahrîman o Ahrîmane, <f>ارممزد</f> e <f>آهريمن</f>. Cotesta idea
    pertanto diede appunto origine alla così detta dottrina
    del dualismo; e mentre, secondo l’<title>Avesta</title> e i sacerdoti,
    cotesta lotta è di natura tutta morale, nel <title>Libro der Re</title>
    invece e presso il popolo trova il suo riscontro in quella
    tremenda guerra che arde tra gli Irani e i popoli barbari
    che abitano al settentrione dell’ Iran, conosciuti sotto il
    nome di Turani. Questa gran guerra poi che, secondo
    la leggenda epica, cominciò fino dai tempi mitici, dal
    tempo cioè del re Frêdûn, anima di sè tutto quanto il
    racconto del <title>Libro dei Re</title>, e altro non è che una immagine terrena della gran lotta tra il bene ed il male,
    tra Ormuzd cioè ed Ahrîmane. Dalla parte quindi degli
    Irani sta Ormuzd con tutta la sua schiera celeste, e dalla
    parte degli abborriti Turani sta Ahrîmane co’ suoi Dêvi,
    i demoni cioè figli delle tenebre, con tutte le arti maligne,
    quali la magia, il tradimento, la frode e la menzogna.</p>
    
    <p>Il <title>Libro dei Re</title> comincia col primo re e primo
    uomo che è Gayûmers. A lui succede il re Hôsheng
    che è il primo della dinastia dei <term>Pêshdâd</term>; e sotto il suo
    
    <note n="1">Vedi tutta questa parte svolta più ampiamente nel mio Discorso sull'Epopea Persiana (pag. 18—80) nei miei <title>Racconti Epici di Firdusi</title>.</note>
    
    
    <pb n="51"/>
    
    
    regno incominciano a trovarsi le prime arti. Al tempo
    suo, come pure al tempo dei re Tahmûras e Ǵemshîd,
    tutta la terra stava sotto lo scettro di un solo. Ǵemshîd,
    perchè, dopo aver inventate molte arti, si levò a superbia
    e si volle fare adorare, fu punito da Dio col suscitargli
    contro l'arabo Dahâk, crudelissimo tiranno che aveva
    sugli omeri due neri serpenti, natigli quivi da due baci
    che Ahrîmane gli aveva impressi sulle spalle. A Dahâk
    che usurpò il trono di Ǵemshîd e regnò per mille anni,
    succedette Frêdûn che incatenò il tiranno in una caverna
    del monte Demâvend. Ma quando, dopo queste imprese,
    Frêdûn volle dividere la terra fra i suoi tre figli e farne
    tre regni, nacque discordia tra i novelli regnanti; il minor
    figlio Eraǵ fu ucciso dagli empi fratelli Tûr e Salm; si
    accese quindi un’ aspra guerra tra gli Irani che erano
    toccati in sorte ad Eraǵ, e tra i Turani che avevano
    per loro signore Tûr, l’uccisore principale dell’ innocente
    suo fratello. D’allora in poi i re dell’ Iran trovarono un
    potente aiuto nei principi. del Segestân, il più valoroso
    dei quali, che è Rustem figlio di Zâl, con le sue mirabili
    imprese fornisce materia di racconto alla maggior parte
    dei canti epici. Le discordie poi tra Irani e Turani che
    si erano acquetate al tempo del re Minôcihr, quando fu
    da lui vendicata la morte di Eraǵ, ritornarono a scoppiare
    sotto il re Nevder ed il re Kobâd, che fu il primo della
    dinastia dei <term>Kay</term> sottentrata a quella dei <term>Pêshdâd</term>; e
    hanno tregua solo quando il re Khusrev, dopo una terribile e disastrosa guerra descritta con singolare ampiezza
    nel <title>Libro dei Re</title>, giunge a vendicare con la morte di
    Afrâsyâb re dei Turani il proprio padre Siyâvish che
    quegli aveva ucciso a tradimento. Ma poi, succeduto a
    Khusrev il re Lohrâsp e poscia il re Gushtâsp, ricomincia
    tra Irani e Turani la guerra, ridestata però non già da
    sparso sangue, ma da differenza di religione, perchè il
    re dei Turani, Argâsp nipote e successore di Afrâsyâb,
    
    
    <pb n="52"/>
    
    
    non vuole accettare la nuova legge che il profeta Zerdusht,
    il Zoroastro degli Antichi, aveva rivelato al re Gushtâsp.<note n="1">Intorno a questa seconda parte dell’ Epopea persiana ispirata da idee al tutto diverse dalla prima, v. SPIEGEL, Erân. Alterth. 1, 659 e segg.</note>
    Così, lasciando alcune guerre particolari, come quella
    sotto il re Kâvus per conquistare il Mazenderân, tutto
    quanto il racconto del <title>Libro dei Re</title> si aggira per la
    maggior parte intorno alla terribile lotta tra Irani e Turani
    che si va perpetuando di generazione in generazione, e che,
    secondo il popolo persiano, non è ancora finita ai giorni
    nostri. I re poi, di cui si cantano le imprese nel <title>Libro dei Re</title>, sono: Gayûmers, primo re e primo uomo; a
    lui succede Hôsheng primo dei <term>Pêshdâd</term>, e vengono
    poscia Tahmûras, Ǵemshîd, Dahâk l'arabo, che è un
    usurpatore, Frêdûn, Minôcihr, Nevder, Zav, Ghershâsp.
    Sottentra allora la famiglia dei Kay con Kobâd, Kâvus,
    Khusrev, Lohrâsp e Gushtâsp. Questi re trovansi pure
    ricordati nell’ <title>Avesta</title> coi corrispondenti nomi: Gayameretan, Haoshyanha, Takhma-urupa, Yimô-khshaêta,
    Thraêtaona, Manuscithra, Naotara (?), Uzava, Kereçâçpa(?),
    Kavâta, Uçan, Huçravanh, Auravat-açpa, Vîstâcpa. Il re
    Dahâk del <title>Libro dei Re</title> nell’ <title>Avesta</title> invece è ricordato
    come un serpente creato da Ahrîmane, col nome di <term>azhidahâka</term>, abbattuto da Thraêtaona, nel quale il Burnouf
    per il primo ravvisò il re Frêdûn della leggenda popolare.<note n="2"><p>SPIEGEL, Gramm. der Pêrsi-sprache, p. 195.</p>

<p>MULLER, Leture sulla
    Scienza del Linguaggio, 22 Serie, lettura 119.</p></note>
    Col regno di Gushtâsp termina la leggenda epica, ed il <title>Libro dei Re</title> passa alla storia di Alessandro Magno,
    alla storia degli Arsacidi ed a quella dei Sassanidi, coi
    quali si giunge fino al 650 dell’ Era volgare col re
    Yezdegerd terzo che perdette il regno e la vita al tempo
    che gli Arabi invasero la Persia.<note n="3"><p>Un ampio sunto del <title>Libro dei Re</title> si trova in SPIEGEL, Erân. Alterth. 1,
    p. 508—724.</p>

<p>Vedi anche i miei Racconti Epici di Firdusi, p. 94—119.</p></note></p>
    
    
    <pb n="53"/>
    
    
    <p>Benchè Firdusi vivesse nel decimo secolo dell’ Era
    volgare e la leggenda epica che egli vestì di forma
    poetica, sia molto più antica, egli tuttavia si mantenne
    sempre fedele alla tradizione e non alterò per nulla il
    racconto. L’<title>Avesta</title> veramente e il <title>Bundehesh</title> non narrano
    ciò che narra invece il <title>Libro dei Re</title>, essendo essi libri
    di natura religiosa soltanto, ma dai non dubbi cenni che
    essi fanno e agli antichi eroi e agli antichi re della
    leggenda epica, si può con sicurezza affermare che il
    racconto epico quale ce lo ha conservato Firdusi, è quello
    stesso che si trova in quei libri più antichi. Per persuadersi di ciò basterebbe aprire l’<title>Avesta</title> o il <title>Bundehesh</title>
    e confrontarli col <title>Libro dei Re</title>.<note n="1">Un confronto molto minuto della leggenda epica del Libro dei Re con
    ciò che di essa ci ha conservato l’<title>Avesta</title>, trovasi negli Arische Studien dello
    SPIEGEL all’art. V. che porta il titolo di <title>Avesta</title> und Skâhnâmeh, pag. 110-128.</note> Eppure l'<title>Avesta</title>
    almeno precedette di non pochi secoli Firdusi; la
    qual cosa ci dimostra che la leggenda si conservò tale
    e quale per lungo tratto di tempo e giunse ancora fresca
    e genuina al tempo nel quale egli potè darle una
    splendida forma poetica. Firdusi poi dice bene spesso
    come alcuni suoi racconti siano venuti a sua conoscenza
    solo per la tradizione orale, come quando attesta
    apertamente ch’ egli non avrebbe saputo raccontare
    la morte di Rustem se non l’avesse udita da un agri-
    coltore che si chiamava Azâd-serv e sapeva a memoria
    le storie degli antichi re (pag. 1229 dell’ Ediz. di
    Calcutta).</p>
    
    <p>Abû ’l-Kasim Firdusi, figlio di Fakhr ed-Dîn Ahmed,
    nato nel 940 dell’ Era nostra a Tûs nel Khorassan, si
    occupò fin da giovinetto delle antiche leggende epiche
    del suo paese, e già ne aveva verseggiata una buona
    parte, allorquando si recò a Ghasna, alla città dalle dodi-
    cimila moschee, alla corte del Sultano Mahmdid. Quivi
    egli visse per molti anni componendo il <f>شاهنمامه</f> 
    
    
    <pb n="54"/>
    
    
    nomeh o Libro dei Re, che potè finire nell’ anno settan-
    tesimo primo dell'età sua, in sessantamila distici. Calunniato
    poi dagli invidiosi cortigiani presso il principe, venne
    nella sua disgrazia, e partitosi dalla corte, ritornò alla
    sua città natale. Là egli morì nel 1020 dell Era
    volgare, nell’ età di ottant’ anni, e morì appunto nel
    giorno in cui il Sultano Mahmtùd, pentito della sua
    ingiustizia, gli mandava magnifici doni e lo invitava di
    nuovo, alla corte. La sua tomba che fu modesta assai,
    vedevasi ancora alcune decine d'anni fa non lontano da
    Tûs; ma ora in quel liogo il viaggiatore Khanikoff
    ha trovato invece un campo seminato di frumento,
    senza alcun resto della tomba del più grande poeta
    persiano.</p>
    
    <p>La lingua di Firdusi è il puro persiano, non pieno
    di parole arabe, mentre tutti gli altri poeti e prosatori
    persiani son tanto pieni nelle loro opere di parole arabe,
    che quasi potrebbe dirsi che nel leggerli si viene man
    mano imparando la lingua araba e si ricorda soltanto la
    grammatica persiana. Questo vezzo mal inteso di usar
    parole arabe non sembra che fosse proprio soltanto degli
    scrittori posteriori a Firdusi, poichè troviamo che nel
    canzoniere del poeta Minécihri che fu contemporaneo di
    Firdusi e visse con lui alla corte di Mahmtd, le parole
    arabe abbondano straordinariamente. Ma Minôcihri era
    poeta lirico, mentre per l'antica epopea che è tutta di
    color nazionale, dovevasi usare la pura lingua persiana;
    e si dice che questa fosse una indispensabile condizione
    per chi volesse compor canti epici. Si racconta pertanto
    che, leggendo un giorno Firdusi alla presenza di Mahmùd
    il suo immortale lavoro, giunto a quel punto nel quale
    si narra come Rustem ponesse la freccia sull’ arco, recitasse
    quel verso che comincia con queste parole: 
    <f>فلک گفت احسن</f> <f2>falak guft: aḥsan!</f2> <q>il cielo disse: bene!</q> lodando
    l'atto dell eroe. Il Sultano allora l'interruppe dicendo:
    
    
    <pb n="55"/>
    
    <cit><quote><q>Come? tu hai parlato arabo in <f2>aḥsan</f2>.</q> — Ma il Poeta
        rispose: <q>Non io, bensì il cielo.</q></quote> <bibl>Zetschrift der Deutsch. Morgenl. Gesellschaft, B. XXX, p. 773.</bibl></cit>
    </p>
    
    <p>Il metro del <title>Libro dei Re</title>, come pure di tutti gli
    altri canti di natura epica, è il 
    <f>متقارب</f> <f2>mutaḳârib</f2>, cioè:</p>
    
    <p>u _ _ | u _ _ | u _ _ | u _ |</p>
    <p> come in:
    
    <f>زگفتار دهقان يکی داهستان</f> <f2>zi-guftâr | è dihḳân | yakî
    da-|-sitân</f2>; con gli accenti sulla seconda sillaba di
    ciascun piede.</p>
    
    <p>Quanto alla quantità delle sillabe, basterà riferire
    qui ciò che ne scrive lo Schultze nel suo eccellente
    <title>Manuale della lingua persiana</title>.<note n="2">M. SCHULTZE, MHandbuch der Persischen Sprache, p. 42 e segg.</note>
    </p>
    
    <p>Sono naturalmente brevi, egli dice, tutte quelle sillabe
    che contengono vocali brevi (<f2>a</f2>, <f2>i</f2>, <f2>u</f2>), lunghe invece quelle,
    che hanno vocali lunghe (<f2>â</f2>, <f2>î</f2>, <f2>û</f2>). Una vocale però, breve
    per natura, viene considerata come lunga allorquando
    sia seguita da più di una consonante, come 
    <f>جر کس</f> <f2>har kas</f2> (_ X), 
    ma invece <f>هران</f> harân (- x); 
    
    <f>از من</f> <f2>az man</f2> (_ x),
    ma invece 
    <f>ازو</f> <f2>az û</f2> (u _); 
    <f>هفت ئقليم</f> <f2>haft iḳlîm</f2> (_ _ _);
    <f>ميدان</f> <f2>maydân</f2> (_ _), ma invece 
    <f>مَی آر</f> <f2>may âr</f2> (u _);
    <f>دَولت</f> <f2>davlat</f2> (_ x); 
    <f>بنشينی</f> <f2>bin'shînî</f2> (_ _ _) adoperato
    in poesia per <f2>bi-nzshînî</f2> (u u _ _); 
    <f>بشتافت</f> <f2>bi-sh'tâft</f2> (- —)
    adoperato in poesia per 
    <f2>bi-shitâft</f2> (_ _).</p>
    
    <p>Vocali brevi finali (<f2>a</f2>, <f2>u</f2>), come in <f>بنده</f> <f2>bandah</f2>, in.
    cui la <f2>h</f2> non ha valore e la <f2>a</f2> precedente è breve, e le
    particelle <f2>i</f2> e <f2>u</f2>, si allungano talvolta in poesia, come:
    <f>بنده</f> <f2>bandah</f2> (- x), <f>تو</f> <f2>tû</f2> (x), <f>خانهء</f> <f2>khanah i vay</f2>
    (_ x x x); <f>پدر ومادر</f> <f2>padar u mâdar</f2> (u u x _ x).</p>
    
    <p>Le sillabe che escono in <f2>î</f2> ed <f2>û</f2>, quando siano seguite
    da una sillaba che cominci per vocale, possono esser
    riguardate come brevi, purchè esse sieno risolte in <f2>iy</f2> ed
    <f2>uv</f2>, come in quel verso di Firdusi:
    
    
    <pb n="56"/>
    
    
    <f>چرا رفتی و بردی آرام من</f> <f2>cirà raftî u burdî ârâm i man</f2>, il qual verso che è un <f2>Mutakârib</f2>:
    |u _ _ | u _ _ | u _ _ | u _ |, va letto così:
    
    <f2>cirà raftiy u burdiy àràm i man.</f2></p><p>
    
    Il gruppo <f>خو</f> 442 al principio delle parole vale come
    una consonante semplice, come in <f>زخواب</f>; <f2>zi-khvâb</f2> (u _).</p>
    
    <p>Per leggere con precisione una poesia, bisogna notare
    anche quanto segue. Alla fine delle parole si deve frequentemente, per compiere il verso, aggiungere una
    breve vocale ausiliare (<f2>i</f2>) che non ha alcun significato
    grammaticale, come in quel verso di Firdusi:
    
    <f>چنان بد که مهراب روزی پگاه</f>
    <f2>ćunân bud kih Mihrâb i rûzî pagâh</f2>;
    
    la vocale <f2>i</f2> dopo <f2>Mihrâb</f2> non ha alcun
    valore grammaticale, ma serve per compiere il verso. —
    La stessa cosa avviene dopo le vocali lunghe anche nel
    corpo delle parole, come in quel verso di Firdusi:
    <f>مگر همرهان خوان یفتی</f>
    <f2>magar hamrahân i ǵuvân
    yâfitî</f2>, invece di <f2>yâftî</f2>.</p>

<p>Talvolta ancora alcune vocali
    brevi vanno soppresse, appunto perchè soverchie nel
    verso, come in quello di Firdusi:
    
    
    <f>خروشيد سيندخت و بشخود روی</f>
    <f2>khurûshîd i Sîndukht u bi-sh'khûd i rûy</f2>;
    
    nel quale si legge <f2>bi-sh'khûd</f2> per
    <f2>bi-shukhûd</f2>, e si trovano due <f2>i</f2> brevi dopo <f2>khurûshîd</f2> e
    <f2>bi-sh'khûd</f2>, per compiere il verso.
    
    Nota.</p>

<p>Qui si potrebbe dir qualche cosa sull’ accento; ma
    poichè la nostra Antologia, per le ragioni esposte nella Prefazione,
    si compone soltanto di canti del Zidro dei Re, così questa parte
    diviene qui di minore importanza. Noteremo soltanto che l’accento
    non dipende dal valore ritmico delle parole, e che di regola esso
    cade sull’ultima sillaba. Fanno però eccezione a questa regola tutti
    O quasi tutti i suffissi grammaticali, sui quali non cade mai l'accento,
    come in 
    <list>
    <item><f>پدرم</f> <f2>padár-am</f2> <gloss>mio padre</gloss></item>
    <item><f>مادرت</f> <f2>mâdár-at</f2> <gloss>tua madre</gloss></item>
    <item><f>پسری</f> <f2>pusár-î</f2> <gloss>un figlio</gloss></item>
    </list>
    Nei quali esempi l'accento cade sull’ ultima
    sillaba dei nomi <f>پدر</f>, <f>مادر</f>, <f>پسر</f>. Diremo anzi che questi suffissi,
    come abbiamo udito da dotta persona che stette lungo tempo in
    
    
    <pb n="57"/>
    
    Persia, si pronunciano come staccati, onde <f>دلم</f> dil-am, il mio cuore,
    si pronuncia come<f2>dil am</f2>, quasi fossero due parole. Talvolta anche,
    specialmente nei verbi, la vocale dei suffissi non si sente nemmeno,
    e <f>ديدمش</f> <f2>didam-ash</f2>, per es., <gloss>io lo vidi</gloss>, si pronuncia come <f2>dîdam-sh</f2>;
    ciò che si trova anche nel <title>Libro dei Re</title> qualche volta, per ragione
    del metro. Le particelle preposte (<f2>bi-</f2>, <f2>ma-</f2>, <f2>na-</f2>, <f2>mi-</f2>) hanno sempre
    accento loro proprio, come parola staccata.</p>

<p>Ma per questa parte
    si vegga la Grammatica persiana pubblicata dal Prof. G. De Vincentiis
    (p. 29—30), oltre. alle grammatiche del Vullers, del Chodzko, del
    Wahrmund e del Barb.


</p>


</div>

<div type="textpart" subtype="selection" n="1"><head>I. IL RE HÔSHENG.</head>
    <p>

    A Gayûmers che fu, secondo il Libro dei Re, il
    primo re e il primo uomo, successe il re Hôsheng,
    conosciuto nell’ <title>Avesta</title> col nome di Haoshyariha. Tanto
    nell’ <title>Avesta</title> quanto nel Mînôkhired, egli è celebrato
    per aver sterminati i Dêvi, i demoni cioè creati da
    Ahriîmane. Egli infatti, nell’ <title>Avesta</title> e precisamente nell'inno alla Dea delle acque Ardvi-çûra-Anâhita (yasht,
    V, 21—-23), è introdotto a pregar la Dea perchè gli conceda
    vittoria sui demoni e sugli altri spiriti maligni. 
    
    <quote>Haoshyanha
    paradhàta (v. sotto) onorò lei (la Dea) ai piedi dell’ Hara
    (il sacro monte Alburz) con cento cavalli maschi, con
    mille vacche e diecimila capi di bestiame piccolo. Ed egli
    a lei domandò questa grazia: Concedimi, o buona, o
    utilissima Ardvi-çûra-Anâhita, che io sia sovrano signore
    di tutti i paesi, dei Dêvi e degli uomini, dei maghi e
    delle Pairika (esseri maligni femminili, Perî, v. il Vocab.),
    dei nemici, dei ciechi e dei sordi; che io uccida due
    terzi dei Dêvi del Mazana e del Varena, maligni. Tale
    grazia gli fu concessa dalla Dea.</quote>
    
     Il Mînôkhired (in
    SPIEGEL, Gramm. der Pârsispr. p. 135) dice di lui: <quote>E
    da Hôsheng venne questa utilità, che egli di tre parti
    dei Dêvi del Mazenderân, che nel mondo spargevano la
    morte, due terzi ha uccisi</quote> (cfr. di sopra l’<title>Avesta</title>). Il
    
    
    <pb n="58"/>
    
    
    Bundehesh non dice nulla di particolare per il re Hôsheng:
    e il solo Firdusi racconta come egli abbia scoperto il
    fuoco. Gli altri scrittori che parlano di questo antico
    re mitico e leggendario, come Hamzah di Ispâhan,
    l'Autore del <title>Muǵmil ut-tevârikh</title>, poco o nulla aggiungono
    di nuovo.</p>
    
    <p>Firdusi, invece, delle battaglie di Hôsheng coi Devi 
    non ricorda che quella col Devo Nero che gli aveva
    ucciso il padre suo Siyâmek Gayûmers aveva nutrito
    e allevato il giovane Hôsheng appunto per vendicar quel
    delitto commesso dal Devo. e la descrizione della
    battaglia è data qui nel brano che segue. Si enumerano
    poi dello stesso re molte scoperte. tra le quali la più
    importante si è quella del fuoco.</p>
    
    <p>Hôsheng, figlio di Siyâmek (Sec. il Bundehesk p. 77
    figlio di Fravâk). fu il primo dela dinastia dei <title>Pêshdâd</title>,
    in sendo <zend>paradhâta</zend>, il qual nome nella versione sanscrita
    del <title>Mînôkhired</title> è reso per <skr>pûrvaćârabṛit</skr>. Il Justi lo
    traduce per colui che per il primo ha esercitata la legge
    del governare: <quote xml:lang="deu">der zuerst das Gesetz des Regierens
    
    ausübte.</quote></p>

    <div>
<p><head>NOTE GRAMMATICALI.</head>
    <div type="textpart" subtype="note" n="1.13-1.14">

        <p>Sulla costruzione del
            verbo ausiliare <f2>khvâstan</f2>, v. la Gramm.</p>
    </div>

    <div type="textpart" subtype="note" n="1.19">
<p><f2>b-âsmân</f2> per <f2>bi-âsmân</f2>.</p>
        </div>

    
    <div type="textpart" subtype="note" n="1.58">
        <p><f2>k-az-ân</f2> per <f2>kih az ân</f2>.</p></div>
        

    </p>
</div>


<div type="textpart" subtype="note" n="1.60">
<p><f2>z-û</f2> per <f2>zi-û</f2>, <f2>az-û</f2>.</p>
</div>


<div type="textpart" subtype="note" n="1.65"><p>Si noti qui per sempre che Firdusi ripete spesso le
    preposizioni due volte, come qui <f2>bar-ân bar</f2>, per <f2>bar-ân</f2>. 
    
    .</p>
</div>


<div type="textpart" subtype="note" n="1.69"><p>   

    <f2>k-in</f2> per <f2>kih în</f2></p>
</div>


<div type="textpart" subtype="note" n="1.72"><p><f2>shân</f2>  per <f2>ishân</f2>, suffisso pronominale, v. la Gramm.</p>
</div>


<div type="textpart" subtype="note" n="1.77"><p><f2>az-û</f2> per <f2>az û</f2>.</p>
</div>


<div type="textpart" subtype="note" n="1.78"><p><f2>k-az-û</f2> per <f2></f2>. </p>
</div>


<div type="textpart" subtype="note" n="1.86"><p><f2>girift-ash</f2>, qui il suffisso <f2>ash</f2> fa da soggetto, <gloss>prese egli</gloss>,
    Gramm. 125, nota.</p>
</div>


<div type="textpart" subtype="note" n="1.101"><p><f2>furûghî-st</f2> per <f2>furûghî ast</f2>, <gloss>è una luce</gloss>.</p>
</div>


<div type="textpart" subtype="note" n="1.108"><p><f2>bâd</f2> ottativo di <f2>bûdan</f2>, v. la Gramm.</p>
</div>


<div type="textpart" subtype="note" n="1.117"><p><f2>z-îshân</f2> per
    <f2>zi-îshân</f2>.</p>
</div>


<div type="textpart" subtype="note" n="1.120"><p><f2>v-az</f2> per <f2>u az</f2>. </p>
</div>


<div type="textpart" subtype="note" n="1.122"><p><f2>samûrast</f2> per <f2>samûr ast</f2>.</p>
</div>


<div type="textpart" subtype="note" n="1.122"><p><f2>k-ash</f2> per <f2>kih ash</f2>, <gloss>al quale</gloss>.</p>
</div></div>

<div type="textpart" subtype="selection" n="2">
    <head>II. IL RE DAHAK.</head>
    <p>

    Questo re leggendario che nella tradizione epica
    figura come un usurpatore del trono iranico, nell’ <title>Avesta</title>
    invece e negli altri libri religiosi è rappresentato come
    un terribile serpente sotto il nome di <f2>azhi dahâka</f2>, <gloss>serpente esiziale</gloss>. In essi non si trova alcun cenno come
    di un principe, ma soltanto come di un’ orribile creatura
    di Ahrîmane, stata poi vinta da Thraêtaona, così descritta:
    <cit><quote>Egli (Thraêtaona) uccise il serpente Dahâka, di tre
    bocche, di tre teste, di sei occhi, di mille potenze, pre-
    potente, diabolica <zend>druǵ</zend> (spirito demoniaco femminino),
    nocivo agli esseri viventi, cui, quale la più potente <zend>druǵ</zend>,
    creò Anra Mainyu (Ahrîmane) contro il mondo corporeo,
    per la morte di quelli che vivono con santità</quote> <bibl>(yaçna IX)</bibl>.</cit>
    Secondo il <title>Bundehesh</title> invece il serpente Dahâka discendeva
    per madre da Ahrîmane. Esso devastò il mondo per
    1000 anni, finchè poi Thraêtaona, secondo un’ altra
    
    
    <pb n="64"/>
    
    
    tradizione, lo incatenò nel monte Demâvend. Alla fine del
    mondo l'eroe Çâma Kereçâçpa (v. più innanzi) gli toglierà
    la vita e purificherà così la terra (WINDISCHMANN,
    Zoroastrische Studien, p. 19: JUST, Mandbuch der
    Zendsprache).</p>
    
    <p>Nel <title>Libro dei Re</title> invece, Firdusi ci descrive Dahâk
    come un arabo, figlio di Mirdâs (si noti che anche l'<title>Avesta</title>
    riconosce come sede del serpente Dahâka la città di
    Bawri, cioè Babilonia, che è paese semitico, yasht, 5, 29),
    e reo di orribili delitti fino dalla giovinezza. Dei tratti
    dell’ antica leggenda Firdusi non conserva che quello dei
    due serpenti. Iblis (Ahrîmane), trasformatosi in vago
    giovinetto, aveva chiesto un giorno al re Dahâk di
    potergli baciar le spalle; dato quel bacio, uscirono da
    quelle spalle due orribili serpi che egli dovette nutrir poi
    di cervella umane. Come poi l’<title>Avesta</title> ci dice che il
    serpente Dahâka era stato creato da Ahrîmane per la
    morte dei viventi, che sono creature di Ormuzd, così
    Firdusi ci fa sapere che Ahrîmane, nell’ additar cervella
    umane come cibo proprio ai due serpi di Dahâk, ordiva
    la morte degli uomini. Anche Firdusi racconta come
    Frêdûn (il Thraêtaona dell’ <title>Avesta</title>), atterrato il tiranno
    che gli aveva usurpato il trono, lo abbia poi incatenato
    nel Demâvend, in una di quelle caverne.</p>
    
    <p>Il nome zendo <zend>dahâka</zend> deriva dalla rad. dal, distruggere, ma questo nome, sotto la forma <f>دهاک</f> <f2>dahâk</f2>,
    
    fu poi erroneamente interpretato per <f>ده آک</f> <f2>dah âk</f2>, <gloss>dieci
    vizi, o colpe</gloss>. Gli scrittori Mussulmani, compreso Firdusi,
    
    lo scrivono <f>ضحّاک</f> <f2>dhaḥḥak</f2>, facendone, sempre erronea-
    mente, un nome arabo <gloss>l’uomo che ride</gloss>, dal verbo ar.
    <foreign xml:lang="ara">ضحک</foreign> <f2>dhaḥika</f2>, <gloss>ridere</gloss>. La pronuncia poi <f2>Zohâk</f2>, <f2>Zohaq</f2>,
    è assolutamente falsa.</p>
    
    <p>Non v'ha alcun dubbio che la lotta tra Frêdûn e
    Dahâk, Thraêtaona e Azhi-dahâka, altro non sia che una
    
    
    <pb n="65"/>

    
    reminiscenza dell’antico mito indo-europeo della lotta
    tra il sole luminoso e il serpente aereo, la nuvola cioè
    nera e gravida di pioggia; cosicchè Frêdûn e Dahâk
    corrispondono all’Indra e al Vṛitra degli Indiani, all’ Apollon
    e al Python, all’Herakles e al cane Orthros (<grc>ὄρθρος</grc>, <grc>ϝόρθρος</grc>,
    cfr. Vṛitra ind.) dei Greci, al Sigurdhr e al dragone
    Fafnir dell’<title>Edda</title> e dei Nibelungen presso i popoli Ger-
    manici. Questo mito di Frêdûn e di Dahâk è stato
    ampiamente trattato in tutte le sue parti dal Darmesteter
    (<title>Ormazd et Ahriman</title>) e dal Bréal (<title>Hercule et Cacus</title>); il
    Darmesteter anzi (p. 107) osserverebbe che Dahâk, vinto
    e incatenato, non muore, perchè egli non è che il serpente,
    il demone dell’ uragano, e l’uragano, benchè tante volte
    disperso dal sole, si rinnovella tuttavia di tanto in tanto
    nel cielo.</p>

    <div>
        <head>NOTE GRAMMATICALI.</head>
            <div type="textpart" subtype="note" n="2.52">
        
                <p><f2>pand-at</f2>, il pron. <f2>at</f2> dipende dal
                    verbo  <f2>bâyad</f2>.</p>
            </div>
            
            
            <div type="textpart" subtype="note" n="2.61"><p>leggi <f2>bi-iblîs</f2>.</p>
            </div>
            
            
            <div type="textpart" subtype="note" n="2.65"><p>Il verso va letto così:
                <f2>bi-mânad bi-gardan-t i</f2> (u — — u, per <f2>di-gardan-at</f2>, la vocale <f2>i</f2> non
                ha qui alcun valore grammaticale).</p>
            </div>
            
            
            <div type="textpart" subtype="note" n="2.100"><p>per <f2>shinîdah hastam</f2>, <gloss>io ho udito</gloss>.</p>
            </div>
            
            
            <div type="textpart" subtype="note" n="2.130"><p><f2>âz</f2> per <f2>ćih as</f2>.</p>
            </div>
            
            
            <div type="textpart" subtype="note" n="2.135"><p>Il pron. <f2>ash</f2> va
                riferito a <f2>Dahâk</f2> sottint.</p>
            </div>
            
            
            <div type="textpart" subtype="note" n="2.145"><p><f2>fardâ-t</f2> per <f2>fardâ-at</f2>; <f2>at</f2> dipende
                da <f2></f2>sâzam.</p>
            </div>
            
            
            <div type="textpart" subtype="note" n="2.169"><p><f2>ḥâǵat-ast-am</f2>, <gloss>un bisogno è a me, ho bisogno</gloss>.</p>
            </div>
            
            
            <div type="textpart" subtype="note" n="2.182"><p>Il verso va letto così: 
                <f2>ghamî gasht u az har sûy i (u —) ćârah ǵust.</f2>
                </p></div>
</div>
</div>
<pb n="72"/>

<div type="textpart" subtype="selection" n="3">
    <head>III SCONFITTA DI DAHAK.</head>
    <p>
    

    Occupato il trono dell’ Iran e ucciso il re Ǵemshîd,
    il novello principe vede una notte in sogno una orribile
    visione che gli svela il futuro. Dahâk sogna di un
    principe che un giorno gli toglierà il regno e lo incatenerà
    nel monte Demâvend. Egli allora, irrequieto e sospettoso,
    va in cerca del predetto eroe per ucciderlo. Questi era
    Frêdûn figlio di Abtîn, il Thraêtaona dell’ <title>Avesta</title>, che la
    madre sua Frânek aveva nascosto nelle valli dell’ Alburz.
    Un giorno, il fabbro Kâveh, al quale il tiranno aveva
    uccisi i figli, giunge improvvisamente con una schiera di
    eroi a quelle valli solitarie in cerca del legittimo signore
    dell’ Iran, gli rappresenta i mali e le sciagure del suo
    popolo e lo invita alla riscossa. Frêdûn, al quale già la
    madre aveva raccontato come Dahâk gli avesse ucciso
    il genitore per farne pascolo con le cervella ai suoi ser-
    penti (v. il brano antecedente), si fabbrica una clava che
    aveva sulla sommità il capo di una giovenca effigiato in
    acciaio, in memoria della vacca Birmâyeh che l'aveva
    allattato da fanciullo, e muove contro Dahâk. Giunge
    
    
    <pb n="73"/>
    
    
    alla reggia, ne disperde gli incanti e libera le sorelle del
    re Ǵemshîd che il tiranno aveva fatte sue spose. Dahâk
    allora era lontano assai; ma un suo fido consigliero,
    Kundrav (il Gandareva dell’ <title>Avesta</title>), lo rintraccia, lo informa
    di ogni cosa, gli dice che tutto è perduto e che le spose
    sue fanno lega col novello signore, Frêdûn, e congiurano
    ai suoi danni. A questa notizia egli si riscuote e prende
    le armi — A questo punto incomincia il racconto del
    brano che si legge qui sotto.


</p>


<div>
    <head>NOTE GRAMMATICALI.</head>
        <div type="textpart" subtype="note" n="3.67">
    
            <p><f2>nâsûd</f2>, per. <f2>na-âsûd</f2> .</p>
        </div>

        <div type="textpart" subtype="note" n="3.72">
    
            <p><f2>bi-y-afgand</f2>, senza la <f>ا</f> iniziale, Gramm. 41, dal tema di pres. <f2>afgan</f2>,
                tps. <f2>afgand</f2>.</p></div>
       

        <div type="textpart" subtype="note" n="3.76">
    
            <p><f2>v-az-in</f2>, per <f2>u az-în</f2>.</p>
        </div>

        <div type="textpart" subtype="note" n="3.126">
    
            <p><f2>k-ârad</f2>, per
                <f2>kih ârad</f2>. </p></div>
            
                <div type="textpart" subtype="note" n="3.135">
    
                    <p><f2>bi-fzûd</f2>, per <f2>bi-afzûd</f2>.</p>
                </div>
        
                <div type="textpart" subtype="note" n="3.141">
            
                    <p>Il pron. <f2>-ash</f2>, dipende da <f2>guzîd</f2>.
</p></div>
</div>
</div>

<div type="textpart" subtype="selection" n="4">
    <head>IV. NOZZE DEI TRE FIGLI DEL RE FREDÙN.</head>
    <p>

    
    Frêdûn, vinto e incatenato Dahâk e riordinato il
    regno, stabilisce di celebrar le nozze dei suoi tre figli,
    natigli, due da Shehrnâz e l'altro da Ernevâz, dalle sorelle
    cioè di Ǵemshîd che egli aveva sposate. Il savio ed
    amorevole padre, il quale non aveva ancora imposto il
    nome ai figli suoi riserbandosi a trovarne loro uno solo
    allorquando avesse ben conosciuta l’indole di ciascheduno,
    desidererebbe tre sorelle di nobile e regia stirpe per
    farne le compagne dei figli suoi. Gendel, un suo fedele
    e prudente servo, si pone in cerca di un re che vada
    lieto di tre figlie quali sono desiderate da Frêdûn, e
    udendo finalmente che il potente e glorioso Serv re del
    Yemen trovasi appunto in tali condizioni, egli si reca a
    quella corte e quivi fa la sua proposta. Il re del Yemen
    non vorrebbe veramente accondiscendere al desiderio di
    Frêdûn, ma Frêdûn è signore troppo potente perchè egli
    possa rifiutarsi di far la sua volontà, e la pena inflitta a
    ‘Dahâk parla troppo chiaro. Domandato quindi qualche
    tempo per riflettere, il re del Yemen si consiglia co’ suoi
    
    
    <pb n="79"/>
    
    
    principi, i quali gli fanno profferte di aiuto, caso che
    l'occasione lo richiegga, e lo consigliano intanto ad accettar
    la proposta di Frêdûn, ma bensì con molte e gravi condi-
    zioni, per le quali si possa impedir quel connubio o
    almeno mandar in lungo le cose.</p>

<p>A questo punto in-
    comincia il brano che segue.


</p>

<div>
    <head>NOTE GRAMMATICALI.</head>
        <div type="textpart" subtype="note" n="4.4">
    
            <p><f2>ćih û</f2>, va letto come <f2>ć-û</f2> per il
                verso.</p></div>
                
                <div type="textpart" subtype="note" n="4.16">
    
                    <p>Bisogna scandere questo verso così: 
    <f2>na-shâyad zadan ǵuz bi-farmân-sh i (u — — u, per di-farmân-ash) gâm</f2>; sì noti il verbo
                skéyad con l'infinito.</p></div>
                
                <div type="textpart" subtype="note" n="4.27">
    
                    <p><f2>shân</f2> dipende da <f2>dil</f2>, il loro cuore.</p></div>
                
                    <div type="textpart" subtype="note" n="4.30">
        
                        <p>Bisogna scandere questo verso così: <f2>firistam saduk-shân
                (u _ _, per <f2>saduk-ishân</f2>) bar i shâh.i bâz; bâz</f2> è qui postposizione
                di firistam.</p></div>
                
                <div type="textpart" subtype="note" n="4.59">
    
                    <p>Bisogna scandere questo verso così: 
                        <f2>zubân râsitî râ biy-ârâsitah</f2>.</p></div>
                
                        <div type="textpart" subtype="note" n="4.70">
            
                            <p><f2>bikâr âvarad (_ u x, presente di
                âvardan, âvarîdan; leggendo âvard, sarebbe passato, e il verso
                sarebbe sbagliato) mard i dânâ fusûn</f2>.</p></div>
                
                <div type="textpart" subtype="note" n="4.84">
    
                    <p><f2>k-at</f2>, per <f2>kih-at</f2>, che
                a te.</p></div>
                
                <div type="textpart" subtype="note" n="4.85">
    
                    <p><f2>k-az-în</f2>, per <f2>kih az în</f2>.</p></div>
                
                    <div type="textpart" subtype="note" n="4.88">
        
                        <p>Il pron. suff. <f2>tân</f2>
                (per <f2>itân</f2>) dipende da <f2>bâyad</f2>; così al v. 128.</p></div>
                
                <div type="textpart" subtype="note" n="4.105">
    
                    <p>Si scanda:
                <f2>ćû as âmadan-shîn (_ u _ _) shud âgâh i sarv</f2>.</p></div>
                
                <div type="textpart" subtype="note" n="4.107">
    
                    <p><f2>pish</f2>
                regge il pron. <f2>shân</f2>.</p></div>
                
                <div type="textpart" subtype="note" n="4.119">
    
                    <p><f2>shân</f2> dipende da <f2>âvarîd</f2>.</p></div>
                
                    <div type="textpart" subtype="note" n="4.120">
        
                        <p><f2>shân</f2> dipende da <f2>kard</f2>.</p></div>
                
                        <div type="textpart" subtype="note" n="4.136">
            
                            <p>Bisogna scandere: <f2>k-as âmikhitan
                rang i n-âmad-sh i (-—-, per n-âmad-<f2>ash</f2>) sûd</f2>.</p></div>
                
                <div type="textpart" subtype="note" n="4.138">
    
                    <p><f2>dâd</f2>
                per l’infin. <f2>dâdan</f2>.</p></div>
                
                <div type="textpart" subtype="note" n="4.151"><p>Si divida: <f2>di-dân-gah</f2>, in quel tempo;
                <f2>gah</f2> per <f2>gâh</f2>.</p></div>
                
                <div type="textpart" subtype="note" n="4.163"><p>Bisogna scandere: 
                    <f2>ćunân shud kih bi-fsurd i
                (_ _ u per <f2>bi-fisurd</f2>) hâmûn u râgh</f2>.</p></div>
                
                <div type="textpart" subtype="note" n="4.175"><p><f2>kardan</f2> per <f2>kard</f2>.</p></div>
                
                <div type="textpart" subtype="note" n="4.181"><p>sottint. <f2>kih</f2>, <gloss>che</gloss>.</p></div>
                
                <div type="textpart" subtype="note" n="4.197"><p>bisogna scandere: <f2>bih-akhtar
                kasî dân kih dukhtar-sh i (- — u, per <f2>dukhtar-ash</f2>) nîst</f2>; così si legga
                <f2>akhtar-sh</f2> i (-—, per <f2>akktar-ash</f2>) nel verso seguente.           
            
            </p></div>

            </div></div>

<div type="textpart" subtype="selection" n="5"><p>
    V. MORTE DEL RE FRêDûN.

    Il re Frédin, celebrate le nozze dei suoi tre figli, ai
    quali, dopo aver fatta prova del valor di ciascuno, egli
    aveva imposti i nomi di Salm, di Tûr e di Eraǵ (<f>رور، سلم، ايرج</f>,
    
    
    <pb n="87"/>
    
    
    E pl; si vegga il brano antecedente), si determinò in fine a
    
    dividere il regno fra loro. Ma perchè al minore di tutti,
    ad Eraǵ, era toccato l’ Iran, la parte cioè più bella del-
    l'eredità paterna, i due figli maggiori ne mossero lagnanza
    al padre, il quale rispose protestando di aver fatta giustizia.
    Eraǵ allora, per acquetare i fratelli, si recò da loro con
    l'assenso del padre. Fu egli accolto dapprima con molto
    onore, ma poi ucciso da Tûr in un alterco suscitato
    appositamente. La testa dell’ infelice giovinetto fu
    mandata a Frêdûn che, nel suo immenso dolore, giurò
    di punire i due malvagi.</p>
    
    <p>Intanto da una sposa di Eraǵ nasceva una vaga
    fanciulla di nome Màh-àferìid, e da questa più tardi,
    sposata a Pesheng principe animoso e gagliardo, nasceva
    Minôcihr, il Manuscithra dell’ Avesta. Il vecchio Frêdûn
    allevò il giovinetto con ogni cura, e quando lo vide atto
    a trattar l’armi, lo mandò con una infinita schiera di
    armati contro Tûr e Salm.</p>
    
    <p>Da queste discordie tra i figli del re Frêdûn e da
    questa prima guerra di Minôcihr contro Tûr. e Salm
    prende origine la lunga guerra tra Irani e Turani (così
    detti da Tûr loro primo signore), che occupa la maggior
    parte del Zz6r0 dei Re, e del significato della quale
    abbiamo già fatto qualche cenno nell’ Introduzione, in
    principio di quest’ Axtologia.</p>
    
    <p>Minôcihr giunge ad ottener finalmente compiuta
    vittoria. Dopo avere ucciso Tûr e dopo di lui Salm,
    ne manda le teste con una lettera trionfale al vecchio
    Frêdûn, annunziandogli così che la morte di Eraǵ è
    vendicata. Allora il vecchio re che era vissuto, si può
    dire, con quest’ unico desiderio, non ha più nulla da
    fare in terra e si prepara quindi a morire. Gli ultimi
    giorni del viver suo furono tristi, perchè la memoria
    dei tre figli così miseramente perduti incessantemente lo
    
    
    <pb n="88"/>

    
    tormentava. Onde, designato per suo successore il
    giovane Minécihr, dopo cinquecento anni di regno, morì
    compianto e onorato da tutti, lasciando bella e gloriosa
    memoria di sè.


</p>


<pb n="89"/>


<div>
    <head>NOTE GRAMMATICALI.</head>
        <div type="textpart" subtype="note" n="5.8"><p>Bisogna scandere così questo
verso: <f2>ćunîn guftiy ân (_u_) nâmi-var (_ u _) shahriyâr</f2>.</p></div>
                
<div type="textpart" subtype="note" n="5.24"><p><f2>ash</f2> si riferisce al soggetto stesso che è <f>minûćihr</f> del verso
antec., e fa qui da soggetto (Gramm. 125, nota).</p></div>
                
<div type="textpart" subtype="note" n="5.29"><p>bisogna
scandere: <f2>bi-padrûd i kardan-sh i (- — u, invece di <f2>kardan-ash</f2> —— x)
raftand i pish</f2>.</p></div>
                
<div type="textpart" subtype="note" n="5.44"><p>, si divida dil-at-rîd.</p></div>
                
<div type="textpart" subtype="note" n="5.45"><p>, <f2>khunuk</f2> (u —)
per eccezione, mentre l’ultima sillaba dovrebbe esser breve
(<f2>khunuk</f2> u u), seguendo la vocale di <f2>ân</f2>.</p>
</div>
</div></div>
<pb n="90"/>

<div type="textpart" subtype="selection" n="6">
<head>VI. AMORI DI ZÂL E DI RûDABEH.</head>
    <p>Al tempo del re Minôcihr entra a far parte della
leggenda epica anche la famiglia del Segestân, i cui
membri erano come gran vassalli del re dell’ Iran, e però
si chiamavano <f>جهان پهلوان</f>  <f2>ǵihân pahlavân</f2>, eroi del
regno, e come tali potevano essi portar corona reale e
avevano il privilegio di dare udienza sedendo in trono.
Questa famiglia discendeva da Ǵemshîd che aveva sposata
la figlia di un re di quei luoghi allorquando, fuggendo
da Dahâk, giunse ramingo in quelle parti. Anticamente
il paese chiamavasi <zend>bâkhdhi</zend> nell’ Avesta e <oldp>bakhtri</oldp> nelle
Iscrizioni del re Dario, dal quale ultimo nome i Greci poi
fecero quello di <grc>Βάκτρα</grc> perchè esso poi fosse chiamato
Segestân, ciò si spiega per certe invasioni, in tempi storici,
di barbari del Settentrione che mutarono il nome del
bel paese tanto benemerito dei re dell’ Iran (v. i miei
Racconti Epici di Firdusi, p. 59 e segg.).</p>

<p>I principi che appartengono a questa famiglia, sono,
in ordine cronologico, i seguenti: Tûr (figlio di Ǵemshîd
e di Perî-ćihreh, v. sopra; non si confonda questo Tûr
con l’altro figlio di Frêdûn; v. i brani antecedenti.), Shêdasp,
Tûrek, Shem, Asrit, Ghershâsp, Nerîmân o Nîrem,
Sâm, Zâl o Destân, Rustem. Quest’ ultimo fu il più
glorioso di tutti, come vedremo appresso. I re dell Iran
trovarono in questa famiglia di eroi il più valido sostegno
alla loro potenza, nè si presentò mai qualche difficile
impresa la quale, affidata a uno di loro, non ottenesse
esito splendido e felice.</p>

<p>Dei primi eroi contiene ben poche cose, anzi quasi
nulla, il <title>Libro dei Re</title>. Di Ghershâsp si ricorda sola-
mente una battaglia con Shîrûy; di Nîrem si sa sol-
tanto da un racconto di Sâm che egli morì nell’ assedio
della rocca del Sipend, e de’ suoi antenati non si hanno


<pb n="91"/>


che sparse e incerte notizie. Di Sâm si raccontano molte
e prodigiose battaglie (v. il brano che tien dietro a questo
e il Vocab. alla voce Sâm); ma il <title>Libro dei Re</title> si ferma
più specialmente intorno alla storia intima della sua casa.
Sâm, dopo aver lungamente sospirato e chiesto al cielo
un figlio, ne ebbe uno da una delle sue mogli. L’infante
era bello e vigoroso, ma aveva i capelli bianchi. Il padre
allora che credette scorgere in ciò l’opera di Ahrîmane,
lo fece esporre dai servi sul monte Alburz, laddove egli
sarebbe perito se l'uccello Sîmurgh (v. il Vocab.) per
comando di Dio non l'avesse curato e nutrito. Ma, dopo
alcuni anni, il padre ammonito da una terribile visione, si
pose in cerca del figlio suo che gli fu reso sano e salvo
dal Sîmurgh.</p>

<p>Il giovinetto, chiamato Zâl o Zâl-zer, cioè <gloss>vecchio</gloss>,
dal padre per i suoi capelli, e Destân, cioè <gloss>frode</gloss>, dal
Sîmurgh per la mala fede usatagli da Sâm, cresce con
gli anni in ogni virtù nella casa paterna. Il re Minôcihr
lo vuol vedere e lo raccomanda al padre. Ma un giorno
ch’ egli, andando a diporto per i paterni dominii, giunge
sui confini del Kâbul, s'invaghisce, al solo sentirne par-
lare, della bella Rûdâbeh figlia di Mihrâb re di quel paese;
e di qui appunto ha principio il brano che segue. L'amore
però dei due giovani è fortemente contrastato da Sâm
prima, poscia da Minôcihr, perchè Mihrâb, padre della
fanciulla, era idolatra e discendeva dall’ empio Dahâk,
che, come abbiamo visto, era creatura di Ahrîmane (v. i
brani antecedenti.). Non era quindi lecito a un eroe d’Irania
far lega con uno che discendeva dal genio del male.</p>

<p>Per maggiori notizie intorno agli eroi del Segestân,
v. SPIEGEL, Erân. Alterthumskunde I, 555—573.
    </p>

    <div>
        <head>NOTE GRAMMATICALI.</head>
            <div type="textpart" subtype="note" n="6.1"><p>

    Il soggetto è Zâl, v. la traduzione
di questo brano in fine all’ <title>Antologia</title>.</p></div>
                
<div type="textpart" subtype="note" n="6.22"><p><f2>-ash</f2> ha qui il significato
quasi di: <gloss>contro di lui</gloss>.</p></div>
                
<div type="textpart" subtype="note" n="6.34"><p>il primo <f2>mihi</f2> è il nome <f2>mih</f2>, principe,
con l’art. indet.; il secondo è l’astratto, <gloss>grandezza</gloss>.</p></div>
                
<div type="textpart" subtype="note" n="6.43"><p>il pron.
<f2>-ash</f2> di <f2>hamânâ-sh</f2>, per <f2>hamdânâ-ash</f2>, dipende da <f2>âmad</f2>.</p></div>
                
<div type="textpart" subtype="note" n="6.111"><p><f2>az-ân-k-û</f2>, per questo che egli; <f2>k-û</f2>, per <f2>kih û</f2>.</p></div>
                
<div type="textpart" subtype="note" n="6.124"><p>si scanda:
<f2></f2>magar tîrah gardad-sh i (_ _ u, per <f2></f2>gardad-ash _ u x) z-în âbirûy
(- u -, per <f2>âb-rûy</f2> — —).</p></div>
                
<div type="textpart" subtype="note" n="6.150"><p>si scanda: <f2>ćigûnah-st (u _ _, per <f2>ćigûnah ast</f2> u _ u _) i ćihr u ćigûnah-st i yâl</f2>.</p></div>
                
<div type="textpart" subtype="note" n="6.153"><p>il
nome <f2>gîtî</f2> ha qui, sec. l'uso di Firdusi, due preposizioni.</p></div>
                
<div type="textpart" subtype="note" n="6.159"><p>e 160 <f2>buvad</f2> (=), non <f2>bûd</f2> (—).</p></div>
                
<div type="textpart" subtype="note" n="6.181"><p><f2>u-râ</f2> dat. di <f2>û</f2>, <gloss>egli, ella</gloss>.</p></div>
                
<div type="textpart" subtype="note" n="6.185-186"><p><f2>man-îd</f2>, <f2>îd</f2> 2a pers. pl. di <f2>am</f2>, <gloss>io sono</gloss>.</p></div>
                
<div type="textpart" subtype="note" n="6.218"><p><f2></f2>v-ar-ân per <f2>u ar</f2>  (per <f2>agar</f2>) <f2>ân</f2>.</p></div>
                
<div type="textpart" subtype="note" n="6.220"><p><f2>buvad</f2>, pres. in
tutti e due i casi.</p></div>
                
<div type="textpart" subtype="note" n="6.224"><p>si scanda: <f2>zi-ćarkh i ćahârum khûr âyad-t i (per <f2>âyad-at</f2>) shûy.</f2></p></div>
                
<div type="textpart" subtype="note" n="6.232"><p><f2>na-y-arzîd</f2>.</p></div>
                
<div type="textpart" subtype="note" n="6.237"><p><f2>-ash</f2>
dipende da <f2>khvânand</f2>.</p></div>
                
<div type="textpart" subtype="note" n="6.240"><p><f2>ma-y-ârîd</f2>, da <f2>âvardan</f2>.</p></div>
                
<div type="textpart" subtype="note" n="6.263"><p><f2>buvî</f2>
(u _) da <f2>bûdan</f2>, 2a pers. sing. pres.</p></div>
                
<div type="textpart" subtype="note" n="6.273"><p><f2>mah</f2>, per <f2>mâh</f2>.</p></div>
                
<div type="textpart" subtype="note" n="6.282"><p><f2>ki-y-and</f2>, per <f2>kih and</f2>, <gloss>chi sono</gloss>?</p></div>
                
<div type="textpart" subtype="note" n="6.290"><p><f2>n-âramîd</f2>, per
<f2>nah âramid</f2>.</p></div>
                
<div type="textpart" subtype="note" n="6.301"><p><f2>-ash</f2> dipende da <f2>âvard</f2>.</p></div>
                
<div type="textpart" subtype="note" n="6.318"><p><f2>-ash</f2>
dipende da <f2>khvânand</f2>.</p></div>
                
<div type="textpart" subtype="note" n="6.329"><p>si scanda: <f2>dû ǵâdû-sh</f2> (_ _, per
<f2>ǵâdû ash</f2>) <f2>i pur khvâb u pur (—) âbi-rûy</f2> (_ u _).</p></div>
                
<div type="textpart" subtype="note" n="6.337-338"><p><f2>buvad</f2>, da <f2>bûdan</f2>.</p></div>
                
<div type="textpart" subtype="note" n="6.353"><p><f2>-tân</f2> dipende da <f2>bâyad</f2>.</p></div>
                
<div type="textpart" subtype="note" n="6.404"><p><f2>bar</f2>
è postposizione di <f2>sarv i sahi</f2>.</p></div>
                
<div type="textpart" subtype="note" n="6.466"><p>si scanda: 
    <f2>bi-ummîd i ân tâ
bi-bînad-sh i</f2> (u — — u, per <b2>bi- bînad-ash</b2> u _ u u)  <f2>ćihr</f2>.</p></div>
                
<div type="textpart" subtype="note" n="6.467"><p><f2>-ash</f2>,
dipende da <f2>pîsh</f2>.</p></div>
                
<div type="textpart" subtype="note" n="6.476"><p><f2>ast</f2> sottinteso.</p></div>
                
<div type="textpart" subtype="note" n="6.494"><p><f2>shud-astî</f2>, per
<f2>shudah-hastî</f2>.</p></div>
                
<div type="textpart" subtype="note" n="6.511"><p><f2>ân-ći-t</f2>, per <f2>ân ćih at</f2>.</p></div>
                
<div type="textpart" subtype="note" n="6.601"><p>si scanda:
<f2>si-didan-sh i (u _ _  u) rûdâbah mi n-âramîd</f2>.</p>
</div>
</div>
</div>

<div type="textpart" subtype="seldction" n="7"><head>VII. SÀM RACCONTA AL RE MINO€IHR COME EGLI ABBIA UCCISO UN DRAGONE SUL FIUME KESHEF.</head>
    <pb n="114"/>
    
        
    <p>Il racconto che qui fa Sâm (v. il Vocab. e l'Introd.
        al brano antecedente) del come egli sul fiume Keshef abbia
        ucciso un dragone, ricorda uno dei più antichi e comuni
        miti indo-europei, nei quali la lotta celeste tra la luce e
        le tenebre, tra il sole e l’uragano, vien raffigurata sotto
        l'apparenza di una battaglia fra un dio o un eroe, cam-
        pione della luce e del bene, e un dragone o un serpente,
        rappresentante la nuvola nera e gravida di pioggia.
        Quello che abbiam già detto di Frêdûn e della sua lotta
        con Dahâk (v. il brano II dell’ <title>Antologia</title>), si può dire
        anche qui di Sâm uccisore di un immane serpente.</p>
        
        <p>L’<title>Avesta</title>, nel quale Sâm è ricordato sotto il nome
        di Kerecagpa (v. il Vocab. v. Sâm), ricorda pure questa
        grandiosa impresa in due punti diversi (yaçna 9, 34—-39
        e yasht 19, 40). Ecco la traduzione del primo passo
        che è il più importante. <quote>Il quale (Kereçâçpa) uccise il
        serpente Çruvara (cioè: <f2>cornuto</f2>), ingoiator di cavalli,
        ingoiator di uomini, velenoso, di color verdastro, sopra
        di cui il veleno verdastro cresceva all'altezza di un pollice.
        Sopra di esso Kereçâçpa si cuoceva il cibo in un vaso
        di ferro, all’ ora del mezzogiorno. Si bruciò quell’ esizial
        (<f2>hô mairyô</f2>) <gloss>serpente</gloss> e balzò; s'allontanò dal vaso di ferro
        (nota lo SPIEGEL, <title>Avesta-Uebersetzung</title>, p. 72, che il serpente
        doveva essere tanto grande che Kereçâçpa lo dovette
        scambiare con un tratto di suolo verde), per gettarsi nell’
        acqua torbida. Alora si ritirò indietro spaventato Kereçâçpa d'animo virile</quote> (cfr. DARMESTETER, Ormazd et
        Ahriman, p. 213 e segg.)</p>
        
        <p>Firdusi ha fatto di questa battaglia di Sâm una
        descrizione veramente dantesca. Ne abbiamo, oltre a quella
        francese del Moni, una versione tedesca dello SPIEGEL
        (<title>Arische Studien</title>, p. 125); una mia traduzione in versi
        
        
        <pb n="115"/>

        
        italiani trovasi nei miei <title>Racconti epici di Firdusi</title> (p. 507
        e segg.) e nella mia <title>Antologia Epica</title> (p. 55 e segg.); e le
        immagini fosche e terribili con le quali Firdusi adorna
        il suo racconto, ricordano, come giustamente osserva il
        Brear (<title>Hercule et Cacus</title>, p. 122), le immagini di Esiodo
        allorquando descrive il serpente Tifone.</p>
        
        <p>Per intendere qual posto occupi nella leggenda epica
        questo racconto di Sâm, si sappia che, avendo egli inteso
        come Minôcihr si opponesse agli amori di Zâl e di Rûdâbeh
        (v. il brano antecedente), si determinò a mandare alla corte lo
        stesso Zâl con una sua lettera per raccomandarlo e cal-
        mar lo sdegno del re. In questa lettera il prode guerriero
        ricorda a Minôcihr i suoi meriti, tra i quali è quello
        certamente di aver liberato il mondo da sì terribile
        flagello, quale era il serpente del fiume Keshef.</p>


        <div>
            <head>NOTE GRAMMATICALI.</head>
                <div type="textpart" subtype="note" n="7.27"><p>Si legga <f2>rasîdam-sh</f2> (u _ _)
                    invece di <f2>rasîdam-ash</f2> (u _ u x).</p></div>
                    <div type="textpart" subtype="note" n="7.31"><p><f2>ash</f2> dipende da 
                    
                
                    <pb n="118"/>
                    
                    
                    <f2>dû ćashm</f2>; s'intenda: ambo i suoi occhi.</p></div>
                    <div type="textpart" subtype="note" n="7.40"><p>Si legga <f2>buvad</f2>, pres.</p></div>

                    <div type="textpart" subtype="note" n="7.45-46"><p>Si legga: <f2>dahân-sh</f2> e <f2>zubân-sh</f2> (u _) invece di 
                    <f2>dahân-ash</f2> e <f2>zubân-ash</f2> (u _ x).</p></div>

                    <div type="textpart" subtype="note" n="7.49-50"><p>Si legga: <f2>zafar-sh</f2> e <f2>ǵigar-sh</f2>
                    (u _) per <f>zafar-ash</f> e <f2>ǵigar-ash</f2> (- — 7).</p></div>
                    <div type="textpart" subtype="note" n="7.31"><p>72, am<f2></f2>, dipende da
                    <f2>bud</f2> (u) per <f2>bûd</f2> (_).
                    </p></div></div>
</div>

<div type="textpart" subtype="selection" n="8"><head>VIII. NASCITA DI RUSTEM.</head>

    <p>Dopo molti contrasti e dopo molta resistenza da
        parte di Minôcihr e di Sâm (v. il capo VI di quest’
        Antologia), dopo che Zâl alla corte del primo, in presenza
        dei sacerdoti, ha sostenuto una specie di esame ed è
        riuscito felicemente nella prova, viene stabilito il connubio
        di Zâl con Rùdabeh figlia di Mihràb, e le nozze vengono
        celebrate con grandissima pompa. Ciò però che deter-
        mina tanto il re quanto il padre di Zal a dare il richiesto
        assenso a quelle nozze, si è la predizione fatta a Minôcihr
        dai sacerdoti, che intanto per suo incarico avevano con-
        sultato gli astri, di un grande eroe che doveva nascere
        da Zâl e da Rùdàbeh, e che sarebbe stato la gloria più
        splendida e il più valido difensore della corona dell’ Iran.
        Questo grande eroe era Rustem, del quale si descrive la
        nascita nel seguente racconto.</p>
        
        <p>Per intender meglio alcuni particolari del racconto
        che segue, si noti che Zâl, padre di Rustem, quand’ era
        fanciullo ed era allevato sull’ Alburz dal Sîmurgh (v. il
        capo VI di quest’ Ay/o/ogta) ebbe da lui in dono una penna
        delle sue ali con l'avviso di gettarla nel fuoco quando
        egli si fosse trovato in un gran pericolo. Zâl, al momento
        del parto di Rùdàbeh, che fu faticosissimo, segue il pre-
        cetto del Simurgh che tosto accorre in suo aiuto.</p>

        <div>
            <head>NOTE GRAMMATICALI.</head>
                <div type="textpart" subtype="note" n="8.15"><p>

                   <f2>âmad-ast-am</f2>; <f2>am</f2> è pron. sufî.

di 1a pers. s'intenda: <gloss>è a me venuto</gloss>. 
</p></div>

<div type="textpart" subtype="note" n="8.21"><p>
Si divida: <f2>bi-sang-ast-ash</f2>.</p></div>

<div type="textpart" subtype="note" n="8.22"><p>Si legga <f2>darû-st</f2>, per <f2>dar û ast</f2>, <gloss>è dentro di esso</gloss>. </p></div>

<div type="textpart" subtype="note" n="8.35"><p>
<pb n="126"/>
<f2>ash</f2> dipende da <f2>âmad</f2>. </p></div>

<div type="textpart" subtype="note" n="8.41"><p>Si legga bdrdn-sh i (- — —)
per bérdn-ash (-—7) e buvad (- =) per béd (—) in questo e nel
verso seguente. </p></div>

<div type="textpart" subtype="note" n="8.50"><p><f2>n-yârad</f2> da <f2>yâristan</f2>, non <f2>na-y-ârad</f2>, da
<f2>âvardan</f2>, e si legga <f2>gudhashian-sh i abr</f2> (- — —— —) per <f2>gudhashtan-ash abr</f2> (u _ u u n_). </p></div>

<div type="textpart" subtype="note" n="8.53"><p>k-âvâz, per <f2>kih âvâz</f2>.</p></div>

<div type="textpart" subtype="note" n="8.77-78"><p>Si legga <f2>khastagî-sh</f2> e <f2>rastagî-sh</f2> (_ u _) per <f2>khastagiy-ash</f2> e <f2>rastagiy-ash</f2> (_ u u x); <f2>bi-y-âlây</f2>, imperativo di <f2>âlûdan</f2>. </p></div>

<div type="textpart" subtype="note" n="8.84"><p>Si legga
<f2>bi-shgufânad-t i bakht</f2> (_ u _ _ u _) per <f2>bi-shigufânad-at bakht</f2>
(_ u _ _ u _)</p></div>

<div type="textpart" subtype="note" n="8.99"><p><f2>ash</f2> dipende da <f2>âvarîd</f2>.</p></div>

<div type="textpart" subtype="note" n="8.154"><p><f2>mânad</f2>

da <f2>mânistan</f2>, pres., non da <f2>mândan</f2>.</p></div>

<div type="textpart" subtype="note" n="8.184"><p>Sì legga <f2>zindagânî-sh</f2>
(_ u _ _) per <f2>zindagâniy-ash</f2> (_ u _ u u)</p></div>

<div type="textpart" subtype="note" n="8.193"><p>Si legga di
<f2>shâdi-sh</f2> (u _ _) per <f2>bi-shâdiy-ash</f2> (u _ u x).</p></div>

<div type="textpart" subtype="note" n="8.207"><p><f2>yal-asti</f2>,

da <f2>yal hast</f2>, con la terminazione <f2>î</f2> di cui parla la Grammatica, 70.
                </p>

                    </div></div>
</div>

<div type="textpart" subtype="selection" n="9">
<head>IX. RUSTEM SI RECA AL MONTE ALBURZ PER RINTRACCIARVI IL RE KOBAD.</head>
    
    
    <p>Il re Minôcihr, dopo aver vendicata la morte di
        Eraǵ (v. i capi antecedenti), salito al trono alla morte di
        Frêdûn, ebbe regno tranquillo, e i principali avvenimenti
        del suo regno, furono gli amori di Zâl e di Rùdabeh e
        la nascita di Rustem (v. i capi VI e VIII). Egli morì
        dopo cento vent’ anni di regno, lasciando al figlio Nevder
        (nell’<title>Avesta</title> detto Naotara?) il trono.</p>
        
        <p>Il re Nevder si mostrò ben tosto diverso assai dai
        gloriosi suoi antecessori; dice il Z20rx0 dei Re che egli
        si occupava soltanto del bere e del mangiare e del dor- .
        mire, e che Zal, chiamato dal Nîmrùz in fretta dai
        principi scandalizzati della condotta del re, tentò invano
        con savi consigli di fargli mutar costume. I. Turani
        intanto, questi eterni nemici degli Irani, approfittarono
        del momento favorevole e invasero l’Iran, violando i
        confini loro imposti da Minôcihr, sotto la guida di Afrâsyâb
        bellicoso figlio di Pesheng, loro signore. Pesheng di-
        scendeva da Tûr, da quel Tûr, figlio di Frèdàn, uccisore
        di Eraǵ, stato poi ucciso da Minôcihr in pena del suo
        misfatto; nè egli poteva dimenticar l’onta arrecata alla sua
        
        
        <pb n="127"/>
     
        
        casa con la morte del suo progenitore, ricordando sempre
        che il re Frêdûn, nel dividere il regno, aveva fatto torto
        a Tûr e a Salm, suoi figli maggiori, per favorir di troppo
        il figlio minore Eraǵ, da lui prediletto (v. l'Zrtroduzione al
        c. IV). Afràsyab, eccitato così dal padre alla riscossa, viene
        a battaglia con gli Irani, ma Nevder è fatto prigioniero
        dopo molte traversie, e poi ucciso miseramente da lui. Zâl
        allora fa proclamar re il prode Zav figlio di Tahmâsp, detto
        Uzava nell’ Avesta, al quale dopo breve regno succede
        Ghershâsp. Il regno di Ghershâsp è inerte e debole, e
        Afrâsyâb minaccia nuovamente ai confini. Zâl e Rustem
        comprendon bene che bisogna omai proclamare un re
        che abbia vigore ed energia. Tûs e Gustehem, figli di
        Nevder, sono valorosi e forti; ma l'aureola luminosa (in
        pers. 3 farr) che cinge il capo dei re Irani, non si è
        posata fai loro capo, essa invece è trasvolata al monte
        Alburz per adornar di sè il capo di Kobâd. Bisogna
        adunque ricondurre nell’ Iran da quei luoghi alpestri il nuovo
        re, e Zâl, dopo essersi consigliato coi sacerdoti, spedisce
        in fretta il figlio suo Rustem, fornito d'armi e scorto dal
        suo celebre destriero Rakhsh, al monte Alburz per
        rintracciare il. nuovo eletto. Il viaggio di Rustem e il
        suo incontro con Kobâd sono il soggetto del racconto
        che segue.</p>

<p>Così col re Kobâd succede nel trono al-
        l'antica famiglia dei Péshdàd la famiglia dei Kay, di cui
        abbiam fatto qualche cenno nell’ Introduzione posta a
        capo di questa <title>Antologia</title> (cfr. SPIEGEL, Erân. Alterth. I,
        p. 581 e segg.).</p>
        
    <p>È questo il punto di dir qualche cosa di Afrâsyâb. —
        Questo re del Turan, detto nell’ Avesta Fraùrasyan (sec.
        lo SPIEGEL, Avesta- Uebersetzung, II, p. LXIII, da una rad.
        hrag, spaventare, cfr. pers. el,» Airds, terrore), è la
        copia terrena, si può dire, di Ahrîmane. Come Ahrîmane
        (cfr. Vendidéd, I) non fa nulla di proprio moto, ma tutto
        opera per fare una opposizione (z. faztyàra) ad Ormuzd,
        
        
        <pb n="128"/>
      
        
        svelando così inconsapevolmente la sua inferiorità, così
        Afrâsyâb non muove mai guerra agli Irani se non quando
        questi, o per qualche pubblica sventura o perchè il trono
        è vacante, si trovano deboli e indifesi. Quando invece
        gli Irani sono abbastanza forti, egli se ne sta quieto e
        tranquillo nel suo regno, e solo prende le armi, per poi
        ritirarsi spaventato e scornato, quando qualche eroe iranio,
        Rustem più di tutti, viene a disturbarlo nel suo ozio
        forzato. L’inferiorità sua poi di fronte ai re Irani è
        espressa anche dall’ Avesta in quel meraviglioso mito,
        secondo il quale questo re nemico si tuffò più volte nel
        lago Vourukasha per ottener la maestà reale nascosta in
        quelle acque e propria dei re Irani; ma essa gli sfuggì
        per tre volte, aprendosi nuove vie di scampo, nè lasciandosi
        prender da lui quand' egli, deposte le vesti, le correva
        dietro gridando (yaskf 19, 56—64).</p>
        
        <p>Vedremo nel seguito di quest’ <title>Antologia</title> molte
        altre opere ‘di questo nemico degli Irani e la sconfitta e
        la morte che gli toccarono in pena delle sue colpe.
        </p>

        <div>
            <head>NOTE GRAMMATICALI.</head>
                <div type="textpart" subtype="note" n="9.8"><p><f2>gah u bî-gah</f2>, <gloss>di mattina e di sera</gloss>,  v. il Voc.</p></div>

<div type="textpart" subtype="note" n="9.20"><p><f2>yakî gurzah</f2>, ecc., è come in abl. assol.: <gloss>avendo in mano una clava</gloss>, ecc.</p></div>

<div type="textpart" subtype="note" n="9.24"><p>nel braccio molti diventarono
                    senza vigore e senza potenza.</p></div>

<div type="textpart" subtype="note" n="9.32"><p>si legga <f2>gav-î</f2>, <gloss>un eroe</gloss>.</p></div>

<div type="textpart" subtype="note" n="9.34"><p>fino ai confini (<f2>dar</f2>) del re (d'Irania).</p></div>

<div type="textpart" subtype="note" n="9.44"><p>Rustem andò
                    innanzi, cercando il re dell’ Iran (Kobâd), finchè non gli restava che
                    un miglio di strada per arrivare al monte Alburz.</p></div>

<div type="textpart" subtype="note" n="9.49"><p>
                    <f2>bi-nihâdah</f2> (per il verso <f2>bi-nhâdah</f2>, — — u), <gloss>che aveva posto</gloss>, si riferisce
                    al <f2>nav-ǵuvân</f2> di sopra che è Kobâd; così si traducono molti di
                    questi part. passati.</p></div>

                    <div type="textpart" subtype="note" n="9.60"><p> <f2>ǵâ-t</f2> per <f2>ǵâ-at</f2>, <f2>at</f2> dipende da <f2>skâyad</f2>.</p></div>

<div type="textpart" subtype="note" n="9.64"><p><f2>nâm-var</f2> va riferito a Rustem.</p></div>

<div type="textpart" subtype="note" n="9.82"><p><f2>bi-hangâm yârî</f2>..., <gloss>nell’
    occasione opportuna recheremo a te molto aiuto</gloss>.</p></div>

<div type="textpart" subtype="note" n="9.87"><p><f2>dihid-am</f2>, <gloss>datemi</gloss>.</p></div>

<div type="textpart" subtype="note" n="9.92"><p><f2>khvad</f2> va riferito a Rustem, al quale è anche
                    rivolto il discorso.</p></div>

<div type="textpart" subtype="note" n="9.107"><p>per <f2>pahlavân</f2>, <gloss>eroe</gloss>, qui s'intende
                    Zâl.</p></div>

<div type="textpart" subtype="note" n="9.132"><p><f2>ham-at bâd</f2>, <gloss>sia a te</gloss>.</p></div>

<div type="textpart" subtype="note" n="9.136"><p>per <f2>gûyandah</f2>
                    (<gloss>parlante</gloss>) qui s'intende la lingua.</p></div>

<div type="textpart" subtype="note" n="9.153"><p>si levò un suono dal
                    cuore della corda acuta e della bassa (per dire un suono di
                    strumenti diversi); molteplice fu la gioia, minore (cioè nulla) il do-
                    lore.</p></div>

<div type="textpart" subtype="note" n="9.155"><p>quando fu fatto un giro di vino purpureo (cioè:
                    
                    
                    <pb n="137"/>
                  
                    
                    quando furono fatte girare una volta le tazze).</p></div>

<div type="textpart" subtype="note" n="9.168"><p><f2>rasîd-am</f2>,
    <gloss>venne a me</gloss>.</p></div>

<div type="textpart" subtype="note" n="9.172"><p><f2>payghambarân</f2>, <gloss>nunzi</gloss>; qui s'intendono i principi
                    che hanno mandato Rustem in cerca di Kobâd.</p></div>

<div type="textpart" subtype="note" n="9.187"><p>abl.
                    assol.: quando vi son io e Rakhsh e la clava e la gualdrappa.</p></div>

                    <div type="textpart" subtype="note" n="9.191-192"><p>con questa mano e il cavallo sotto di me, chi verrà contro
                    la clava e la spada mia?</p></div>

<div type="textpart" subtype="note" n="9.201"><p>Kalûn vide un Dêvo (Rustem)
                    sfuggito ai ceppi. Tahmûras, uno dei primi re, aveva incatenati i
                    Dêvi.</p></div>

<div type="textpart" subtype="note" n="9.207"><p><f2>nâm-dâr</f2> si riferisce a Rustem.</p></div>

<div type="textpart" subtype="note" n="9.236"><p><f2>bar</f2>, <gloss>presso</gloss>.                 
                    
</p></div></div>

</div>

<div type="textpart" subtype="selection" n="10"><head>X. BATTAGLIA DEL RE RAVUS E DI RUSTEM COI DÉVI DEL
    MAZENDERAN.</head>
    <p>
        
        
        Il regno di Kobâd durò cent’ anni, e fu allietato da
        una pace conchiusa tra lui e il re dei Turani, Pesheng,
        ad istigazione del figlio di quest’ ultimo, Afrâsyâb (v. il
        c. antecedene), spaventato dai prodigi di valore di Rustem.
        Il re:Kobâd ebbe quattro figli, e il primo che fu Kâvus
        (nell’<title>Avesta</title> Kava Ugan), gli successe nel regno, alla
        sua morte.</p>
        
        <p>Kâvus ci è descritto dall’ Epopea come un re
        presuntuoso e vanitoso, e di tale ‘indole sua diede
        sufficiente prova allorquando, udendo da un Dêvo, tra-
        sformato in gentil cantore, far le lodi del Mâzenderân,
        volle tentar la conquista di quel paese abitato da Dêvi,
        a dispetto dei principi del regno, e di Zâl specialmente,
        che volevano distoglierlo dall’ arrischiata impresa.</p>
        
        <p>Il Mâzenderân, detto nell’ Avesta Mâzana, è la
        provincia che si stende lungo il Mar Caspio dalla parte
        meridionale, e che, secondo la .leggenda epica, era un
        tempo abitata da Dêvi, sotto i quali va indubbiamente
        intesa una popolazione barbarica che anticamente abitava
        quei luoghi. La descrizione stessa che Firdusi fa del
        loro re, come si vedrà nel racconto che segue, sembra
        confermarlo; aveva infatti quel re il pelo crespo, le zanne
        sporgenti dal labbro e il capo aguzzo e ritratto indietro;
        e recenti scavi fatti nel Mazenderân fecero scoprire
        
        
        <pb n="138"/>
    
        
        alcuni scheletri giganteschi che avevano il capo aguzzo
        e i denti lunghi quanto le più piccole giunture del dito
        mignolo. A confermar poi la credenza che quei luoghi
        fossero abitati da Dêvi, s'aggiunge anche la circostanza
        della grande abbondanza di sorgenti di nafta in quei
        luoghi, le quali spesse volte di notte s’incendiano. Gli
        antichi raccontarono già di aver veduto in fiamme il
        Mar Caspio; ciò che non poteva avvenire se non per tali
        sorgenti che dalle rive circostanti si erano sparse sulla
        sua superficie; e questo fenomeno si rinnovò alcuni anni
        fa, come si vide dai giornali che ne davano notizia. Di
        questo paese pertanto che si. credeva abitato da Dêvi,
        imprende la conquista il re Kâvus, il quale, accecato poi
        e incatenato da essi, riesce a stento a mandare a chieder
        soccorso a Zâl e al prode suo figlio. Rustem, incontrando
        mille pericoli per la via detta delle <emph>Sette auventure</emph> (in
        pers. <f>هفت خوان</f> <f2>haft khvân</f2>), accorre in suo aiuto, lo
        libera e gli rende la vista col sangue del fegato del
        Dêvo Bianco ch’ egli aveva ucciso. Il Re del Mazenderân,
        quantunque Kâvus gli intimi più volte la resa, si rifiuta
        costantemente di sottomettersi, e s' impegna quindi tra
        le sue schiere e gli Irani la terribile battaglia, descritta
        nel seguente capo.</p>
        
        <p>L’<title>Avesta</title> conosce una classe di Dêvi detti m4zazaya o
        del Mazenderân; ma non dice nulla di questa spedizione
        del re Kâvus contro di essi È fuor di dubbio però
        che questa leggenda sia molto antica e importante
        (SPIEGEL, Erdw. Alterth. L p. 591).</p>
        
        <p>Per intender meglio il testo che segue, si noti che
        Rustem si era recato dal Re del Mâzenderân con una
        lettera di Kâvus per intimargli la resa. Riuscito vano
        quel tentativo, i due eserciti si preparano a combattere.


    </p>

    <div>
        <head>NOTE GRAMMATICALI.</head>
            <div type="textpart" subtype="note" n="10.5"><p>s'intenda: Quando la polvere dell’
                esercito si sollevò dal mezzo <emph>di esso</emph>, il color del sole (lo splendore)
                sì oscurò.</p></div>

<div type="textpart" subtype="note" n="10.10"><p>non cercò alcun indugio (<f2>zamân</f2>, <gloss>tempo</gloss>) nel
                tempo del camminare.</p></div>

<div type="textpart" subtype="note" n="10.24"><p>questi eroi (Gûderz e Keshvâd)
                erano come un monte di ferro riuniti insieme.</p></div>

<div type="textpart" subtype="note" n="10.31"><p>aveva nome
    Ǵûyâ e cercava (<f2>ǵûyandah</f2>) nome, cioè gloria; — giuoco di parole tra
                <f2>ǵûya</f2> e <f2>ǵûyandah</f2>.</p></div>

<div type="textpart" subtype="note" n="10.33"><p>col permesso del Re (del Mâzenderân).</p></div>

<div type="textpart" subtype="note" n="10.49"><p>solo (ya4î) Rustem volse le briglie.</p></div>

<div type="textpart" subtype="note" n="10.51"><p>dicendo (sottint.);
                <f2>shahriyâr</f2> è vocativo.</p></div>

<div type="textpart" subtype="note" n="10.64"><p>il nome tuo è via cancellato dai somi
                degli eroi.</p></div>

                <div type="textpart" subtype="note" n="10.67-68"><p>ti piangerà (<f2>bi-giryad</f2> u — —) quella che ti ha
                partorito; ti avrebbe ella allevato se fosse stata la <emph>tua</emph> danneggiatrice?
                (cioè: se avesse saputo che allevandoti ti avrebbe allevato per morir
                
                qui per mano mia, avrebbe ella fatto ciò?).</p></div>

<div type="textpart" subtype="note" n="10.87"><p><f2>ash</f2> dipende
                da <f2>andâkht</f2>.</p></div>

<div type="textpart" subtype="note" n="10.90"><p>si legga <f2>mânidand</f2> (- u —) invece di <f2>mândand</f2>
                (_ _)</p></div>

<div type="textpart" subtype="note" n="10.157"><p>eran cancellati dai volti loro il pudore, la cortesia
                e l'amore.</p></div>

<div type="textpart" subtype="note" n="10.175"><p><f2>ǵihân-ǵûy</f2> è Rustem.</p></div>

<div type="textpart" subtype="note" n="10.191"><p>soggetto
                
                è il Re del Mâzenderân, come è dimostrato dal senso. S’intenda:
                per forza di magia il suo corpo diventò un pezzo di pietra.</p></div>

<div type="textpart" subtype="note" n="10.205"><p>era a me tale opinione che (cioè: io pensava che); l’<f2>am</f2> di
                <f2>gumân-am</f2> dipende da dud, cioè <f2>bûd</f2>.</p></div>

<div type="textpart" subtype="note" n="10.209"><p><f2>ash</f2> dipende da <f2>burd</f2>.</p></div>

<div type="textpart" subtype="note" n="10.216"><p><f2>miyânah darûn</f2> fa come da avverbio: <gloss>dentro, nel mezzo</gloss>.</p></div>

<div type="textpart" subtype="note" n="10.222"><p><f2>dar</f2> è prep. che qui non si traduce; compie soltanto la
                relazione espressa da <f2>pas i pusht i</f2>.</p></div>

<div type="textpart" subtype="note" n="10.228"><p><f2>bi-gardi</f2>, 2a pers.
                sing. pres. di <f2>gashtan</f2>, ti togli.</p></div>

                <div type="textpart" subtype="note" n="10.231-232"><p>quando udì (sogg.
                il Re del Mâzanderân), diventò come un lembo di nube (la pietra in cui
                stava nascosto il Re del MAz., si convertì in nebbia); sul suo capo
                <emph>splendeva</emph> l'acciaio <emph>dell’ elmo</emph> e sul suo corpo la corazza.</p></div>

<div type="textpart" subtype="note" n="10.241"><p>il re Kâvus si rammenta di quanto il Re del Mâzanderân gli aveva fatto
                soffrire (v. l’Introduzione).</p></div>

<div type="textpart" subtype="note" n="10.256"><p><f2>bi-vîzkah kasi kih</f2>, ad ogni
                fedele che. . .</p></div>

<div type="textpart" subtype="note" n="10.260"><p><f2>ǵâyî</f2>, avv.: in un luogo.</p></div>

<div type="textpart" subtype="note" n="10.266"><p>la
                mia fortuna vecchia (decaduta) hai tu ora ringiovanita.</p></div>
            </div>
</div>

<div type="textpart" subtype="selection" n="11">


    <head>XI. VOLO AEREO DEL RE KAVUS.</head>
    
    <p>

    <pb n="149"/>Compiuta la conquista del Mâzenderân, come abbiamo
visto nel capo antecedente, il re Kâvus si prepara ad
una nuova guerra, a quella cioè contro il Re del-
l'Haàmàveràn (nel qual nome lo SPIEGEL, Altpers. Keslinschr.
p. 223, vorrebbe riconoscere l’Humavarka dell’ Iscrizione
del re Dario) e contro i re d'Egitto .e dei Berberi.
Vinto il Re dell’ Haàmàveràn, egli ne fa chiedere in
isposa la figlia Sùdaàbeh, che gli viene concessa dal padre,
quantunque a mala voglia. Ma il vinto re vuol vendicarsi;
e però fa prendere a tradimento il re Kâvus in un con-
vito e lo chiude in un tetro carcere, laddove è poco
stante mandata anche Sùdabeh. Intesa tale novella,
Afrâsyâb (v. l'Zrtrod. al c. IX) ne trae profitto per
sollevare il capo e violare i confini dell'Iran; ma Zâl e
Rustem, ai quali gli Irani ricorrono in così gran pericolo,
pensano che, prima di opporsi ai progressi di Afrâsyâb,
convien liberare il re. Così Rustem si reca nel-
l'Hàmàveràn, e, sconfitto quel principe, rende Kâvus a
libertà, che tosto, con l'aiuto di Rustem, ricaccia Afrâsyâb
ne’ suoi confini.</p>

<p>Ma la prosperità soverchia inebria e gonfia il re
Kâvus. Egli vuol fabbricarsi un palazzo sul monte Alburz,
dove sia raccolta ogni delizia, e poscia desidera anche di
più; desidera regnare anche in cielo, e imprende un volo
aereo, come si vedrà dal racconto che segue. A questo
punto noi tocchiamo uno dei più antichi miti indo-europei.</p>

<p>La leggenda di un uomo, celebre per i suoi lavori
ingegnosi, che con i suoi artifici sa levarsi a volo nel-
l'aria, è comune agli Indiani, agli Irani, ai Greci e alle
stirpi teutoniche. Incontrasi infatti nei Veg una oscura
allusione ad un Kavya Uganas (cfr. 2. Kava Ugan e
pers. Kâvus), il cui genero a cagione della sua superbia


<pb n="150"/>


precipitò dal cielo (SPIEGEL, Erân. Alterth. I, p. 441).
Nella mitologia greca tutti conoscono il viaggio aereo di

Dedalo; e nella germanica è ben nota la storia di
Vélundr, come lo chiama l’<title>Edda</title>, o di Wieland il fabbro
ferraio, come lo dicono i Tedeschi, che, dopo. essersi
vendicato del re Nidudr, si levò a volo lasciando scornato
e dolente il suo nemico (Vülundarkvidha, in Simrock,
Die Edda, p. 132). Tanto poi il Vòlundr o Wieland
germanico quanto il Dedalo dei Greci, sono rinomati per
la loro abilità in lavorar metalli e in preparar qualunque
sorta di ordigno artificioso. Ora anche questi tratti,
indubbiamente i più antichi della leggenda, ci sono stati
conservati da Firdusi; gli altri fatti che questo poeta
racconta di Kâvus, sembrano più propriamente essersi svolti
nella fantasia soltanto del popolo iranico. Vediamo ora
in qual maniera Firdusi ci abbia conservata quella più
antica parte di leggenda.</p>

<p>Premettiamo che l'Avesta non ci ricorda nulla del
volo di Kava Ugan (è questo il nome zendo corrispondente
al Kâvus di Firdusi), e che il Buxdehesk sembra accennarvi
con le seguenti parole, che però potrebbero essere prese
anche in altro senso: «finchè egli (Kâvus) salì al cielo»
(Bund. p. 81). Ma in Firdusi l'abilità di Kâvus nei
lavori artificiosi e il suo volar pel cielo gli sono attribuiti
a colpa, e quest’ ultima impresa specialmente ad effetto
di pazzia, mentre tutto ciò forma la gloria di Véòlundr e
di Dedalo. Già lo stesso Firdusi non può celare il suo
stupore al pensare che un re così potente dovesse
costringere i Dêvi a lavorar per lui, a fabbricargli un
palazzo sul monte Alburz, laddove doveva essere sempre
primavera e il giorno non doveva mai crescere nè la
notte diminuire (p. 297, ed. Calc... Anche in altre
leggende popolari ritroviamo i demoni costretti o da
maghi o da principi a fabbricar palazzi incantati; ma
qui, secondo la dottrina del Mazdeismo, il valersi


<pb n="151"/>


dell’opera dei Dêvi, creature di Ahrîmane e abitatori delle
tenebre, non poteva esser riguardato che come opera
empia; onde s'intende come Firdusi, al cominciar della
descrizione del palazzo, si volga al lettore con queste
parole: «Vedi ora qual cosa fece quel re, che operava
di proprio capo» (p. 297, ed. Calc.; così intendo il
)Sui3 4hvîshkàr del testo, diversamente inteso dai
Vocab."; cfr. phl. 44Avéskkér, qui agit par soi, HARLEZ).
Ma il voler salire al cielo, negato agli uomini fin che
sono in terra, agli occhi dei seguaci del Mazdeismo è
come un voler sforzare l'impossibile, un violar le leggi
del Creatore, un usar delle arti di magia, tanto abborrite
dagli Irani perchè proprie di Ahrîmane e de’ suoi Dêvi.
In tal maniera si dovette trasformare sul suolo iranico
quest’ antica leggenda indo-europea.</p>

<p>Per intender meglio il seguente racconto, si noti che
esso incomincia allorquando i Dêvi sono stanchi delle
fatiche che il re Kâvus loro impone, e delle battiture
ch’ egli loro dà per mercede. E già Iblis, uno di essi,
propone di vendicarsi col far credere al re che egli è
destinato a dominar nel cielo.
</p>

<div>
    <head>NOTE GRAMMATICALI.</head>
        <div type="textpart" subtype="note" n="11.7"><p>S'intenda: potrà avvenire che
            egli svii l'anima di Kâvus.</p></div>

<div type="textpart" subtype="note" n="11.23"><p>
<f>în farr î zîbây i tû</f> s'intenda
            come avverb.te, cioè: <gloss>per questa tua bella maestà</gloss>, ecc.</p></div>

<div type="textpart" subtype="note" n="11.26"><p>
sei
            pastore e i tuoi’ principi sono la tua greggia.</p></div>

<div type="textpart" subtype="note" n="11.29"><p>
<f2>mând-ast</f2>
            per <f2>mândah ast</f2>.</p></div>

<div type="textpart" subtype="note" n="11.38"><p>
s'intenda: l’anima sua fu allontanata dal
            riflettere; se Kâvus avesse un poco riflettuto, avrebbe intesa la frode
            del Dêvo.</p></div>

<div type="textpart" subtype="note" n="11.43"><p>
<f2>ash</f2> si riferisce a <f2>îzad</f2>, <gloss>Dio</gloss>, del verso antecedente;
            s'intenda: i mortali (<f2>bî-ćârah</f2>, <grc>οἱ ἄποροι</grc>, <gloss>quelli che son privi di
                sostegno</gloss>) sono sotto il suo comando, essi che sono <emph>afflitti</emph> da tur-
            bamenti, da guerre e dalle opere di Ahrîmane (v. il Voc. v. <f2>patyârah</f2>).
        </p></div>

        <div type="textpart" subtype="note" n="11.45-46"><p>Iddio non ha bisogno di nulla, ma per te, O uomo,
            son necessari il cielo e la terra. È un pensiero del Poeta intromesso
            nella narrazione.</p></div>

<div type="textpart" subtype="note" n="11.55"><p>
e ne lasciassero uno <add>o</add> due in ogni casa
            (per farli allevare).</p></div>

<div type="textpart" subtype="note" n="11.63"><p>
ad ogni suo lato (del trono) furono
            raccomandate lunghe aste.</p></div>

<div type="textpart" subtype="note" n="11.81"><p>
intorno a ciò vi sono dicerie
            di ogni sorta.</p></div>

<div type="textpart" subtype="note" n="11.84"><p>
così avviene di colui cui prende l’ambi-
            zione.</p></div>

<div type="textpart" subtype="note" n="11.91"><p>
il fato per miracolo non l’uccise, perchè molte cose
            future egli (il fato) serbava nascoste; Siyâvish infatti (v. più innanzi)
            doveva nascere da Kâvus.</p></div>

<div type="textpart" subtype="note" n="11.94"><p>
bisognava che Kâvus non
            morisse, ma ancora per un poco bevesse e mangiasse, cioè vivesse.</p></div>

<div type="textpart" subtype="note" n="11.95"><p>
in luogo di, invece di grandezza e trono per sedervi, ebbe
            Kâvus pentimento e dolori, ecc.</p></div>

</div>        </div>

<div type="textpart" subtype="selection" n="12">


    <head>XII. BATTAGLIA DEI SETTE EROI CON AFRASYÀB.</head>


    <p>Il racconto che segue, non ha molta relazione col
soggetto principale del <title>Libro dei Re</title> che è la gran guerra
tra Irani e Turani, ma più propriamente dovrebbe chia-
marsi un episodio.</p>

<p>Sette eroi irani, fra i quali Rustem, si recano un
giorno a caccia nei parchi di Afrâsyâb, e quivi, dopo
molta preda, si mettono a cena, mentre Gurâzeh si pone
in guardia per vedere se Afrâsyâb venisse mai a impedire
che gli Irani vadano a caccia nei suoi giardini. Afrâsyâb
infatti è avvertito di ciò, e accorre con numeroso esercito.
Gurâzeh ne dà l'avviso a Rustem; ma Rustem che stava
bevendo, non se ne dà per inteso e seguita a bere
scherzando e ridendo, non senza scandalo degli altri eroi;


<pb n="156"/>


ma poi si riscuote all'improvviso, corre contro il nemico,
e dopo una delle più grandiose battaglie che ci descriva
l'Epopea di Firdusi, lo mette in fuga.</p>

<p>Evidentemente quest’ episodio è introdotto per far
risaltare il valore di Rustem; egli infatti sembra dapprima
incerto e non curante, per poi riscuotersi e far più assai
di quello che si richiede da lui.
    </p>

    <div>
        <head>NOTE GRAMMATICALI.</head>
            <div type="textpart" subtype="note" n="12.7-8"><p>in <f2>kuǵâ</f2> e <f2>bi-dân-ǵâ</f2>, è ripetuta
                l'espressione: <gloss>in quel luogo che ...; laddove</gloss>.</p></div>

<div type="textpart" subtype="note" n="12.23"><p>
<f2>bi-mastî</f2>,
                per l’ubriachezza, essendo cioè ubriaco.</p></div>

<div type="textpart" subtype="note" n="12.28"><p>
l’apodosi è con
                <f2>bi-pûshim</f2>, <gloss>noi copriremo</gloss>.</p></div>

<div type="textpart" subtype="note" n="12.50"><p>
in quel piano le gazzelle e i capri
                avevano formato (erano diventati, <f2>gashtah</f2>, cfr. <grc>γενόμενος</grc>) uno stuolo.</p></div>

<div type="textpart" subtype="note" n="12.54"><p>
soggetto di <f2>gasht</f2> (sing.) è <gloss>cacciatori</gloss> sott.</p></div>

<div type="textpart" subtype="note" n="12.78"><p>
 si
                riferisce a <f1>ṭilâyah</f1>.</p></div>

<div type="textpart" subtype="note" n="12.123"><p>
<f2>ash</f2> qui fa come da soggetto.</p></div>

<div type="textpart" subtype="note" n="12.130"><p>
togliti di qui con questa tua allegria; cioè lascia i godimenti,
                poichè si avvicina il pericolo.</p></div>

                <div type="textpart" subtype="note" n="12.132"><p>è una sola la grandezza dell’esercito e della pianura, cioè l’esercito la ricopre tutta quanta.</p></div>

<div type="textpart" subtype="note" n="12.161"><p>
gli eroi dissero: per noi non v’ è alcun luogo con questo
                bicchier di vino (a noi non conviene star qui bevendo, mentre è
                vicino il nemico); Iblîs (il genio del male) non può resistere a
                te, o Rustem, nel vino (non ti uguaglia nel bere). Nessuno fuor di
                te può avere in mano (alla lett.: gli vengono in mano) il vino e
                la clava di un sol colpo (v. il Vocab.) nè <add>può star</add> nella palestra della
                
                
                <pb n="176"/>
                
                guerra (godere cioè e combattere).</p></div>

<div type="textpart" subtype="note" n="12.185"><p>
es4 è soggetto.</p></div>

<div type="textpart" subtype="note" n="12.219-220"><p>cominciò <add>a rovesciare</add> su quell’ eroe una pioggia di
                freccie, <add>onde</add> occupò l’aria come una nuvola di primavera.</p></div>

<div type="textpart" subtype="note" n="12.264"><p>
io e Ghêv e i Turani siamo una turba bastante (noi due
                soli contro i Turani).</p></div>

<div type="textpart" subtype="note" n="12.266"><p>
<f2>zanân-and</f2>, <gloss>sono donne i Turani</gloss>,
                cfr. Hom. Iliad. II, 235, <grc>Ἀχαίδες οὐκέτ᾽ Ἀχαοιἰ</grc>; e Virg. Aeneid.
                IX, 616.</p></div>

<div type="textpart" subtype="note" n="12.276"><p>
at dipende da <f2>bi-bâyad</f2>.</p></div>

<div type="textpart" subtype="note" n="12.299"><p>
<f2>shâh</f2> si
                riferisce ad Afrâsyâb.</p></div>

<div type="textpart" subtype="note" n="12.407"><p>
<f2>dilâvar</f2> si riferisce a Pîlsem.</p></div>

<div type="textpart" subtype="note" n="12.435"><p>
egli (Alkûs), quand’ era ubriaco, cercava pure Ghêv per
                combatter seco, ecc.</p></div>

<div type="textpart" subtype="note" n="12.480"><p>
avresti detto che gli uscisse dal
                corpo il cuore (per il timore, per il forte palpitare).</p></div>

<div type="textpart" subtype="note" n="12.517"><p>
<f2>gashtan</f2>, <gloss>volgersi, muoversi</gloss>.</p></div>

<div type="textpart" subtype="note" n="12.532"><p>
<f2>ash</f2> si riferisce ad Afrâsyâb.</p></div>

<div type="textpart" subtype="note" n="12.557"><p>
nessuno sciolse la persona agli uccisi, cioè nessuno frugò sul
                corpo degli uccisi per far preda.</p></div>

<div type="textpart" subtype="note" n="12.580"><p>
<f2>zi-bâlâ</f2>, da principio (?);
                <foreign xml:lang="fra">les temps anciens</foreign> (MOHL).
                
            </p></div></div>
</div>

<div type="textpart" subtype="selection" n="13"><head>XIII. SIYAVISH PASSA ILLESO ATTRAVERSO LE FIAMME.</head>

    <p>

        Dall’ episodio della guerra dei sette Eroi <title>Libro dei Re</title> passa a quello di Sohrâb.</p>

<p>Rustem, un giorno,
        giunge a Semengàn, città dei Turani, per cercarvi il suo
        cavallo statogli rapito dai Turani, e quivi sposa la bella
        Tehmîneh che si era invaghita di lui. Da questo matri-
        monio nacque un figlio bello e gagliardo, di nome Sohrâb,
        il quale, giunto alla giovinezza, domanda conto del padre
        suo alla madre. All’ intender che il padre suo è Rustem,
        egli vuol recarsi tosto nell’ Iran per togliere il regno a
        Kâvus e darlo al padre suo che egli non ha mai veduto.
        Afrâsyâb, per i suoi fini, seconda lo spensierato disegno
        del giovane, ed egli parte. Nell Iran tutti si spaventano
        all’ improvvisa comparsa del prode giovinetto; già la
        Rocca bianca (<f>دژ سپيد</f>, <f2>dizh i sipîd</f2>) è nelle sue mani,
        e Kâvus altro non sa fare che ricorrere per aiuto a
        Rustem. ll prode guerriero, benchè con qualche tristo
        presentimento, accorre tosto, e con l’esercito e con Kâvus
        muove contro Sohrâb, che egli, dopo ripetuti scontri,
        giunge a ferire. Il giovinetto, prima di morire, rivela chi
        
        
        <pb n="177"/>
 
        
        sia il padre suo che egli tanto aveva desiderato e cercato,
        non sapendo che il suo feritore è Rustem per l'appunto.
        Rustem si dà a conoscere, e Sohrâb muore. Col dolore
        del misero padre, autore involontario della morte del
        figlio, e coi lamenti disperati della madre lontana, termina
        il commovente episodio.</p>
        
        <p>Dall’ episodio di Sohrâb l'epopea passa alla più
        terribile guerra che sia mai stata combattuta tra Irani e
        Turani, e nella quale prendono parte i principali eroi dei
        due popoli, e Afrâsyâb, in fine di essa, paga con la morte
        la pena delle sue colpe.</p>

<p>Siyâvish (nell Avesta
        Cyàvarshan e Cyàvarshàna) è il figlio di Kâvus e di
        una vaga fanciulla trovata da Ghêv e da Tûs in un
        bosco, un giorno che essi andavano a caccia per quei
        luoghi. Siyâvish fu educato da Rustem nel Segestân e
        poscia ricondotto in corte. Di lui s’invaghisce allora
        perdutamente la regina Sùdabeh, la prima moglie di
        Kâvus (v. l'Zzzrod. al c. XI); e perchè il giovane resiste
        al colpevole amore, essa lo accusa dinanzi al re di aver
        tentato di oltraggiarla. Ma perchè Kâvus non sa risolversi
        a creder tanto colpevole il figlio suo, Sùdabeh, fatto
        procurare con una bevanda un aborto ad una sua donna
        fidata, vuol fargli credere che l’aborto è suo, procuratole
        dallo spavento allorquando Siyâvish volle mostrarsi
        troppo ardito verso di lei. Kâvus però non sa persuadersi
        ancora, quantunque i sacerdoti e gli indovini, esaminato il
        feto immaturo, abbiano riconosciuto che esso non è di
        sangue regio, ma bensì di donna vile e di bassa origine.
        Si ricorre allora ad una solenne prova, e Sùdàbeh e
        Siyâvish sono invitati a passar tra le fiamme per provare
        la loro innocenza. La prima si rifiuta, ma Siyâvish si
        sottomette alla terribile prova, e, passando fra due cataste
        infuocate, ne esce illeso.</p>

<p>Così nel Réméyaza (yuddha-
        kanda, CI e segg.), Sîtà, la bella sposa di Ràma, per
        
        provar la sua innocenza, salì sul rogo, e così tra noi, nel
        
        <pb n="178"/>
 
        
        Medio Evo, si ricorreva a questa prova nelle questioni
        che non potevano esser risolte dai giudizi umani, creden-
        dosi che quello fosse un vero giudizio di Dio.</p>
        
        <p>Ma Siyâvish, benchè proclamato innocente, non può
        più restare a lungo nella casa paterna, e chiede e ottiene
        l'assenso dal padre di guidar la guerra contro di Afrâsyâb
        che allora appunto aveva sollevata la testa.</p>

<p>Vedremo
        più innanzi le vicende di questa terribile guerra.

    </p>

    <div>
        <head>NOTE GRAMMATICALI.</head>
            <div type="textpart" subtype="note" n="13.1"><p>il soggetto del verbo <f2>farmûd</f2> è <f2>Kâvus</f2>, sottin-
                teso.</p></div>

<div type="textpart" subtype="note" n="13.10"><p>così convien cercar la chiave del male, cioè così
                conviene rimediarvi.</p></div>

<div type="textpart" subtype="note" n="13.11"><p><f2>hamî khvâst</f2> si può ritenere qui come
                impersonale.</p></div>

<div type="textpart" subtype="note" n="13.19"><p>v'era un passaggio (tra le due cataste) tale
                che, ecc.</p></div>

<div type="textpart" subtype="note" n="13.24"><p>tu avresti detto che notte venne nel giorno
                (per il gran fumo).</p></div>
ć
<div type="textpart" subtype="note" n="13.30"><p></p></div>\n\n<div type="textpart" subtype="note" n="13.$2"><p>
    <f2>ćihr i khandân</f2>, volto sorridente, si
                riferisce a Siyâvish; egli sorrideva e tutti gli altri piangevano.</p></div>

<div type="textpart" subtype="note" n="13.36"><p>per <f2>gard i na'l</f2> intendi la polvere sollevata dai ferri (dallo
                scalpitar) dei cavalli.</p></div>

<div type="textpart" subtype="note" n="13.44"><p>il suo dir parole col figlio fu dolce;
                cioè: gli parlò con affetto e dolcezza.</p></div>

<div type="textpart" subtype="note" n="13.49"><p><f2>hast-am</f2>, <gloss xml:lang="lat">est mihi</gloss>,
                <gloss>io ho</gloss>.</p></div>

<div type="textpart" subtype="note" n="13.50"><p><f2>am</f2> dipende da <f2>dârad</f2>.</p></div>

<div type="textpart" subtype="note" n="13.131-132"><p>tutto ciò
                è detto in senso ironico.</p></div>

                <div type="textpart" subtype="note" n="13.133-134"><p>Zâl e Rustem erano
                stati educatori di Siyâvish, e Sûdâbeh pensa che, per una magia
                
                
                <pb n="184"/>
          
                
                insegnata dal primo a Siyâvish, il fuoco non gli abbia fatto alcun
                male.</p></div>

<div type="textpart" subtype="note" n="13.135"><p>qui Sûdâbeh si rivolge direttamente a Siyâvish.</p></div>

<div type="textpart" subtype="note" n="13.138"><p><f2>û</f2> è riferito a Sûdâbeh.</p></div>

<div type="textpart" subtype="note" n="13.145"><p>quando i camefici si
                rivolsero a Sùdabeh per eseguir la sentenza del re, ecc.</p></div>
</div>
</div>
<div type="textpart" subtype="selection" n="14"><head>XIV. SOGNO DI AFRÀSVAB.</head>
    <p>Liberato dalle insidie di Sùdàbeh, siccome abbiamo
        visto nel capo antecedente, Siyâvish parte per la guerra
        contro di Afrâsyâb che in quel tempo aveva risollevato
        il capo. Compagno al giovane principe è Rustem, e
        l'esito delle armi gli è splendidamente favorevole, tanto
        che la città di Balkh, guardata da Garsîvez fratello di
        Afraàsyàb, cade in suo potere. A tal notizia Afrâsyâb,
        cieco per l'ira, raduna nuove forze per correr contro agli
        Irani, ma un terribile sogno, quale si legge nel capo
        seguente, lo riempie di terrore e gli fa conoscere quale
        tristo avvenire lo attenda.</p>


        <div>
            <head>NOTE GRAMMATICALI.</head>
                <div type="textpart" subtype="note" n="14.2"><p><f2>ćunân ćûn kasî k-ân</f2>, <gloss>così come quel tale che</gloss>,
                    ecc.</p></div>

<div type="textpart" subtype="note" n="14.8"><p>l'andamento, la calma della reale maestà (cioè del
                    re) era turbata.</p></div>

<div type="textpart" subtype="note" n="14.41"><p>ogni loro lancia aveva per peso (o per
                    frutto? ; cioè: sulla sommità) una testa.</p></div>

<div type="textpart" subtype="note" n="14.70"><p><f2>parâgandah</f2>, sparsi,
                    cioè che abitavano qua e là in diversi luoghi del regno.</p></div>

<div type="textpart" subtype="note" n="14.78"><p><f2>na-shinavad</f2> (letto <f2>na-shnavad</f2> _ u x per il verso) ha qui forza di
                    congiuntivo, anzi d'imperativo.</p></div>

<div type="textpart" subtype="note" n="14.84"><p><f2>mûbad</f2> qui è collettivo e
                    sì deve tradurre in plurale.</p></div>

<div type="textpart" subtype="note" n="14.104"><p>la faccia del mondo sarà
                    eguale nel colore ad un panno rosso, per il molto sangue.</p></div>

<div type="textpart" subtype="note" n="14.106"><p><f2>pâdishâh</f2> va riferito ad Afrâsyâb.</p></div>

<div type="textpart" subtype="note" n="14.107"><p><f2>u</f2> va riferito a
                    Siyâvish, e <f2>shâh</f2> ad Afrâsyâb.</p></div>

                    <div type="textpart" subtype="note" n="14.111-112"><p>allora ti verrà in
                    mente che io ho detto la verità, quando il regno resterà deserto
                    per la scarsezza degli abitanti.</p></div>

<div type="textpart" subtype="note" n="14.113"><p>se anche il re (Afrâsyâb)
                    diventasse un uccello con l’ali a zo/are per questo cielo roteante,
                    non troverebbe scampo dalla rovina che noi gli vaticiniamo.</p></div>
                    </div>
</div>

<div type="textpart" subtype="selection" n="15">
<head>XV. MORTE DI SIVAVISH.</head>
    <p>Spaventato Afrâsyâb dal terribile sogno quale abbiam
visto nel capo antecedente, fa pel primo a Siyâvish
proposte di pace con vantaggiose condizioni per gli Irani.


<pb n="189"/>


Queste sono accettate da Siyâvish; e perchè la pace sia
ratificata, Rustem è mandato da lui nell’ Iran dal re
Kâvus. Ma il re si adira con Rustem e dopo aspri
rimproveri lo rimanda nel Segestân; quindi, determinato
a continuar la guerra ad ogni costo, con una lettera
pungente e iraconda ordina a Siyâvish di riprender
le armi. Siyâvish non può mancare alla data fede,
non può ripigliar la guerra, nè ritornare nell’ Iran dal
padre; consigliatosi perciò con Behrâm e con Zengheh,
non trova altro modo di salvarsi che col ricorrere
alla generosità di Afrâsyâb, cercando un rifugio alla
sua corte.</p>

<p>L'inaspettata domanda eccita grande meraviglia nei
principi Turani; essa tuttavia è accettata con trasportò,
e Afrâsyâb spedisce tosto Piîràn incontro al nuovo suo
ospite. Siyâvish si accomiata piangendo dai suoi, e
lasciata una lettera per il re Kâvus, passa il confine ed
è accolto con grandi dimostrazioni di onore da Afrâsyâb
e dai suoi principi. Anzi, dopo qualche tempo, lo stesso
Afrâsyâb gli dà in isposa, dietro proposta di Pîrân, la
figlia sua Ferenghîs, e con la figlia una provincia da
governare. Quivi Siyâvish edifica la città detta da
Firdusi Aarg-dizh, conosciuta anche nell’ Avesta col
nome di Aaàka. Ma il fratello di Afrâsyâb, Garsîvez,
invidioso del favore ottenuto da Siyâvish, recatosi un
giorno alla nuova città, dipinge poi, al suo ritorno presso
il fratello, il nuovo ospite, anzi ora genero di Afrâsyâb,
come uno che voglia farsi forte e potente per invadere
il dominio del Turan. Afrâsyâb, aggirato da Garsîvez
e da altri perfidi consiglieri, fa prendere il giovane
principe e lo condanna a morte. Anche l’<title>Avesta</title> conosce
questo fatto, e designa Siyâvish (Cyàvarshan) col quali-
ficativo di 2zr6gata,' cioè ucciso per violenza (yasht, 9,
18; 19, 77).</p>


<pb n="190"/>


<p>Il seguente racconto incomincia allorquando la misera
Ferenghîs, udita la condanna dello sposo, cerca di
impetrargli, ma indarno, grazia dal padre.
    </p>

    <div>
        <head>NOTE GRAMMATICALI.</head>
            <div type="textpart" subtype="note" n="15.1"><p>quando Ferenghîs udì le parole del padre che
                condannava a morte Siyâvish.</p></div>

<div type="textpart" subtype="note" n="15.15"><p><f2>shâh</f2> si riferisce a Kâvus.</p></div>

<div type="textpart" subtype="note" n="15.16"><p><f2>bi-mând</f2>, <gloss>abbandonò</gloss>.</p></div>

<div type="textpart" subtype="note" n="15.20"><p><f2>mânad</f2>, <gloss>che voglia rimanere</gloss>,
                
                
                <pb n="195"/>
                
                
                abbia desiderio di vivere regnando.</p></div>

<div type="textpart" subtype="note" n="15.25"><p><f2>har-dû</f2>, <gloss>ambedue</gloss>, cioè gli
                oppressi e gli esaltati dal destino, v. sopra.</p></div>

<div type="textpart" subtype="note" n="15.38"><p><f2>n-andîshad</f2>,
                <f2>n-</f2> per <f2>na-</f2>, pres. di <f2>andishîdan</f2>.</p></div>

<div type="textpart" subtype="note" n="15.44"><p>molto ti ricorderai un giorno
                dei detti miei.</p></div>

                <div type="textpart" subtype="note" n="15.45-46"><p>non sei (î di <f2>shikâr-î</f2>) alla caccia, perchè
                tu possa credere di uccidere un onagro (uccidendo Siyâvisk) o di
                turbare le gazzelle.</p></div>

<div type="textpart" subtype="note" n="15.56"><p>si scanda: <f2>sipahdâr i râ ( -——-—-)
                bâb i pandâshitî</f2> (_ _ u _), tu (o Siyâvish) stimasti tuo padre il re
                di Turan (che ora ti vuol far morire).</p></div>

<div type="textpart" subtype="note" n="15.58"><p><f2>kuǵâ</f2>, dove mai?
                
                ecc.</p></div>

<div type="textpart" subtype="note" n="15.73"><p>avessi io perduti gli occhi, non avrebbero essi veduto,
                ecc. (<f2>dîdah</f2> è collettivo).</p></div>

<div type="textpart" subtype="note" n="15.75"><p>come mai poteva venire in me
                
                dal padre questa previsione che, ecc. (<f2>umîd</f2>, speranza, è qui nel
                senso del gr. <grc>ἐλπίς</grc>, che ha significato di speranza in bene e di
                previsione di sventure).</p></div>

<div type="textpart" subtype="note" n="15.82"><p>il re forsennato forò l'occhio della
                prudenza, cioè il furore vinse il senno.</p></div>

<div type="textpart" subtype="note" n="15.91-92"><p>conducetelo
                in un luogo laddove egli non trovi nessuno allorquando dirà: chi
                <add>è</add> il <add>mio</add> soccorritore?</p></div>

<div type="textpart" subtype="note" n="15.110"><p>possa tu esser sempre vivo nel
                mondo, (così significa questa frase molto strana).</p></div>

<div type="textpart" subtype="note" n="15.113"><p><f2>bûd-am
    umîd</f2>, <gloss xml:lang="lat">erat mihi spes</gloss>.</p></div>

<div type="textpart" subtype="note" n="15.115"><p>le parole che seguono al 454 di
                questo verso, sono parole di Pîrân ripetute da Siyâvish.</p></div>

<div type="textpart" subtype="note" n="15.117"><p>ciù bar gardad-at riz, quando si muti per te la sorte.</p></div>

<div type="textpart" subtype="note" n="15.123"><p>, si
                legga: <f2>u az</f2> (u _).</p></div>

<div type="textpart" subtype="note" n="15.129"><p><f2>pîl i shiyân</f2>, benchè strana assai l’espres-
                sione, non può riferirsi che a Siyâvish.</p></div>

<div type="textpart" subtype="note" n="15.132"><p><f2>ash</f2> va riferito a
                Siyâvish.</p></div>

<div type="textpart" subtype="note" n="15.141"><p>quando dal cipresso (Siyâvish) fu separato
                il sole (cioè la vita)</p></div>

<div type="textpart" subtype="note" n="15.143"><p><f2>ćih khvabî kih</f2>, <gloss>che sogno mai!
    che anzi</gloss>, ecc. </p></div></div>
</div>

<div type="textpart" subtype="selection" n="16"><head>XVI. RINVENIMENTO DI KHUSREV.</head><p>

    
Ucciso Siyâvish, Afrâsyâb già stava per condannare
a morte anche la figlia sua Ferenghîs moglie dell’ ucciso,
allorquando sopraggiunge Pîrân a liberarla. Afrâsyâb cede
alle sue istanze, e Pîrân conduce la misera donna nel
Khoten, laddove ella dà alla luce un figlio al quale viene
imposto il nome di Khusrev. Ricordandosi allora di una
antica profezia, Afrâsyâb fa consegnare il fanciullo ad
alcuni pastori che abitavano il monte Kalû, perchè egli
vi cresca dimenticato e lontano dalla corte. Accertatosi
poi che egli non ha nulla a temere dal giovinetto, lo fa

rendere alla madre che lo va allevando con ogni cura.</p>


<pb n="196"/>


<p>Intesasi nell’ Iran la morte di Siyâvish, un desiderio
di vendetta entra nell’ animo di tutti. Rustem, accorso
dal Segestân, uccide l’empia Sùdabeh, cagione di tanta
sventura, invade il Turan col figlio suo Feràmurz, mette
a ferro e a fuoco quel paese e ritorna nell’ Iran.</p>

<p>Ma
prima di vendicar la morte di Siyâvish, è necessario
rinvenirne il figlio. Nessuno però conosce dove egli sia.
In tale incertezza, l'angelo Serôsh, apparso in sogno
a Gtderz, lo informa del luogo nel quale Khusrev vive
nascosto. Giùderz, destatosi al mattino e raccontata la
visione, con l'assenso del re spedisce il figlio suo Ghêv
in cerca del giovane principe. Ghêv per sette anni va
errando per il Turan senza averne alcuna notizia, finchè
poi lo ritrova vicino ad una fontana, come si vedrà nel
racconto che segue.
</p>

<div>
    <head>NOTE GRAMMATICALI.</head>
        <div type="textpart" subtype="note" n="16.1"><p>il soggetto di <f2>raft</f2> è Ghêv sottinteso.</p></div>

<div type="textpart" subtype="note" n="16.6"><p>il verbo <f2>khvard</f2> ha qui tutti e due i suoi significati, e il verso va
            tradotto: ora mangiava erba, ora beveva acqua torbida.</p></div>

<div type="textpart" subtype="note" n="16.9"><p>da
            questo verso al v. 21 si spiega in qual modo Afrâsyâb avesse fatto
            rendere il piccolo Khusrev alla madre sua Ferenghîs, ed è questa
            come una breve digressione dal racconto.</p></div>

<div type="textpart" subtype="note" n="16.12"><p><f2>digar bârah
            tûrân bi-ǵang âmadah</f2> è un inciso; era allora il Turan per un’ altra
            volta in guerra (per Rustem; v. l'Introd.).</p></div>

<div type="textpart" subtype="note" n="16.34"><p><f2>pahlavân</f2> qui
            designa Gûderz che aveva visto il sogno (v. l’Introd.).</p></div>

<div type="textpart" subtype="note" n="16.40"><p>il
            cielo ha rivolto (lett. ha versato) su di me una fortuna tortuosa (il
            senso del verso è questo, ma la costruzione gramm. è incerta e
            oscura).</p></div>

<div type="textpart" subtype="note" n="16.50"><p>eravi un giovinetto, ecc. (Khusrev).</p></div>

<div type="textpart" subtype="note" n="16.63"><p>il
            nodo fu sciolto del suo dolore (lett. per [<f2>bar dar i</f2>] il suo dolore).</p></div>

<div type="textpart" subtype="note" n="16.80"><p><f2>ćigûnah ast</f2> si legga <f2>ćigûna-st</f2> (u — —).</p></div>

<div type="textpart" subtype="note" n="16.85"><p><f2>bar-ân-am</f2>, <gloss>io
            sono su ciò, cioè sono certo di questo</gloss>.</p></div>

<div type="textpart" subtype="note" n="16.88"><p><f2>kih</f2>, <gloss>chi mai?</gloss></p></div>

<div type="textpart" subtype="note" n="16.93"><p><f2>gushâdî</f2> è 3a pers. sing. pass, (soggetto Siyâvish, sottint.).</p></div>

<div type="textpart" subtype="note" n="16.95-96"><p> qui è soggetto <f2>padar</f2>, (Siyâvish) del v. 92m e il discorso che
            comincia con <f2>az îdar ćih âyad</f2>, è posto in sua bocca.</p></div>

<div type="textpart" subtype="note" n="16.105"><p>i re Kay, da Kobâd in poi, avevano un neo sul braccio in segno
            di loro origine reale.</p></div>

<div type="textpart" subtype="note" n="16.115"><p><f2>shrryâr</f2> (Khusrev) qui è soggetto.</p></div>
            
            
            <pb n="202"/>

<div type="textpart" subtype="note" n="16.128"><p><f2>b-âtash</f2> per <f2>bi-âtash</f2>.</p></div>

<div type="textpart" subtype="note" n="16.139"><p>il sogno di Gûderz, v.
            l'Introd.</p></div>

<div type="textpart" subtype="note" n="16.141"><p>gli anni avevano tolta a Kâvus la maestà (v. il
            Vocab. v. <f2>far, farr</f2>).</p></div>

<div type="textpart" subtype="note" n="16.142"><p><f2>pusar</f2> va riferito a Siyâvish.</p></div>

<div type="textpart" subtype="note" n="16.143"><p><f2>parâgandah</f2>, disperso, sbandito.</p></div>
</div>
</div>

<div type="textpart" subtype="selection" n="17"><head>XVII. EPISODIO DI BEHRAM E DI TEZHAV.</head><p>

    
Reso quasi miracolosamente e dopo molti stenti
Khusrev all’ avo suo Kâvus nell’ Iran, non si pensa più
che a vendicar la morte di Siyâvish. Qui omai incomincia
la lunga guerra tra Irani e Turani alla quale abbiamo
accennato nell’ <title>Introduzione</title> al c. XIII di quest’ <f2>Antologia</f2>.
Un immenso esercito è mandato da Khusrev contro di
Afrâsyâb sotto il comando di Tûs; ma la guerra non ha
prospero successo per gli Irani tanto che Khusrev è
costretto a togliere il comando a Tûs ed a sostituirgli
Feriburz figlio di Kâvus. Tra i molti fatti di questa
prima parte della guerra scegliamo soltanto il bell’ episodio
di Behrâm e di Tezhâv, col quale potranno porsi a con-
fronto, se non erriamo, due altri episodii dell’ <title>Iliade</title>
e dell' <title>Eneide</title>. Behrâm, dopo una sanguinosa battaglia,
detta la battaglia di Làden o di Peshen, in cui gli Irani
hanno avuta la peggio, vuol recarsi, la sera, nel campo
di battaglia a cercarvi una sua sferza che vi aveva per-
dluta, e quivi incontra la morte per mano di Tezhâv.</p>

<p>Si noti che in questa prima parte della guerra Khusrev
ed Afrâsyâb non discendono in campo, ma lasciano il
comando ai loro capitani, il primo a Tûs, poscia a
l’eriburz, il secondo a Piîràn.
</p></div>

<div>
    <head>NOTE GRAMMATICALI.</head>
        <div type="textpart" subtype="note" n="17.5"><p>Behrâm, nella battaglia del giorno antecedente,
            aveva portata via con la lancia una corona reale che ornava il capo
            del giovane Rêvnîz figlio di Kâvus, caduto in quella battaglia, e
            per la quale era nato accanito contrasto fra Irani e Turani, come
            nell’ Ziade per il corpo del morto Patroclo.</p></div>

<div type="textpart" subtype="note" n="17.22"><p><f2>man na-y-am</f2>,
            <gloss>io non sono</gloss>.</p></div>

            <div type="textpart" subtype="note" n="17.23-24"><p>essendo possibile morire a4 ogni
            istante allorquando venga il tempo, perchè si dovrà pensar tortuo-
            samente? mostrarsi cioè paurosi?</p></div>

<div type="textpart" subtype="note" n="17.28"><p>due sferze hanno il
            manico, ecc.</p></div>

<div type="textpart" subtype="note" n="17.38"><p>gli Irani erano stati sconfitti (v. l’Introd.).</p></div>

<div type="textpart" subtype="note" n="17.41"><p><f2>guft</f2>, <gloss>detto</gloss>; soggetto, argomento di discorso.</p></div>

<div type="textpart" subtype="note" n="17.52"><p>per
            quel dolor del cuore, <gloss>chè tale è</gloss> la sorte degli estinti (di lasciar cioè
            dolore di sè nei superstiti).</p></div>

<div type="textpart" subtype="note" n="17.59"><p><f2>birâdar</f2> è collettivo; la maggior
            parte dei fratelli di Behrâm era morta in quel giorno, combattendo.</p></div>

<div type="textpart" subtype="note" n="17.62"><p>franco dell’ anima, cioè ancor vivo, benchè ferito di spada.</p></div>
            
            
            <pb n="215"/>

<div type="textpart" subtype="note" n="17.73"><p><f2>m-andîsh</f2>, per <f2>ma-andîsh</f2>.</p></div>

<div type="textpart" subtype="note" n="17.74"><p>questo è un perire per non
            essere fasciata la ferita.</p></div>

            <div type="textpart" subtype="note" n="17.77-79"><p>liberò uno dal perdersi, ma
            non conobbe il secreto della propria rovina.</p></div>

<div type="textpart" subtype="note" n="17.90"><p>appena
            
            Behrâm fu sceso di sella, si sentì un nitrir di cavalle in lontananza,
            e il suo cavallo fuggì dietro quel nitrito.</p></div>

<div type="textpart" subtype="note" n="17.109"><p><f2>sar-kashân</f2> sono
            Turani che s'accorgono della presenza di Behrâm.</p></div>

<div type="textpart" subtype="note" n="17.112"><p><f2>pahlavân</f2>
            qui è Pîrân.</p></div>

<div type="textpart" subtype="note" n="17.132"><p>il fato cesserà dal governarci.</p></div>

<div type="textpart" subtype="note" n="17.141"><p>soggetto di di-4kasf è Behrâm.</p></div>

<div type="textpart" subtype="note" n="17.143"><p><f2>pahlavân</f2> è Pîrân, al quale
            ritornano i Turani spaventati.</p></div>

<div type="textpart" subtype="note" n="17.153"><p>questo si riferisce al tempo
            in cui Siyâvish trovò ospitalità presso i Turani.</p></div>

<div type="textpart" subtype="note" n="17.172"><p>se no,
            la battaglia è per me finita tutta in una volta, cioè tutto è finito per
            me.</p></div>

<div type="textpart" subtype="note" n="17.213"><p>di-mdén, lascia qui (imperat.).</p></div>

<div type="textpart" subtype="note" n="17.232"><p>mancano
            qui alcuni versi coi quali si narra come Tezhâv, fatto il colpo, ritor-
            nasse tra i suoi.</p></div>

<div type="textpart" subtype="note" n="17.277"><p>lo trasse a sè bruscamente, voltando le
            spalle.</p></div>

<div type="textpart" subtype="note" n="17.295"><p><f2>bî-ǵân</f2>, qui non significa morto, ma svenuto.</p></div>

<div type="textpart" subtype="note" n="17.298"><p><f2>'ḳâbî</f2>, tu sei (<f2>î</f2>) un’ aquila.</p></div>

<div type="textpart" subtype="note" n="17.310"><p><f2>bûd-am</f2>.</p></div>

<div type="textpart" subtype="note" n="17.324"><p><f2>ash</f2> dipende da <f2>na-bâyad</f2>.</p></div>

<div type="textpart" subtype="note" n="17.335"><p>si allude a fatti antecedenti,
        allorquando quasi tutti i fratelli di Behrâm caddero sotto ai suoi
            occhi, nella battaglia di Peshen.</p></div>

<div type="textpart" subtype="note" n="17.340"><p><f2>ash</f2> dipende da <f2>bi-bâyad</f2>.</p></div>

<div type="textpart" subtype="note" n="17.343"><p><f2>ash</f2> sì riferisce al morto Behrâm.</p></div>
        </div>

<div type="textpart" subtype="selection" n="18"><head>XVIII. PUNIZIONE DI AFRÀSYAB.</head>
    
    <p>La guerra contro di Afrâsyâb, nella quale da principio
gli Irani avevano sempre la peggio, termina poi finalmente
con la sua sconfitta. Caduti i più prodi guerrieri da
ambe le parti, a Khusrev e ad Afrâsyâb non resta più
che discendere in campo, e in persona decidere le sorti
di sì lunga e disastrosa guerra. Afrâsyâb, vinto e abban-
donato da tutti, fugge solo e si nasconde in una caverna
di un monte solitario. Khusrev e il vecchio Kâvus, dopo
aver licenziati con ricchi doni i loro prodi, si consigliano
sul da farsi, perchè Afrâsyâb non si sa dove sia e po-
trebbe darsi che egli tornasse all’ improvviso e ripigliasse
le armi. In tal dubbio, essi si recano vestiti di candide
vesti al tempio di Adher Gashasp (v. il Vocab.) nel-
l’Adherbigiàn per domandar' consiglio a quel sacro fuoco,
protettore di Khusrev.</p>


<pb n="216"/>


<p>Intanto un pio uomo, Hôm, della discendenza di
Frêdûn (v. il Vocab.), passando per caso dalla caverna
dov’ era nascosto Afrâsyâb, ode i suoi lamenti. Egli vi
entra all’ improvviso e lo lega con un laccio. Ma il
vinto re, fattosi rallentare con preghiere i nodi, sfugge
ad Hôm e si nasconde nelle acque del lago Khangest o
Cicest, detto caécagta nell’ Avesta. Hôm allora, incontra-
tosi con Gûderz per caso, gli racconta ogni cosa, e
Gùderz corre al tempio ad avvertirne Kâvus e Khusrev,
che tosto si recano sulle sponde del lago. A questo
punto incomincia il racconto che segue.

Anche l’<title>Avesta</title> conosce questo fatto, allorquando
introduce il genio Haoma (quello che Firdusi, sotto il
nome di Hôm, ci rappresenta come un pio uomo, ed è
nellAvesta il genio della pianta 4aoma dalla quale si
estraeva la sacra bevanda, v. il Vocab.) a pregare diverse
divinità perchè gli concedano di far prigione Frariracyan
(Afrâsyâb), nascosto nelle acque del lago. «Concedimi
(dice Haoma) questa grazia che io possa legare il sangui-
nario turanio Franragyan, che io lo conduca via legato, e
legato lo tragga come prigioniero del re Hucravanh
(Khusrev). Possa ucciderlo Kava Hugravarih presso il
lago Caécagta, profondo, dalle ampie acque, egli, il figlio,
in vendetta (<f2>kaênê</f2>, su questo passo v. SPIEGEL, Arische
Studien, p. 118; e Zetschrift der D. M. Gesellschaft,
XXXII, p. 310) di Çyâvarshâna (Siyâvish), dell’ uomo
ucciso per violenza (yasht 9, 18; 17, 37 e 38, ecc.)».
</p></div>

<div>
    <head>NOTE GRAMMATICALI.</head>
        <div type="textpart" subtype="note" n="18.1"><p><f2>shâhân</f2> sono Kâvus e Khusrev.</p></div>

<div type="textpart" subtype="note" n="17.6"><p>di
            <f2>dûyam panâh</f2>, <gloss>in lui è a me rifugio</gloss>.</p></div>

<div type="textpart" subtype="note" n="17.11"><p><f2>shâh i nav</f2>, <gloss>nuovo
    re</gloss>, è Khusrev.</p></div>

<div type="textpart" subtype="note" n="17.14"><p><f2>kih</f2>, <gloss>allorquando</gloss>.</p></div>

<div type="textpart" subtype="note" n="17.23"><p><f2>bar</f2>, <gloss>propter</gloss>.</p></div>

<div type="textpart" subtype="note" n="17.24"><p><f2>ćih</f2>, <gloss>anzi, oltre a ciò</gloss>.</p></div>

<div type="textpart" subtype="note" n="17.28"><p><f2>dar-û</f2>, <gloss>dentro</gloss>, cioè dentro
            la caverna.</p></div>

<div type="textpart" subtype="note" n="17.29"><p><f2>ash</f2> dipende da <f2>bi-bastam</f2>.</p></div>

<div type="textpart" subtype="note" n="17.34"><p>nelle
            acque del lago (v. l'Introd.).</p></div>

<div type="textpart" subtype="note" n="17.55"><p><f2>ash</f2> è soggetto.</p></div>

<div type="textpart" subtype="note" n="17.85"><p>nipote di Frêdûn e figlio di Pesheng è lo stesso Afrâsyâb, che qui
            parla in 3° pers.</p></div>

<div type="textpart" subtype="note" n="17.87"><p>i due principi sono Kâvus e Khusrev.</p></div>

<div type="textpart" subtype="note" n="17.88"><p><f2>parastandah</f2> è Hôm.</p></div>

<div type="textpart" subtype="note" n="17.102"><p>per il sogno di Afrâsyâb
            che gli fece conoscere la sua rovina, v. il c. XIV di quest
            <title>Antologia</title>.</p></div>

<div type="textpart" subtype="note" n="17.103"><p>trasse in lungo (tardò) il cielo.</p></div>

<div type="textpart" subtype="note" n="17.109"><p>si allude
            ad Aghrêras (z. <zend>aghraêratha</zend>) fratello di Afrâsyâb e da lui ucciso.</p></div>

<div type="textpart" subtype="note" n="17.111"><p>Afrâsyâb uccise anche il re Nevdher che discendeva da Eraǵ,
            
            
            <pb n="223"/>
            
            v. il c. IX di quest <title>Antologia</title>.</p></div>

<div type="textpart" subtype="note" n="17.125"><p>la madre di Khusrev è
            Ferenghîs figlia di Afrâsyâb.</p></div>

            <div type="textpart" subtype="note" n="17.135-136"><p>un pastore, allor-
            quando ha preso un lupo divoratore, se lascia vivo il lupo, non
            può esser mai sicuro.</p></div>

<div type="textpart" subtype="note" n="17.146"><p>dirddar è Garsîvez, altro fratello di
            Afrâsyâb, che aveva ordita la morte di Siyâvish, v. sopra.</p></div>

<div type="textpart" subtype="note" n="17.147"><p>soggetto di <f2>âmad</f2> è Khusrev.</p></div>

<div type="textpart" subtype="note" n="17.156"><p>la tazza nella quale fu versato il sangue di Siyâvish, v. il c. XV, v. 131 di quest’ <title>Antologia</title>.</p></div>

<div type="textpart" subtype="note" n="17.168"><p><f2>tan i shah</f2>, il corpo del re, cioè di Afrâsyâb.</p></div>

<div type="textpart" subtype="note" n="17.173"><p>soggetto del verbo è Khusrev.</p></div></div>

<div type="textpart" subtype="selection" n="19"><p>XIX. IL RE KHUSREV SALE AL CIELO.

    Vendicata con la morte di Afrâsyâb l'uccisione di
    Siyâvish, Kâvus muore poco dopo grave d’anni e stanco
    di vivere. Khusrev che gli succede nel trono, ha un
    regno pacifico. Posto nel Turan a regnare il figlio di
    Afrâsyâb, di nome Ǵihn, egli si dedica a pratiche di
    religione in un luogo appartato, immerso nel dubbio
    doloroso di aver forse un poco troppo duramente vendi-
    cata la morte del padre suo, con l'uccisione di Afrâsyâb
    del quale egli era nipote. In quella solitudine l'angelo
    Serôsh gli rivela la sua vicina morte; ond' egli, resistendo
    alle preghiere dei suoi principi e alle rimostranze di Zâl,
    si determina ad abdicar la corona in favore di Lohrâsp,
    discendente di Pishîn che era terzo figlio del re Kobâd
    (v. il c. IX di quest’ <title>Antologia</title>), per recarsi verso il
    Settentrione e di là salir poi al cielo.</p>
    
    <p>Il racconto che segue, incomincia appunto allorquando
    il re Khusrev si accomiata da Lohrâsp che l'aveva
    accompagnato per un certo tratto di strada.


</p><div>
    <head>NOTE GRAMMATICALI.</head>
        <div type="textpart" subtype="note" n="19.1"><p>v. 1, il soggetto del verbo è Khusrev.</p></div>

<div type="textpart" subtype="note" n="19.6"><p><f2>na-nâzî</f2>
            ha forza qui di imperativo proibitivo.</p></div>

<div type="textpart" subtype="note" n="19.14"><p>il senso è: sii ad ogni
            costo fedele alla giustizia (per la frase molto strana, v. il Vocab.
            
            
            <pb n="229"/>
            
            alle voci <f2>târ</f2> e <f2>pûd</f2>).</p></div>

<div type="textpart" subtype="note" n="19.24"><p><f2>nam</f2>, un poco d'acqua.</p></div>

<div type="textpart" subtype="note" n="19.26"><p>nes-
            suno conosceva la via <add>di rimediare</add> a questo dolore.</p></div>

<div type="textpart" subtype="note" n="19.41"><p>noi
            siamo come polvere ai piedi del tuo cavallo (frase iperbolica per dire
            che siamo pronti al comando di uno).</p></div>

<div type="textpart" subtype="note" n="19.44"><p>anzi Serôsh non
            venne a consigliare Frèédiin? così verrà anche per te.</p></div>

<div type="textpart" subtype="note" n="19.48"><p><f2>dil
            i mûbad-at</f2>, <gloss>il cuor tuo da sapiente</gloss>.</p></div>

<div type="textpart" subtype="note" n="19.55"><p>chè presto sarà <add>tempo</add>
            di radunarci insieme (di rivederci in cielo).</p></div>

<div type="textpart" subtype="note" n="19.84"><p>se pure Serôsh
            ha di ciò conoscenza (l'angelo Serôsh aveva rivelata a Khusrev la
            sua salita al cielo)</p></div>

<div type="textpart" subtype="note" n="19.87"><p><f2>bi-ân</f2> (u —).</p></div>

<div type="textpart" subtype="note" n="19.94"><p>non restate
            qui nemmeno se dalle nuvole piovesse del muschio.</p></div>

<div type="textpart" subtype="note" n="19.113"><p><f2>farîburz guft</f2>, Ferîburz ripetà, ecc.</p></div>

<div type="textpart" subtype="note" n="19.124"><p><f2>u gur</f2>, <gloss>anche se, etsi</gloss>.</p></div>

<div type="textpart" subtype="note" n="19.145"><p>allorquando la neve ebbe steso uno strato sulla terra (forse
            bisogna leggere <f2>bar zamîn</f2>).</p></div>

<div type="textpart" subtype="note" n="19.150"><p><f2>zharf</f2> va accordato con <f2>ćâh</f2>.</p></div>

<div type="textpart" subtype="note" n="19.152"><p>uscì alfine la dolce anima loro (morirono).</p></div></div>
    </div>

    <div type="textpart" subtype="selection" n="20"><head>XX. MORTE DI RUSTEM.</head>
        <p>

        
Con la salita di Khusrev al cielo, termina la prima
e più antica e anche la più bella parte della leggenda
epica persiana. I principali eroi sono morti, e di essi
non rimane che Rustem il quale ha ben poco da fare in
tutta la parte che segue della leggenda, anzi, cosa strana,
è guardato di mal occhio dai novelli re dell’ Iran. Ciò
che si racconta dei regni di Lohrâsp e di Gushtâsp, che
succedettero a Khusrev, non ha nulla a che fare col
racconto della prima parte, ma tutto si aggira intorno alle
avventure di Gushtâsp nel paese di Rùm, alla venuta di
Zertusht (il profeta Zoroastro, detto nell’ Avesta Zarathus-
tra) e alle avventure di Isfendyàr figlio del re Gushtâsp.
Bisogna quindi ammettere che tra la prima e la seconda
parte della leggenda epica corra un lungo intervallo
di tempo, nel quale dovettero mutarsi profondamente
le idee.</p>

<p>Già lo SPIEGEL (Erân. Alterth. I, p. 659 e segg.)
ha fatto notare i punti nei quali questa seconda parte
dell’ epopea di Firdusi discorda dalla prima, anzi è


<pb n="230"/>

ispirata da idee al tutto opposte. Questi punti sono: 1o,
la nin diretta provenienza del re Lohrâsp dagli antichi re:
egli infatti appartiene ad un ramo laterale della famiglia.
discendendo da Pishîn, terzo figlio del re Kobâd. —
2o. Nell'antica parte la sede dei re dell’ Iran è la provincia
di Pars, la Persia; nella seconda invece troviamo Lohrâsp
che risiede in Balkh, nella parte cioè più orientale del-
l'Iran — 3o Nella prima parte il titolo di eroe def regno
(<f2>ǵihân-pahlavân</f2>) era proprio della famiglia del Segestân (v.
l'Introduzione al c. VI dell’ Antologia); nella seconda invece
é dato a Zerîr, figlio di Gushtâsp, e poscia ad Isfendyàr. —
4°. La guerra tra Irani e Turani nella prima parte è
cagionata da sparso sangue, per vendicar la morte di
Eraǵ e di Siyavish, siccome abbiamo visto; nella seconda
invece, Gushtâsp fa la guerra ad Argâsp re dei Turani,
perchè questi non vuol riconoscere il profeta Zertusht.
Rustem stesso è qui rappresentato come idolatra, e il re
Gushtâsp ordina appunto al figlio suo Isfendyàr di far
la guerra al grande eroe, perchè egli non vuol ricono-
scere la nuova religione. Ma Isfendyàr soccombe nella
difficile prova e muore ucciso da Rustem. Tutto insomma
ci induce a credere che quest’ ultima parte dell’ epopea
sia di molto posteriore alla prima, e ispirata dall’ odio
contro la religione di Buddha, che per tempo era entrata
anche nell’ Iran, tanto più che in questa parte i re Turani
si fanno discendere non già da Tûr, come nella prima,
ma bensì si dicono originari del Pèéghù (ol; Aa Pighi
nizhéa); e si sa che il Péghù fu uno ali paesi che
prima degli altri abbracciarono la religione di Buddha
Gakyamuni. Il Segestân pure, la patria di Rustem, erasi
ben presto convertito al Buddhismo, ed ecco perchè il
grande eroe leggendario di quel paese è qui rappresentato come idolatra e nemico della religione di Zoroastro.</p>

<p>Ma Rustem con la vittoria riportata su di Isfendyàr
ha compiuta la sua carriera di eroe; anch’ egli deve


<pb n="231"/>

morire. Il fratello suo Sheghâd, genero del re del Kâbul,
per liberare il suocero dal tributo che egli pagava alla
casa di Zâl e di Rustem, ordisce la sua ultima rovina. Egli
fa in modo che Rustem con poca gente e col fratello
Zevâreh si rechi nel Kâbul per accettar le scuse di quel
re, fintamente pentito di aver osato rifiutargli il tributo.
Rustem, ciecamente fidandosi dell’ empio fratello, si lascia
condurre da lui e da quel re alla caccia; ma là egli
precipita in una fossa scavata appositamente e poi
coperta alla sommità, e armata di punte nelle pareti
interne. Prima però di morire, egli trafigge il traditore
e lascia al figlio Feràmurz l'incarico di vendicar la sua
morte.
    </p>


<div>
    <head>NOTE GRAMMATICALI.</head>
        <div type="textpart" subtype="note" n="20.1"><p><f2>bad-akhtar</f2> va riferito a Sheghâd, v. l'Introd.;
            Sheghâd poi era venuto dal Kâbul per persuader Rustem a venir
            senza armati, perchè il re del Kâbul, pentito, voleva sottometterglisi.</p></div>

<div type="textpart" subtype="note" n="20.2"><p>il re del Kâbul si reca in un luogo da caccia per scavar le
            fosse nelle quali Rustem dovrà precipitare.</p></div>

<div type="textpart" subtype="note" n="20.7"><p>il manico (<f2>bun</f2>,
            <gloss>estremità</gloss>) delle spade era conficcato nelle pareti della fossa (andar
            samîn) e le punte sporgevano.</p></div>

<div type="textpart" subtype="note" n="20.20"><p>congiunger le mani sul
            capo significa presso gli Indiani (qui il re del Kâbul ha costumi
            indiani) atto di sommo ossequio.</p></div>

<div type="textpart" subtype="note" n="20.25"><p>Sheghâd e il re del
            Kâbul avevano parlato male di Rustem in un convito, quand’ erano
            ubriachi.</p></div>

            <div type="textpart" subtype="note" n="20.61-62"><p>Zevâreh e il valoroso Auster erano su
            quella via per il fato che era (li attendeva) entro la fossa.</p></div>

<div type="textpart" subtype="note" n="20.64"><p>intendi che Rakhsh s’impennava presentendo qualche peri-
            colo.</p></div>

<div type="textpart" subtype="note" n="20.74"><p>e mentre <add>il cavallo</add> cercava di sfuggire al fato.</p></div>

<div type="textpart" subtype="note" n="20.106"><p>che non abbia poi io da bagnare le gote di pianto
            (per la tua morte).</p></div>

            <div type="textpart" subtype="note" n="20.110"><p><f2>ma-y-âlây</f2>, imperat. proib. di <f2>âlâ</f2>,
            tps. <f2>âlûd</f2>.</p></div>

<div type="textpart" subtype="note" n="20.112"><p>nessuno, vivo, varca le soglie del cielo.</p></div>

<div type="textpart" subtype="note" n="20.114"><p>il re Gemshîd fu fatto segare per il mezzo da Dahâk (v.
            sopra); bisogna scandere così: <f2>kih bi-brîd i</f2> (u _ _ u, per <f2>bi-burîd</f2>,
            <f2>bi-burrîd</f2>) <f2>dushman miyân-ash bi-arr</f2> (- —).</p></div>

            <div type="textpart" subtype="note" n="20.132-133"><p>non
            avvenga che (<f2>na-bâyad</f2>), allorquando (<f2>kuǵâ</f2>) passasse per questo piano
            un leone predatore ‘per far caccia, mentre io qui son caduto, ferito
            nel corpo, mi vegga, ecc.</p></div>

<div type="textpart" subtype="note" n="20.144"><p>benchè ferito cominciò a tender
            l'arco.</p></div>

<div type="textpart" subtype="note" n="20.154"><p>al momento di morire (<f2>raftan</f2>). </p></div>

<div type="textpart" subtype="note" n="20.165"><p>si riferisce
            al profeta Zoroastro, al quale Rustem fino allora non aveva creduto.</p></div>

<div type="textpart" subtype="note" n="20.170"><p><f2>bi-tu-st</f2> per <f2>di-tû as</f2>, <lat>tibi est</lat>.</p>
            
            <p>Conclusione: Morto Rustem, il vecchio Zal ne
            celebra con gran pompa i funerali e muore poco stante.
            Così, spenti tutti gli eroi, termina anche il magnifico
            
            
            <pb n="238"/>
            
            
            racconto dell’ Epopea iranica al quale abbiam tenuto dietro
            fin qui, e il <title>Libro dei Re</title> dalla leggenda eroica passa alla
            storia. La storia di Alessandro Magno adorna di favole
            e le storie degli Arsacidi e dei Sassanidi saranno d’ora
            innanzi il suo argomento, ma la narrazione procederà
            sempre più fredda e l'estro di Firdusi non varrà ad
            animar la cronaca. Coi Sassanidi si giunge fino al 650
            dell’ E. V., nel qual anno la Persia fu interamente con-
            quistata dagli Arabi.</p></div></div>
</div>
</body>
</text>
</TEI>